martedì 11 ottobre 2022

Canoa – Felipe Cazals

come in tutti gli horror che si rispettino la prima parte è simpatica, divertente, un gruppo di amici che vanno a vivere un fine settimana nella natura.

poche settimane dopo, il 2 ottobre 1968 nella Piazza delle tre culture a Tlatelolco, a Città del Messico, l'esercito avrebbe massacrato centinaia di persone, sopratutto studenti, che protestavano pacificamente contro l'occupazione dell'università da parte dell'esercito.

qualche settimana prima un gruppo di amici voleva fare un'escursione sul monte Malinche, arrivarono il 14 settembre, dopo qualche giorno dalla predica di un prete maledetto che preannunciava l'arrivo dei comunisti, con la loro "bandiera rossa come l'inferno e nera come il peccato".

e il resto lo trovate nel film, potente e terribile, ma non si può non vedere questo piccolo capolavoro sanguinoso. 

buona (dolorosa e necessaria) visione - Ismaele


 

QUI il film completo, in spagnolo

 

QUI la storia vera, la notte fra il 14 e 15 settembre del 1968

 

 

All’inizio di Canoa un prete corrotto dice ai suoi fedeli che nel loro piccolo e povero pueblo stanno arrivando i “forestieri” che saccheggeranno le loro case, si porteranno via i loro bambini, bruceranno le immagini sacre e appenderanno una bandiera comunista: “rossa come il diavolo e nera come i loro peccati”. Il film narra la storia vera del massacro di un gruppo di dipendenti dell’Università da parte di una folla inferocita avvenuto il 14 settembre 1968 a San Miguel Canoa. Solo poche settimane dopo, il 2 ottobre, l’esercito messicano, su ordine del governo, avrebbe ucciso oltre trecento studenti nell’ormai famigerato massacro di Tlatelolco. Il film, che si avvale dell’audace sceneggiatura dello scrittore e giornalista Tomás Pérez Turrent (allievo della Nouvelle Vague) e della cruda fotografia chiaroscurale di Alex Phillips Jr., esprime una violenta critica delle strutture di controllo sociale del Messico di allora – la religione, l’esercito, il governo, i media di stato – ed è formalmente ardito nel suo ricorso al falso documentario, a una narrazione non lineare e a narratori inaffidabili. In una sequenza iniziale, un commento fuori campo sulla città nello stile dei cinegiornali si contrappone al monologo con sguardo in macchina di un abitante: i due resoconti sono radicalmente diversi e nessuno dei due, si scopre, è completamente vero. La sensazione di dissonanza e di straniamento che si crea nello spettatore si intensifica mentre il film scorre verso il suo violento epilogo.
Vale la pena notare che un film così critico nei confronti dello stato fu realizzato durante un periodo in cui il coinvolgimento e l’investimento statale nella produzione, distribuzione ed esercizio cinematografico erano a livelli record, sotto il controllo del presidente Luis Echeverría, che era entrato in carica nel 1970 (era stato segretario di stato tra il 1964 e il 1969). Fremente sintesi delle ansie collettive sulla violenza, la repressione e la possibile dissoluzione delle norme sociali, Canoa mostrò al pubblico, sia in patria che all’estero, un Messico forse mai visto prima al cinema, distante dall’esasperato melodramma e dal conservatorismo formale dell’età d’oro.

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La sezione Cinemalibero del Cinema Ritrovato è un percorso attraverso i cinema della marginalità ed una delle tappe di questa edizione è il villaggio messicano di San Miguel Canoa in cui il 14 settembre del 1968 vennero massacrati da una folla inferocita cinque giovani dipendenti dell’Università di Puebla, cittadina prossima al villaggio. Fu un periodo nero per il Messico, solo poche settimane più tardi avvennero i ben più noti fatti di Tlatelolco in cui l’esercito, dietro ordine del governo, uccise circa trecento studenti in rivolta.

Il regista messicano Felipe Cazals nel 1976, pochi anni dopo il massacro, decise di mettere in scena i fatti girando un film anticonvenzionale e coraggioso che si pone anche come un punto di rottura all’interno del cinema messicano, appunto Canoa: memoria de un hecho vergonzoso. Le vicende cominciano nella cittadina di Puebla in cui cinque amici che lavorano all’Università si stanno preparando per un escursione a La Malinche, altura ubicata vicino a San Miguel Canoa, piccolo villaggio lasciato a sé stesso in cui le vicende sfoceranno nel massacro.

Questo villaggio è popolato perlopiù da analfabeti e alcolisti è governato dal prete, un uomo perfido e corrotto che, preoccupato per la sua vita e per la sua posizione, instilla nella popolazione la convinzione che arriveranno degli studenti da Puebla, dei forestieri che saccheggeranno le loro case, si porteranno via i loro bambini, bruceranno le immagini sacre e appenderanno una bandiera comunista nella loro chiesa. Nel momento in cui i cinque amici giungeranno al villaggio e rimarranno bloccati lì per la notte dalle forti piogge, le donne e gli uomini del villaggio si coalizzeranno e in un crescendo di violenza andranno ad assediare l'abitazione dove erano ospiti i forestieri.

