come in tutti gli horror che si rispettino la prima parte è simpatica, divertente, un gruppo di amici che vanno a vivere un fine settimana nella natura.
poche settimane dopo, il 2 ottobre 1968 nella Piazza delle tre culture a Tlatelolco, a Città del Messico, l'esercito avrebbe massacrato centinaia di persone, sopratutto studenti, che protestavano pacificamente contro l'occupazione dell'università da parte dell'esercito.
qualche settimana prima un gruppo di amici voleva fare un'escursione sul monte Malinche, arrivarono il 14 settembre, dopo qualche giorno dalla predica di un prete maledetto che preannunciava l'arrivo dei comunisti, con la loro "bandiera rossa come l'inferno e nera come il peccato".
e il resto lo trovate nel film, potente e terribile, ma non si può non vedere questo piccolo capolavoro sanguinoso.
QUI il film completo, in spagnolo
QUI la storia vera, la notte fra il 14 e 15 settembre del 1968
All’inizio
di Canoa un prete corrotto dice ai suoi fedeli che
nel loro piccolo e povero pueblo stanno
arrivando i “forestieri” che saccheggeranno le loro case, si porteranno via i
loro bambini, bruceranno le immagini sacre e appenderanno una bandiera
comunista: “rossa come il diavolo e nera come i loro peccati”. Il film narra la
storia vera del massacro di un gruppo di dipendenti dell’Università da parte di
una folla inferocita avvenuto il 14 settembre 1968 a San Miguel Canoa. Solo
poche settimane dopo, il 2 ottobre, l’esercito messicano, su ordine del
governo, avrebbe ucciso oltre trecento studenti nell’ormai famigerato massacro
di Tlatelolco. Il film, che si avvale dell’audace sceneggiatura dello scrittore
e giornalista Tomás Pérez Turrent (allievo della Nouvelle Vague) e della cruda
fotografia chiaroscurale di Alex Phillips Jr., esprime una violenta critica
delle strutture di controllo sociale del Messico di allora – la religione,
l’esercito, il governo, i media di stato – ed è formalmente ardito nel suo
ricorso al falso documentario, a una narrazione non lineare e a narratori
inaffidabili. In una sequenza iniziale, un commento fuori campo sulla città
nello stile dei cinegiornali si contrappone al monologo con sguardo in macchina
di un abitante: i due resoconti sono radicalmente diversi e nessuno dei due, si
scopre, è completamente vero. La sensazione di dissonanza e di straniamento che
si crea nello spettatore si intensifica mentre il film scorre verso il suo
violento epilogo.
Vale la pena notare che un film così critico nei confronti dello stato fu
realizzato durante un periodo in cui il coinvolgimento e l’investimento statale
nella produzione, distribuzione ed esercizio cinematografico erano a livelli
record, sotto il controllo del presidente Luis Echeverría, che era entrato in
carica nel 1970 (era stato segretario di stato tra il 1964 e il 1969). Fremente
sintesi delle ansie collettive sulla violenza, la repressione e la possibile
dissoluzione delle norme sociali, Canoa mostrò
al pubblico, sia in patria che all’estero, un Messico forse mai visto prima al
cinema, distante dall’esasperato melodramma e dal conservatorismo formale
dell’età d’oro.
La sezione Cinemalibero del Cinema
Ritrovato è un percorso attraverso i cinema della marginalità ed una delle
tappe di questa edizione è il villaggio messicano di San Miguel Canoa in cui il
14 settembre del 1968 vennero massacrati da una folla inferocita cinque giovani
dipendenti dell’Università di Puebla, cittadina prossima al villaggio. Fu un
periodo nero per il Messico, solo poche settimane più tardi avvennero i ben più
noti fatti di Tlatelolco in cui l’esercito, dietro ordine del governo, uccise
circa trecento studenti in rivolta.
Il regista messicano Felipe Cazals nel
1976, pochi anni dopo il massacro, decise di mettere in scena i fatti girando
un film anticonvenzionale e coraggioso che si pone anche come un punto di
rottura all’interno del cinema messicano, appunto Canoa: memoria de un hecho vergonzoso. Le vicende
cominciano nella cittadina di Puebla in cui cinque amici che lavorano
all’Università si stanno preparando per un escursione a La Malinche, altura
ubicata vicino a San Miguel Canoa, piccolo villaggio lasciato a sé stesso in
cui le vicende sfoceranno nel massacro.
