sabato 27 maggio 2023

Chemical Bros - Massimiliano Mazzotta


Finalmente anche a Cagliari abbiamo potuto vedere Chemical Bros, di Massimiliano Mazzotta, in una proiezione speciale, “solo” con un anno di ritardo.

Il documentario è avvincente come un film giallo, ci sono gli assassini, i mandanti, i complici, e le vittime, all’interno di un sistema economico che uccide i suoi figli, anzichè proteggerli, un sistema dove la Morte (chimica) avvelena gli ignari cittadini.

Inquinamento della Fluorsid, in Sardegna e in Inghilterra, e da Pfas, in Veneto. Immagini e testimonianze, complicità e ricatti, dove l’acqua è diventata da troppo tempo merce da vendere e comprare, da avvelenare, ed è passata da simbolo di Vita a portatrice di Morte.

 

Visualizza i siti contaminati da Pfas in Italia:

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Il film è coprodotto da Medicina Democratica e Life After Oil Associazione Culturale, con il sostegno della Fondazione Film Commission Sardegna, e ha già vinto qualche premio in giro per il mondo, nemo propheta in patria.

Bravo a Massimiliano Mazzotta (già autore di OIL, del 2009).

Buona (inquietante e imperdibile) visione - Ismaele

 

ps: per sapere o ricordare la diffusione della microplastiche e delle Pfas dentro di noi, leggi: qui, qui, quiquianche se ci crediamo assolti. siamo lo stesso coinvolti.

 

 

Inquinamento industriale Fluorsid, patteggiamenti e bonifica ambientale - Stefano Deliperi

 

Dopo tre anni nulla. Nessuna bonifica ambientale per riparare il gravissimo inquinamento ambientale causato dalle attività industriali connesse agli impianti industriali Fluorsid s.p.a. nell’area industriale di Cagliari – Macchiareddu, nella zona umida di Santa Gilla, nelle campagne del Cagliaritano, approdato – dopo approfondite indagini svolte dalla Procura della Repubblica e dal Corpo forestale e di vigilanza ambientale – in sede giudiziaria.

Il procedimento penale si concluse nel luglio 2019 davanti G.I.P. del Tribunale di Cagliari Giampaolo Casula con un ampio patteggiamento e l’assunzione dell’obbligo di integrale bonifica.

Così non vi è stato un dibattimento pubblico, né la possibilità di costituirsi parte civile, nemmeno la possibilità di valutare se vi fossero state effettive responsabilità aziendali nel vero e proprio disastro ambientale.

Infatti, dopo la chiusura delle indagini nel dicembre 2018 da parte della Procura della Repubblica, dieci indagati hanno raggiunto un accordo con il pubblico ministero Marco Cocco per chiudere la vicenda penale con un patteggiamento con 23 mesi di arresto e 7 mila euro di multa: sono Pasquale Lavanga, ex presidente del Consiglio di amministrazione della Fluorsid, il figlio Michele, ex direttore dello stabilimento di Macchiareddu, il responsabile commerciale dei sottoprodotti aziendali Loukas Plakopitis, Mario Deiana (responsabile logistica), Armando Bollani (titolare della società Ineco), Sandro Cossu (responsabile sicurezza e ambiente), Alessio Farci (responsabile del cantiere di Terrasili), Marcello Pitzalis (operaio Ineco), Giuseppe Steriti e Giancarlo Lecis (funzionari Fluorsid). Sono state stralciate, invece, le posizioni di altri cinque indagati: Giuseppe Erriu, Fabrizio Caschili (direttore tecnico Fluorsid), Antonio Piscedda (amministratore Ecotecnica srl), Davide Zaccheddu (responsabile settore bonifiche A.R.P.A.S.) e Antonio Caria (ex responsabile pulizie industriali).

La Fluorsid s.p.a., costituitasi parte civile, ha, però, singolarmente deciso di accollarsi il costo integrale delle bonifiche ambientali, ben 22 milioni di euro.

In proposito, il Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) aveva da subito provveduto a inviare (18 maggio 2017) alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari una specifica segnalazione concernente l’opportunità di aprire una procedura per l’accertamento della responsabilità della Fluorsid s.p.a. in relazione ai fatti di gravissimo inquinamento ambientale.

