venerdì 5 maggio 2023

Beau ha paura – Ari Aster

Incubo a quattro dimensioni è un libro di racconti di J. G. Ballard. 

mi è tornato in mente vedendo gli incubi che attraversano la vita e la mente di Beau.

cosa succede davvero e cosa solo nella sua mente ognuno lo decida, di sicuro il primo episodio/incubo non è sponsorizzato dall'ente del turismo della città dove vive Beau.

Beau è controllato dalla mamma, tutte le mamme sono un po' yiddishe mame, impossibile sfuggire.

alla fine si capisce che tutti, o quasi, sono agenti della mamma per controllare, condizionare e opprimere Beau (misteri della psicanalisi?).

Joaquin Phoenix è straripante, un fiume di paure e dubbi in piena, sempre in fuga, per riprendere fiato e provare a salvarsi.

ma lui è spacciato, salvarsi è impossibile, resistere è impossibile, il destino è implacabile, la salvezza è un miraggio.

tre ore sulle montagne russe, Ari Aster sembra incontenibile, di sicuro un film da non perdere.

un film per pochi, a leggere il numero di spettatori al cinema, ma voi guardatelo, e soffritene tutti.

buona (non pacifica) visione - Ismaele


PS: nel secondo episodio ho visto una citazione di Get out, chissà...





 

 

…a mio parere siamo di fronte a un capolavoro, un'espressione di genio totale per contenuti e immagini. Forse fra un po' di tempo, con una visione "casalinga" dove potermi fermare a riflettere prima che nuove immagini mi travolgano, mi concederò una seconda recensione.
A tutte i "?" di cui sopra ho le mie risposte, che ho quasi sempre evitato per lasciare ad ognuno la propria interpretazione e soprattutto per evitare spoiler.

Per quanto mi riguarda, se avesse mantenuto la versione di 4 ore, che magari uscirà in futuro, non me ne sarei lamentato. Qualche "taglio" per l'uscita al cinema è stato comprensibilmente necessario.
Sì, penso proprio che aspetterò la "Director's cut" per la seconda visione.

da qui

 

Ari Aster gira un film diversissimo dai suoi due precedenti, un'opera "alla Kaufman" (ma anche alla Kafka), geniale e grottesca, che è una miscellanea incredibile di generi, di atmosfere, di personaggi, di collassi temporali, di simboli.

Non raggiunge i livelli di Kaufman perchè nessuno può raggiungere i livelli di Kaufman.

Non ha nè il suo genio nè la sua "pesantezza", intendendo con pesantezza non quella che causa nello spettatore ma il peso specifico della singola opera.

"Beau ha paura" fa collassare dentro di sè due capolavori come Synechdoche New York e The Truman Show senza riuscire ad arrivare alle vette di nessuno dei due ma avendo una sua notevole personalità, una sua urgenza di raccontare qualcosa di importante, una sua forza.

E' sicuramente il film più complesso di Aster e, come accade sempre per i film complessi, anche quello meno coeso, quello con più ferite scoperte dove gettare il sale della critica.

Ad esempio Midsommar, opera quasi perfetta, riusciva anche a suggerire straordinari ed importanti sottotesti (forse persino più dolorosi di Beau) in una struttura al tempo stesso niente affatto banale e molto solida, strutturata, granitica.

"Beau ha paura" sembra invece un film costruito della stessa materia di una seduta dallo psichiatra, e per questo è "debole", e per questo è "tante cose insieme", e per questo ha la volatilità di un ricordo, di una riflessione, di un trauma, di un sogno.

E' un film dove è necessario rimettere insieme i pezzi, dove assistiamo continuamente alla disgregazione del puzzle di una vita, quella di Beau, e al disperato tentativo di ricostruirlo quel puzzle.

Ma è come se i pezzi ci siano stati rubati o l'immagine della scatola da replicare non sia la nostra ma quella che qualcun altro ha disegnato per noi.

E la ladra dei pezzi o la perversa disegnatrice è nostra madre…

da qui

 

a ben guardare, pur volendo realizzare una commedia picaresca dai toni grotteschi e parodici, Aster gira il suo film come se fosse un horror, perché, come dice il titolo stesso e continuo a ripetere ossessivamente da quando ho iniziato a scrivere il pezzo, è la paura l’emozione intorno a cui ruota tutta la narrazione, la sua ragion d’essere. D’altronde, è un regista che, con i due precedenti film, ha dimostrato di conoscere la grammatica del genere e di poterla piegare a esigenze diverse, adattare, trasformare, inserendo elementi assolutamente terrificanti dove meno ci si aspetta, anche in bella vista all’interno della scena (Hereditary) o alla luce diretta del sole (Midsommar).

Qui lo fa con uno spiazzante senso dell’umorismo, che partecipa a creare quella sensazione di straniamento, quasi imbarazzo, che contraddistingue l’esistenza di Beau, mediante movimenti di macchina inaspettati, inquadrature statiche e insistite dalle quali a volte si vorrebbe distogliere lo sguardo, spazi disseminati di elementi strani nel senso più genuino di weird, che appaiono volutamente fuori luogo. Aster però non si impone una misura, e punta al rialzo per cercare il coinvolgimento emotivo assoluto del pubblico…

da qui


 

2 commenti:

  1. hai scritto bene e, confermo, pochi al cinema ma tutti sconvolti. magari funzionerà col passaparola.
    molti si spaventano anche per la durata

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    1. circa 50mila spettatori in 9 giorni, un po' meno di SuperMario...

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