Questo villaggio è popolato perlopiù da
analfabeti e alcolisti è governato dal prete, un uomo perfido e corrotto che,
preoccupato per la sua vita e per la sua posizione, instilla nella popolazione
la convinzione che arriveranno degli studenti da Puebla, dei forestieri che
saccheggeranno le loro case, si porteranno via i loro bambini, bruceranno le
immagini sacre e appenderanno una bandiera comunista nella loro chiesa. Nel
momento in cui i cinque amici giungeranno al villaggio e rimarranno bloccati lì
per la notte dalle forti piogge, le donne e gli uomini del villaggio si
coalizzeranno e in un crescendo di violenza andranno ad assediare l'abitazione
dove erano ospiti i forestieri.
È molto interessante osservare come vengano
utilizzati megafoni ed altoparlanti installati ad ogni angolo di questo villaggio
rurale per fomentare la propaganda anticomunista e per ricattare i campesinos
dissidenti ridicolizzandoli in pubblica piazza. Canoa è un film che nel corso della sua
narrazione assume forme differenti, dal cinegiornale all’horror passando per la
via del falso documentario, mescolandole all’evenienza e non segue una linea
temporale consecutiva. Un film duro e faticoso: Cazals decide di girare in un
villaggio molto simile e vicino a San Miguel di Canoa e di avere sul set in
ogni giornata di riprese i superstiti, per restituire una ricostruzione storica
il più veritiera possibile.
Anche i toni della narrazione variano e
sono bilanciati in maniera sapiente, partendo dalla felicità e l’entusiasmo di
una gita tra amici, alla paura di quel che potrebbe succedere, fino ad arrivare
alla deflagrazione della violenza finale in una sequenza lunga, ma necessaria,
che non fa sconti a nessuno, nemmeno agli occhi dello spettatore. Si tratta di
una visione disturbante, un film che all'epoca in cui uscì in Messico contribuì
attivamente a creare coscienza su quello che furono quei momenti e quelle
repressioni, coscienza che oggi è forse scontata, ma allora non lo era affatto.
Canoa è
una delle pellicole più importanti del cinema messicano anche se non è molto
conosciuto in Europa. Nel 1977 il film fu presentato in concorso al festival di
Berlino dove si aggiudicò l'orso d'argento. Nonostante all'estero non ebbe
grande distribuzione in Messico sancì una sorta di record rimanendo in sala per
70 settimane. Il restauro del 2017 è stato curato da Criterion Collection sotto
la supervisione del regista, che è morto nell'ottobre del 2021.
El director de origen francés nacionalizado mexicano Felipe Cazals,autor
del film de culto LAS POQUIANCHIS(que también narraba un suceso real,en ese
caso de prostitución forzada)realizó en el mismo año esta cinta que quizá es
algo más conocida pero que al parecer también tiene la categoría de culto.Y la
verdad es que consiguió una obra altamente interesante, muy en linea con
aquella época en la que los directores experimentaban nuevas formas de contar
las historias.
Comienza como un documental,mostrando las realidades de una bella zona de
Mexico,pero acuciada por la pobreza,el hambre,el analfabetismo que nos son
presentados por sus habitantes en forma de falsas entrevistas. Después empieza
a introducir la figura del sacerdote católico instigador de los hechos,un
hombre inteligente y manipulador que dirige los destinos de los habitantes de
Canoa como un dictador-cazique que sólo busca poder y enriquecimiento.Y luego
nos presenta a los universitarios,unos jóvenes que deciden ir a escalar un
monte en fin de semana y que por culpa de un temporal se ven obligados a pasar
la noche en dicha aldea, San Miguel Canoa, confiados e ingenuos, pronto se dan
cuenta de que no son bien recibidos allí y perciben un ambiente hostíl.
Mediada la película y sirviéndose de la noche y de la lluvia, la atmósfera se va tornando cada vez más densa y el director la va cargando de una tensión casi de thriller de suspense, sin llegar al sensacionalismo,mientras los jóvenes candidamente se muestran ajenos a la que se les viene encima,para mí son los mejores momentos del film.