Infatti, il decreto legislativo n. 231/2001 e s.m.i. ha introdotto nel nostro Ordinamento ipotesi di responsabilità amministrativa delle società e degli enti, qualora si tratti di reati compiuti nell’interesse o a vantaggio della società/ente (art. 5), in particolare in relazione alla commissione di reati ambientali (art. 25 undecies). Inoltre, “la competenza a conoscere gli illeciti amministrativi dell’ente appartiene al giudice penale competente per i reati dai quali gli stessi dipendono” (art. 36) e “il procedimento per l’illecito amministrativo dell’ente è riunito al procedimento penale instaurato nei confronti dell’autore del reato da cui l’illecito dipende” (art. 38, comma 1°).

L’integrale bonifica ambientale, l’unico obiettivo sensato e valido in una simile situazione, deve comunque esser sorvegliata e verificata dalla magistratura, che ha delegato il Corpo forestale e di vigilanza ambientale, che, nei giorni scorsi, ha informato il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, la Città metropolitana di Cagliari e i Comuni interessati dell’assenza di qualsiasi avvio dell’attività di bonifica ambientale a tre anni dalla sentenza.

Le dimensioni dell’inquinamento sono risultate devastanti.

Pur muniti delle più importanti certificazioni di qualità e sostenibilità ambientale, gli impianti della Fluorsid s.p.a.leader mondiale della produzione “di fluoroderivati inorganici per l’industria dell’alluminio con “100.000 tonnellate all’anno di fluoruro di alluminio e criolite sintetica, materie prime principalmente destinate alla produzione di alluminio primario”, sono risultati al centro di un vero e proprio disastro ambientale.

Il 16 maggio 2017 su disposizione della Procura della Repubblica e del G.I.P. del Tribunale di Cagliari, il Corpo forestale e di vigilanza ambientale aveva posto sotto sequestro preventivo aree degli impianti industriali Fluorsid s.p.a. nella zona industriale di Cagliari – Macchiareddu e ha proceduto all’arresto di sette dirigenticollaboratori appaltatori dell’industria chimica.

Le ipotesi di reato sono gravissime.   Sarebbe stata inquinata anche la zona umida d’importanza internazionale di Santa Gilla.

Secondo quanto pubblicato sul sito web istituzionale Sardegna Corpo Forestale, nel dispositivo del decreto G.I.P. n. 2081/2016 del 9 maggio 2017 contenente provvedimenti restrittivi della libertà personale e di sequestro preventivo, testualmente contesta:

1) Una grave contaminazione dell’aria, per effetto della dispersione delle polveri nocive, altamente concentrate, provenienti dallo stabilimento Fluorsid dal cantiere di Terrasili. 

2) Una grave contaminazione dei suolo, ascrivibile anzitutto alla diffusione delle polveri, e dimostrata dalle analisi dei campioni di suolo e di vegetali (di specie pabulari), prelevati da aree prossime allo stabilimento (…); 

3) Contaminazione delle falde acquifere di metalli pesanti e composti inorganici, (…) (solfati, fluoruri e allumina idrata). 

4) Contaminazione da fluoro degli allevamenti a Macchiareddu. In particolare, è acclarato che alcuni capi ovini allevati a Macchiareddu in zone raggiunte dalle polveri emesse da Fluorsid e interessata da illeciti sversamenti di rifiuti analoghi a quelli di cui si è fin qui parlato, avevano contratto la Fluorosi, una grave malattia (…). 

5) (NdR: le persone abitanti le zone periferiche dell’abitato di Assemini) (…) lamentavano che, specie quando spirava il vento, le polveri si infilavano in casa anche attraverso gli infissi, creando dappertutto una densa patina biancastra; tutti avevano lamentato bruciori agli occhi ed alle vie respiratorie, avevano riferito dell’odore acre e acido delle polveri. Alcuni avevano notato effetti nocivi sui figli minori, e altri li avevano paventati, (…). 

6) L’interramento e sversamento di rifiuti pericolosi quali: Fluorsilicati, fanghi acidi, amianto, olii, rifiuti di varia natura, nonché la lavorazione all’aperto di sostanze velenose all’ingestione come la criolite, lo sversamento di cloruro, hanno certamente determinato una contaminazione delle matrici ambientali in misura che va ancora esattamente quantificata, ma che è in atto ed è grave come è dimostrato dalle patologie su descritte e dalla pressoché totale scomparsa della vegetazione nelle aree adibite a discarica. 

7) Da ultimo va ricordato che lo sversamento di fanghi acidi nella laguna di Santa Gilla è un fatto che si è accertato reiterato e non occasionale (…)”.

Alcune delle persone arrestate hanno iniziato presto a collaborare con la magistratura e la polizia giudiziaria, così sono giunte le prime ammissioni e la scoperta di ulteriori discariche abusive di rifiuti industriali, in seguito sottoposte a sequestro penale.

Dopo alcuni giorni di silenzio, forse dovuto alla presenza della Regione autonoma della Sardegna nella compagine azionaria della Fluorsid in tempi recenti, la Giunta Pigliaru ha dato impulso a un piano straordinario di controlli ambientali, fra cui prelievi e analisi da parte dell’A.R.P.A.S. nelle falde della zona umida di Santa Gilla.

Insomma, si è cercato di recuperare il tempo e i controlli ambientali non svolti in precedenza.

Sì, è vero, gli impianti Fluorsid ricadono in un S.I.N. (sito di interesse nazionale per le bonifiche ambientali) e sono stati autorizzati con A.I.A. nazionale e i controlli – basati su autocertificazioni – sono di competenza I.S.P.R.A., ma è semplicemente folle che una Regione non abbia il polso ambientale e della salute del proprio territorio.

Al disastro ambientale si aggiunge l’elusione degli obblighi di effettiva integrale bonifica ambientale, il minimo da fare in occasione di simili danni  alla natura e al popolo inquinato.

Il GrIG provvede in questi giorni a chiedere alle amministrazioni pubbliche competenti quale sia l’effettiva situazione e, soprattutto, quali siano i provvedimenti attuati per giungere concretamente a una piena bonifica ambientale.  Ne viene informata la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari.

Stefano Deliperi è il portavoce del Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

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Chemical Bros – il docufilm di Massimiliano Mazzotta sostenuto da Medicina Democratica – premiato a Cinemambiente

Con estremo piacere diamo notizia che “Chemical Bros” il docufilm di Massimiliano Mazzotta prodotto con Afteroil e sostenuto da Medicina Democratica ha ricevuto il 12.06.2022 il premio “Ambiente e società” alla rassegna cinemambiente di Torino .

Il docufilm, in modo analogo (e in parte ispirato) al numero di Medicina Democratica sulla tossicità della filiera del fluoro ci conduce dalla Sardegna alla provincia di Vicenza come pure in Gran Bretagna per seguire il filo avvelenato dal minerale fluorite passando dall’acido fluoridrico, ai polimeri fluorurati (Freon) con la coda estremamente pericolosa dei PFAS (perfluoroalchilici).

Medicina Democratica è stata parte civile nel processo penale contro Solvay (impianti di Spinetta Marengo) e lo è tuttora nel processo contro la Miteni e le proprietà successive degli impianti di Trissino (VI).

In precedenza Massimiliano Mazzotta aveva curato, sempre con il sostegno di Medicina Democratica, un docufilm sulla vicenda di Manfredonia (è ancora disponibile il libro+film).

Di seguito le motivazioni del premio;

<< Un docufilm di denuncia che lancia un forte messaggio al mondo, attraverso un viaggio che dalla Sardegna passando per il Veneto arriva in Gran Bretagna e pone l’attenzione su una tematica sempre attuale: contrastare una economia basata sulla produzione sfrenata di oggetti di uso comune, che antepone gli interessi economici a discapito del benessere della comunità e dell’ambiente. Un documentario scomodo, per sollecitare una presa di coscienza e mettere in atto un’azione collettiva per contrastare le derive che colpiscono tutti in termini di perdita di ambiente e salute in maniera irreversibile.

È necessaria un’inversione di rotta. In fondo, siamo fatti di chimica, ma di chimica naturale.>>

da qui

 