Este trabajo no ha perdido toda su fuerza,aunque es posible que hoy en día ya no resulte tan sorprendente como en el momento en que se realizó.En México además,contó con el aliciente de tratarse de un hecho que estaba reciente en la memoria de los mexicanos y de que tuvo problemas de censura como es lógico.Sin embargo,su valor como testimonio y documento de una época y unos sucesos es absoluto,como también lo es su acertada y perfecta elección del estilo y el tono narrativo.
Se trata de
la historia verídica de la matanza de unos miembros de un grupo de excursionistas
jóvenes por los residentes del pueblo San Miguel de Canoa. El pueblo se
ubica al pie de la montaña la Malinche cerca de Puebla y los jóvenes empleados
de la universidad de Puebla vinieron al pueblo para subir la montaña. La
película tiene a ratos un estilo documental. Se nos relata la tragedia a
la apertura de la película y todo lo que sigue está ensombrecido por un
fatalismo opresivo.
Hay un
residente del pueblo que habla directamente a la cámara en respuesta a
preguntas no oídas de un corresponsal no visto. Desempeñada por Salvador
Sánchez, esta figura ambigua de habla elíptica y de actitud escéptica nos
representa el pueblo en no estar libre de una culpabilidad de lo sucedido.
El argumento
se desarrolla de una manera magistral por dos hilos entrelazados: vemos a los
jóvenes mientras planean su excursión, acuden al pueblo por autobús donde se
encuentran sin alojamiento bajo un aguacero a medida que se nos dan a conocer
los acontecimientos que crearon el ambiento hostil entre lo cual se metieron
sin querer. Principalmente el ambiente receloso se debe al párroco del
pueblo. Es un cura de antecedentes dudosas que lleva al pueblo a cuestas
en su afán del progreso con el resultado de ser una figura controvertida entre
los poblanos. Encabezó al esfuerzo de construir un camino pavimentado y el
de traer luz y agua al pueblo. Tiene su secta de partidarios fieles pero
sus métodos de sacar los fondos de los residentes se le provocan también mucha
enemistad. Desde el púlpito predica acerca de los comunistas, instrumentos
del diablo, los que lo quieren matar para alzar su bandera en la iglesia y
llevarse a los niños inocentes. Los liga con los residentes que no quieren
pagar su cuota del programa del desarrollo. Por lo tanto los jóvenes pisan
inconcientemente sobre un terreno sembrado con el recelo de forasteros—sobre
todo los que vengan de la ciudad—que se desata en la violencia de que ya
sabemos.
Son muchos
los curas que son retratados en películas mexicanas, algunos buenos, algunos
malos. Hay pocos o sean buenos o sean malos los que son dibujados con la
sutileza del presente. El párroco a quien lo ignoramos el nombre,
desempeñado por Enrique Lucero, se sitúa entre los personajes más destacados
del cine mexicano. Al fin y al cabo es el malo de la historia pero nunca
deja de ser un ser humano. Lo curioso es que siempre usa gafas oscuras
hasta en la misa. ¿Se hace para sugerir algún personaje histórico (¿el
presidente Días Ordaz acaso?—no lo sé)?
Todo el
reparto es de la primera sin embargo hay tres los actores que merecen una
atención especial. Ya he reconocido a Salvador Sánchez y a Enrique
Lucero. Vale la pena asimismo hacer mención de Ernesto Gómez
Cruz. Hace el papel de un campesino que acoge a los jóvenes en su casa
mientras la lluvia y la histeria se crecen afuera.
…Es un pueblo dominado por un cura que usa lentes
oscuros. Éste cura enardece a las masas, las enoja y las predispone para matar
comunistas, reflejando la época y la lucha política del México de fines de los
60s (aunque viene de mucho más atrás), de Latinoamérica y en realidad del mundo
de entonces. El cura es un ser político, no solo social, y es un benefactor
económico además, fuente de dinero y soporte, ostenta el mayor poder en el
pueblo, así es visto como generador de progreso, puso el agua, la luz, caminos,
etc en Canoa, un pueblito medio escondido. Cuando se forma la turba gigante con
antorchas incluidas y van a la casa del vecino odiado -donde están los
excursionistas tomados por estudiantes comunistas- empieza el terror por la
puerta grande. En adelante es tortura, frenesí y muerte, por buen tiempo, la
imagen del crimen en sí y lo mejor del filme, aunque algo simple, pero más que
decentemente recreada y atrapante.
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