scrive Marco Caldiroli, per Medicina Democratica Onlus 

La filiera del fluoro, dal minerale all’acido fluoridrico fino ai polimeri fluoroorganici e ai PFAS, è estremamente ramificata, interessa la produzione di merci con cui abbiamo a che fare tutti i giorni, è difficile dipanare la matassa ma è l’intenzione che ha accomunato gli autori del docufilm e tutti coloro che vi hanno partecipato dando un contributo storico, tecnico e valutativo.
Impatti sociali, economici e ambientali si sommano e sinergicamente fanno emergere le nocività esplicite, quelle per esempio che interessano, per motivi e con modalità diverse, la zona di Assemini e quella della Provincia di Vicenza come pure quelle meno evidenti connessi con le proprietà di disturbatori endocrini di alcune molecole fluorurate.
Informare è già prevenire, veniva detto negli anni ’70 dal movimento operaio e ambientalista nel costruire le vertenze per la tutela della salute dei lavoratori e dell’ambiente. Questo film attua questo principio nel caso del fluoro. L’autore riesce, in modo sintetico ma diretto e approfondito, a dare voce a un coro di soggetti dell’esperienza e a illustrare le evidenze scientifiche e la necessità di una netta inversione di rotta. Un film che riesce anche a far emergere il lato umano, a rendere visibile la sofferenza individuale e collettiva dalla Sardegna ad altre parti del mondo e che si infila nelle nostre case sottoforma di oggetti di uso comune. Informare con un film come questo può spostare quel sassolino che rotolando tra altre pietre può produrre una valanga che travolge i muri di silenzio, la negazione dell’evidenza e la compressione della voce di chi vive sulla sua pelle direttamente ed immediatamente gli “effetti collaterali” di produzioni nocive.
Le iniziative per cambiare rotta non sono ancora sufficienti, se le iniziative mondiali per contrastare la riduzione dell’ozono stratosferico (maggiori responsabili derivati del fluoro come i CFC/freon) cominciano ad avere effetto siano nel pieno della crisi da PFAS ovvero della contaminazione dell’ambiente e dei corpi di tutti da parte di sostanze che “scompensano” i nostri equilibri ormonali con effetti non ancora pienamente conosciuti ma certo sufficientemente tossici da indirizzare l’iniziativa e la ricerca verso alternative non pericolose o la cessazioni di produzioni (il regolamento europeo sulle sostanze chimiche REACH è attualmente lo strumento da utilizzare al meglio, con rigore e senza sconti alle grandi e piccole aziende per le quali il profitto viene prima di ogni altra considerazione ambientale e umana).
Il docufilm è espressione di “scienza popolare” ovvero di una ricerca delle cause dell’inquinamento e, nello stesso tempo, espressione della coscienza e dell’azione per contrastare derive ulteriori che colpiscono tutti,ora o in un futuro prossimo, in termini di perdita di ambiente e di salute.

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A Cagliari Chemical Bros, il docufilm sui danni alla salute causati dalla filiera del fluoro

Arriva finalmente a Cagliari, giovedì 25 maggio, Chemical Bros, il docufilm di Massimiliano Mazzotta, sui gravi danni provocati dalla filiera del fluoro alla salute e all’ambiente in Sardegna, da Silius, ad Assemini, passando per Santa Gilla, come in Veneto e in Gran Bretagna.

Il docufilm, “Premio Ambiente e società” al 25° Festival Cinemambiente di Torino 2022 e miglior documentario al Rajasthan International Film Festival 2023, è coprodotto da Medicina Democratica e Life After Oil Associazione Culturale, con il sostegno della Fondazione Film Commission Sardegna: sono previste tre proiezioni con ingresso gratuito, giovedì 25 maggio al Teatro Massimo, Sala M2, alle ore 10.00 per le scuole, alle ore 18.00 e alle 21.00 per il pubblico.

A tutte e tre le proiezioni sarà presente Massimiliano Mazzotta: alla proiezione delle ore 10.00, per le scuole, inoltre, parteciperanno circa 200 studenti, rappresentanti di diverse scuole superiori della Sardegna, per presentare lavori di Educazione ambientale sugli argomenti. Chemical Bros arriva in sala a Cagliari proprio nel momento in cui si riaccendono i riflettori sulla vicenda della Fluorsid S.P.A, dove i vertici sono stati condannati con patteggiamento nel 2019 a effettuare le bonifiche, per 22 milioni di euro, dei siti inquinati dalla propria attività nell’area industriale di Cagliari – Macchiareddu e nella zona umida di Santa Gilla, sito di importanza internazionale.

Il Corpo Forestale e di vigilanza ambientale di Cagliari ha infatti informato nei giorni scorsi il Ministero dell’Ambiente e i comuni interessati, Assemini, Uta, Monastir e città metropolitana di Cagliari, del mancato avvio della bonifica a tre anni dalla sentenza del Tribunale di Cagliari. Il docufilm Chemical Bros, aiuta a inquadrare meglio il problema.

L’iniziativa è promossa da Medicina Democratica con la collaborazione di FICC (Federazione Italiana Circoli del Cinema) Sardegna e Italia, Società Umanitaria-Cineteca sarda, A.N.P.I., A.I.E.A (Associazione Italiana Esposti Amianto), I.S.D.E. (Medici per l’Ambiente). “IL docufilm è la drammatica rappresentazione, attraverso immagini e testimonianze, del percorso della fluorite dall’estrazione fino ai polimeri fluorurati e ai PFAS per svelare quanti rischi porta nella nostra vita”, ha detto Marco Caldiroli, presidente nazionale di Medicina Democratica. “Vi sono anche impatti diretti che accomunano la zona di Assemini e arrivano fino a Vicenza e anche località in Gran Bretagna- ha sottolineato Francesco Carta, medico ed esponente di Medicina Democratica – per questo si da voce ai lavoratori e alle popolazione esposte, che hanno approfondito le conoscenze scientifiche, le sofferenze individuali e collettive a partire dagli effetti sul sistema endocrino umano”.

“Informare è già prevenire, è uno slogan attuale delle lotte operaie e ambientaliste degli anni’70, espressione di quella scienza popolare che cerca alternative alle nocività – ha proseguito Marco Caldiroli – un film come questo può spostare quel sassolino che, rotolando tra altre pietre, può produrre una valanga che travolge i muri di silenzio, la negazione dell’evidenza e la compressione della voce di chi vive sulla sua pelle direttamente ed immediatamente gli “effetti collaterali” di produzioni nocive”.

da qui

 

 

Chemical Bros. Un docufilm sui danni ambientali del fluoro - Walter Falgio

 

Il regista Massimiliano Mazzotta propone una indagine puntuale sugli effetti devastanti dell’inquinamento industriale

 

L’obiettivo stavolta è rivolto al business della filiera del fluoro, a un intrico di processi chimici, a una ramificazione tra affari e prodotti di consumo e a un pericoloso cortocircuito:il profitto anteposto alla salute pubblica a fronte di segnali di pericolo deliberatamente ignorati o sottostimati.

Mazzotta scava tra le pieghe di un tema complesso, tra le omissioni e le mancate risposte istituzionali, dando la parola a donne e a uomini di grande coraggio.

Agricoltori, pastori, militanti delle associazioni ambientaliste, studiosi, medici. Squaderna la forza della testimonianza – nucleo portante e per nulla scontato della sua inchiesta – supportata dalle evidenze scientifiche, dai risultati delle analisi di laboratorio, dalla comparazione dei casi, dai risultati delle indagini giudiziarie.

Il filo della matassa che il regista prova a dipanare prende origine dalle miniere di fluorite in Sardegna, concesse a partire dal 1954 alla Mineraria Silius del conte Carlo Enrico Giulini, padre di Tommaso, attuale presidente del Cagliari Calcio.

L’estrazione cresce esponenzialmente sino alla messa al bando dei clorofluorocarburi del 1987. Da quel momento, con il contributo sostanzioso della Regione Sardegna e il disimpegno del capitale privato, l’attività di scavo procede con alterne vicende sino all’oggi, una sorta di limbo dove da anni si ipotizza una ripresa frenata da una procedura di infrazione europea e da una fallimentare ricerca di finanziatori.

Nel frattempo parlano i minatori. La camera di Mazzotta indugia sulle rughe profonde, su volti che raccontano sofferenza, durissime condizioni di lavoro nel sottosuolo, incidenti mortali, paga a cottimo.

Che lamentano l’immobilismo della Regione nonostante dentro la terra del Gerrei si celino ancora «20 milioni di tonnellate di fluorite, ovvero 20 anni di lavoro».

Antonino Melis, Antonio Agus, Salvatore Deidda sono alcuni dei nomi di chi ci mette la faccia con dignità.

Dalla coltivazione della fluorite l’impero Giulini si estende alla produzione e alla commercializzazione dei derivati.

Nel 1969 nasce la società Fluorsid ed è impiantato lo stabilimento di Macchiareddu, zona industriale di Cagliari, nel Comune di Assemini.

L’itinerario di Chemical Bros. fa dunque tappa nella piana sulle rive della laguna di Santa Gilla. La grande industria dei Giulini è lì, tra l’area Sin (Sito di interesse nazionale) altamente inquinata, e la zona umida di importanza internazionale.

Nel 2017 l’impianto si trova al centro di un’inchiesta della Procura del capoluogo sardo che dalla fine del 2014 indagava a carico di ex dirigenti Fluorsid e titolari di imprese d’appalto, tutti accusati di associazione a delinquere per inquinamento, disastro ambientale, sversamenti, interramenti, smaltimenti illeciti di rifiuti.

I livelli di contaminazione delle acque riscontrati intorno alla fabbrica erano altissimi: 3.745 volte superiori ai limiti prescritti per l’alluminio, 1.154 per i fluoruri e 51 volte per i solfati…

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Fluorsid e Chemical Bros. Da Silius a Macchiareddu e in Inghilterra, passando per il Veneto - Francesco Carta

 

I giornali locali hanno dato notizia che il Corpo Forestale e di vigilanza ambientale di Cagliari ha recentemente informato il Ministero dell’Ambiente, la Città metropolitana di Cagliari, i comuni limitrofi interessati e l’Assessorato regionale all’Ambiente del mancato avvio di attività di bonifica ambientale da parte di Fluorsid s.p.a, a tre anni dalla sentenza.

Stefano Deliperi scrive un articolo su Il Manifesto sardo (il 30/04/2023), ricordando il processo e il “gravissimo inquinamento ambientale” causato dalle attività industriali connesse agli impianti Fluorsid nell’area industriale di Cagliari-Macchiareddu e nella zona umida di Santa Gilla, sito di importanza internazionale. Ricorda il procedimento penale concluso con un patteggiamento nel luglio 2019 presso il tribunale di Cagliari. La Fluorsid decise di accollarsi il costo delle bonifiche ambientali.

La Fluorsid s.p.a. è leader mondiale della produzione di fluoro e derivati inorganici per l’industria dell’alluminio. È inaccettabile che un obbligo di risanamento ambientale deciso con una sentenza non venga rispettato, e che non se ne discuta per tanto tempo.  

Il regista Massimiliano Mazzotta ha rotto il silenzio realizzando un film documentario prodotto da Life After Oil e da Medicina Democratica con il sostegno di Fondazione Sardegna Film Commission, dal titolo CHEMICAL BROS (2022). La filiera del fluoro dal minerale fino ai polimeri fluoro organici e ai PFAS è estremamente ramificata. Il docu-film dà un contributo storico, tecnico e valutativo. Informare con un film aiuta a conoscere, può contribuire a spostare posizioni, a rompere i muri del silenzio e la negazione dell’evidenza, la comprensione di chi vive sulla sua pelle direttamente e gli “effetti collaterali” di produzioni nocive. Sono mostrati gli impatti sociali, economici e ambientali che si sommano e fanno emergere sinergicamente le nocività nelle miniere di Silius, nella zona di Assemini e della provincia di Vicenza. Informare è il primo passo della prevenzione.

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PFAS: ecco perché non ce ne libereremo mai - Katarina Fischer

Dalle giacche alle padelle fino agli imballaggi, le sostanze chimiche eterne sono ovunque. Negli ultimi anni sempre più chiaramente è emerso come rappresentino un pericolo per l’ambiente e la salute. I divieti arrivano troppo tardi?

 

Tradotto da Stefano Porreca per PeaceLink

Fonte: nationalgeographic.de - 27 gennaio 2023

 

Lo studio dellEnviromental Working Group (EWG) pubblicato lo scorso gennaio sulla rivista Science Direct, è l’ultimo di una serie ormai sempre più lunga. Esamina gli effetti negativi di alcuni composti chimici facenti parte di un gruppo di sostanze prodotte dall’industria: le sostanze per- e polifluoroalchiliche, in breve le PFAS.

Lo studio si concentra sui pesci d’acqua dolce catturati per il consumo nei fiumi e nei laghi del Nord America. Il gruppo di ricerca ha analizzato oltre 500 campioni risalenti al periodo 2013–2015. Risultato: i pesci catturati in natura erano contaminati da PFAS in quantità 280 volte superiori a quelle riscontrate nel pescato messo in commercio. Complessivamente la concentrazione dei composti chimici nei campioni era ben 2400 volte superiore alla soglia raccomandata dall’Environmental Protection Agency (EPA).

«I risultati dell’analisi lasciano attoniti», ha dichiarato Scott Faber, vicepresidente senior degli affari federali dell’EWG. «Mangiare un pesce d’acqua dolce è come bere acqua contaminata da PFOS per un mese».

Il PFOS, ovvero l’acido perfluoroottansolfonico, è uno dei tanti composti chimici del gruppo delle PFAS. Queste sostanze non sono presenti naturalmente nell’ambiente. Vanno prodotte industrialmente sostituendo parzialmente o totalmente gli atomi di idrogeno delle catene carboniose con atomi di fluoro. Le PFAS respingono l’acqua, il grasso e lo sporco e sono termicamente stabili. Grazie a queste proprietà, dallo loro scoperta negli anni 40, vengono usate per la produzione di numerosi oggetti di uso quotidiano: dagli utensili da cucina ai tessuti e ai cosmetici fino agli imballaggi, ai pesticidi e ai materiali antincendio.

Perché le PFAS sono pericolose?

Per via della loro vastissima gamma di applicazioni, le PFAS si sono accumulate rapidamente e in grandi quantità nell’ambiente. Tramite acque e suoli contaminati entrano nella catena alimentare, nel sangue e nei tessuti umani e animali – e vi restano dal momento che sono estremamente persistenti. Affinché nell’organismo umano si riducano della metà occorrono, a seconda del tipo, da 4,4 a 8,7 anni. Ne vengono espulse a fatica. Ragion per cui sono soprannominate «sostanze chimiche eterne».

Mentre la loro utilità è stata riconosciuta in tempi relativamente brevi, delle conseguenze negative di questa famiglia di composti organici di sintesi ci si è resi conto solo tardivamente. Benché le PFAS attualmente si trovino ovunque, le informazioni sui loro effetti sono ancora molto limitate. Allo stato odierno della ricerca, tuttavia, possono essere associate a tutta una serie di gravi problematiche per la salute: insorgenza di tumori; danni al sistema immunitario e al fegato; infertilità; complicanze della gravidanza; maggiore rischio di sviluppare il diabete; disturbi dell’apprendimento e del comportamento nei bambini.

Diffusione incontrollata: piovono PFAS

Nel frattempo l’entità del problema va emergendo sempre più chiaramente. Dopo esserne già stata accertata la presenza nel latte maternouno studio del 2020, incentrato sui minori tedeschi tra i 3 e i 17 anni, ha rilevato PFAS nel sangue di tutti i soggetti esaminati. 

Nel 2022 un team di ricercatori dell’Università di Stoccolma e dell’ETH di Zurigo ha scoperto che perfino la pioggia è altamente contaminata da PFAS. I composti chimici raggiungono anche le regioni più remote della Terra tramite il ciclo dell’acqua e sono già stati individuati in Antartide e sull’altopiano tibetano. A parere di Ian Cousins, scienziato ambientale dell’Università di Stoccolma tra gli autori principali dello studio, «in base alle ultime linee guida statunitensi per il PFOA – cioè l’acido perfluoroottanoico – nell’acqua potabile, l’acqua piovana andrebbe classificata ovunque come non potabile».

Anche nell’UE ci sono delle soglie per la somma delle PFAS nell’acqua potabile. E tuttavia vengono regolarmente superate, dato che questi composti continuano a essere prodotti e rilasciati in un ambiente già pesantemente inquinato. Poiché non si dissolvono, vanno attivamente eliminati dall’acqua e dal suolo, eppure, ad avviso di Martin Scheringer, anche lui tra gli autori dello studio e chimico presso l’ETH di Zurigo, «c’è ben poco che possiamo fare per ridurre le contaminazioni da PFAS».

Bonifica: costosa e complicata

Rimuovere le PFAS da terreni e falde freatiche contaminati, è un’impresa difficile. A causa delle loro particolari proprietà, le tradizionali procedure di bonifica non sortiscono effetti degni di nota. «Le PFAS non svaniscono se i prodotti vengono gettati via o sottoposti al lavaggio», chiarisce Tasha Stoiber, direttrice scientifica dell’EWG. «La nostra ricerca mostra come le modalità in uso per lo smaltimento dei rifiuti possano effettivamente aumentare l’inquinamento ambientale».

Secondo l’Umweltbundesamt, le PFAS possono essere smaltite completamente solo in inceneritori di rifiuti speciali ad alta temperatura. Oltre al fatto che la disponibilità di questi impianti e di discariche adeguate è insufficiente rispetto alle esigenze, il procedimento comporta costi elevati.

Per Jane Muncke, tossicologa ambientale e presidente della Food Packaging Forum Foundation di Zurigo, chi debba farsene carico è evidente: «È inaccettabile che un numero ristretto di persone faccia profitti mentre inquina l’acqua potabile di milioni di persone. Le enormi somme di denaro che costerà riportare le PFAS nell’acqua potabile a livelli che, stando alle conoscenze scientifiche attualmente disponibili, sono sicuri devono essere pagate dall’industria che produce e adopera queste sostanze tossiche».

Perché non vengono vietate?

Prima che una sostanza possa essere vietata, anzitutto vanno fornite laboriose prove sulla sua pericolosità per l’ambiente e la salute. A complicare ulteriormente la situazione nel caso delle PFAS, c’è il fatto che alcune di esse sono componenti essenziali di prodotti indispensabili come schiume antincendio, indumenti protettivi e dispositivi medici che non possono essere rimpiazzati facilmente. La loro utilità va perciò valutata alla luce del danno che comportano – un processo che richiede anni.

Ecco perché nell’UE sono vietate solo quelle PFAS i cui effetti negativi sull’ambiente e la salute umana sono stati chiaramente dimostrati – tra queste, dal 2020 e con alcune limitazioni, anche il PFOA. In questi casi, la maggior parte delle volte l’industria sostituisce le sostanze regolamentate direttamente con altre PFAS sulla cui pericolosità non esistono informazioni e che dunque non sono sottoposte a restrizioni. E poiché allo stato attuale si conoscono oltre 10mila tipi diversi di PFAS, questo gioco potrebbe protrarsi all’infinito.

Visto che negli ultimi anni è emerso sempre più chiaramente come a essere problematico sia l’intero gruppo delle PFAS, Germania, Danimarca, Norvegia, Svezia e Paesi Bassi hanno congiuntamente preparato un «dossier normativo» per bloccarne l’impiego superfluo. Sulla proposta presentata lo scorso gennaio all’Agenzia europea delle sostanze chimiche, quest’ultima dovrà pronunciarsi entro un anno.

Per gli autori dello studio sull’acqua piovana, quest’iniziativa non è sufficiente. Dal momento che la contaminazione da PFAS è un problema globale, a loro avviso sarebbe sensato introdurre un valore limite valido in tutto il mondo. Ciò nonostante, secondo Martin Scheringer, «questo limite, come abbiamo dimostrato nel nostro studio, è già stato superato».

da qui

 

 

La mappa dei luoghi contaminati da Pfas in Italia

L'ha costruita Wired a partire dai dati del Forever Pollution Project, inchiesta giornalista guidata dalla testata francese Le Monde che ha permesso di individuare oltre 17mila siti contaminati da Pfas in tutta Europa

Sono più di 1.600 in Italia, oltre 17mila in tutta Europa i siti contaminati da Pfas, detti anche inquinanti eterni per la loro capacità di rimanere a lungo nell'ambiente. A censirli ci ha pensato il Forever Pollution Project, un'inchiesta giornalistica che ha coinvolto 17 testate in tutto il continente guidato dal francese Le Monde.

Wired ha scaricato i dati e li ha utilizzati per costruire una mappa che permetta di visualizzare i siti contaminati da Pfas in Italia, dando modo al lettore di filtrare per regione e provincia così da poter analizzare la situazione con un maggiore livello di dettaglio. 

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I Pfas sono composti chimici utilizzati a partire dalla metà del secolo scorso in diversi settori dell'industria, a cominciare da quella alimentare e dell'abbigliamento. Vengono chiamati inquinati eterni perché potrebbero rimanere nell'ambiente per centinaia, se non migliaia di anni. Una problematica che, nel nostro paese, ha colpito in modo particolare il Veneto.

Regione per la quale l'Associazione italiana medici per l'ambiente (Isde) parla espressamente di “emergenza sanitaria” per quanto riguarda la contaminazione da queste sostanze. I Pfas, infatti, sono associati a diverse patologie oncologiche.

La mappa rilasciata da Le Monde è stata costruita incrociando diverse fonti, alcune delle quali non pubbliche e ottenute grazie a richieste Foia. Il risultato è una mappa che riporta 17mila siti contaminati, ovvero con una concentrazione di queste sostanze superiore a 10 nanogrammi per litro. Di questi, 2.100 sono definiti hotspot: qui si parte dai 100 ng/L. A questi si aggiungono altri 21mila siti nei quali la contaminazione è solo presunta.

Il Forever Pollution Project ha rilasciato due versioni del dataset dei siti contaminati. Una più ‘snella’, che riporta i punti con una concentrazione superiore a 10 ng/L. Un'altra invece più corposa, con anche i siti con valori più bassi. Wired ha utilizzato questa seconda versione. A questo proposito, è bene ricordare che nel 2014 il ministero della Salute affermava che "concentrazioni nelle acque destinate a consumo umano di pfba fino a 500 ng/l e pfbs fino a 500 ng/l non configurano rischi per la salute umana".

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