È molto interessante osservare come vengano utilizzati megafoni ed altoparlanti installati ad ogni angolo di questo villaggio rurale per fomentare la propaganda anticomunista e per ricattare i campesinos dissidenti ridicolizzandoli in pubblica piazza. Canoa è un film che nel corso della sua narrazione assume forme differenti, dal cinegiornale all’horror passando per la via del falso documentario, mescolandole all’evenienza e non segue una linea temporale consecutiva. Un film duro e faticoso: Cazals decide di girare in un villaggio molto simile e vicino a San Miguel di Canoa e di avere sul set in ogni giornata di riprese i superstiti, per restituire una ricostruzione storica il più veritiera possibile.

Anche i toni della narrazione variano e sono bilanciati in maniera sapiente, partendo dalla felicità e l’entusiasmo di una gita tra amici, alla paura di quel che potrebbe succedere, fino ad arrivare alla deflagrazione della violenza finale in una sequenza lunga, ma necessaria, che non fa sconti a nessuno, nemmeno agli occhi dello spettatore. Si tratta di una visione disturbante, un film che all'epoca in cui uscì in Messico contribuì attivamente a creare coscienza su quello che furono quei momenti e quelle repressioni, coscienza che oggi è forse scontata, ma allora non lo era affatto.

Canoa è una delle pellicole più importanti del cinema messicano anche se non è molto conosciuto in Europa. Nel 1977 il film fu presentato in concorso al festival di Berlino dove si aggiudicò l'orso d'argento. Nonostante all'estero non ebbe grande distribuzione in Messico sancì una sorta di record rimanendo in sala per 70 settimane. Il restauro del 2017 è stato curato da Criterion Collection sotto la supervisione del regista, che è morto nell'ottobre del 2021.

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El director de origen francés nacionalizado mexicano Felipe Cazals,autor del film de culto LAS POQUIANCHIS(que también narraba un suceso real,en ese caso de prostitución forzada)realizó en el mismo año esta cinta que quizá es algo más conocida pero que al parecer también tiene la categoría de culto.Y la verdad es que consiguió una obra altamente interesante, muy en linea con aquella época en la que los directores experimentaban nuevas formas de contar las historias.

Comienza como un documental,mostrando las realidades de una bella zona de Mexico,pero acuciada por la pobreza,el hambre,el analfabetismo que nos son presentados por sus habitantes en forma de falsas entrevistas. Después empieza a introducir la figura del sacerdote católico instigador de los hechos,un hombre inteligente y manipulador que dirige los destinos de los habitantes de Canoa como un dictador-cazique que sólo busca poder y enriquecimiento.Y luego nos presenta a los universitarios,unos jóvenes que deciden ir a escalar un monte en fin de semana y que por culpa de un temporal se ven obligados a pasar la noche en dicha aldea, San Miguel Canoa, confiados e ingenuos, pronto se dan cuenta de que no son bien recibidos allí y perciben un ambiente hostíl.

Mediada la película y sirviéndose de la noche y de la lluvia, la atmósfera se va tornando cada vez más densa y el director la va cargando de una tensión casi de thriller de suspense, sin llegar al sensacionalismo,mientras los jóvenes candidamente se muestran ajenos a la que se les viene encima,para mí son los mejores momentos del film.

Este trabajo no ha perdido toda su fuerza,aunque es posible que hoy en día ya no resulte tan sorprendente como en el momento en que se realizó.En México además,contó con el aliciente de tratarse de un hecho que estaba reciente en la memoria de los mexicanos y de que tuvo problemas de censura como es lógico.Sin embargo,su valor como testimonio y documento de una época y unos sucesos es absoluto,como también lo es su acertada y perfecta elección del estilo y el tono narrativo.

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Se trata de la historia verídica de la matanza de unos miembros de un grupo de excursionistas jóvenes por los residentes del pueblo San Miguel de Canoa. El pueblo se ubica al pie de la montaña la Malinche cerca de Puebla y los jóvenes empleados de la universidad de Puebla vinieron al pueblo para subir la montaña. La película tiene a ratos un estilo documental. Se nos relata la tragedia a la apertura de la película y todo lo que sigue está ensombrecido por un fatalismo opresivo.

Hay un residente del pueblo que habla directamente a la cámara en respuesta a preguntas no oídas de un corresponsal no visto. Desempeñada por Salvador Sánchez, esta figura ambigua de habla elíptica y de actitud escéptica nos representa el pueblo en no estar libre de una culpabilidad de lo sucedido.

El argumento se desarrolla de una manera magistral por dos hilos entrelazados: vemos a los jóvenes mientras planean su excursión, acuden al pueblo por autobús donde se encuentran sin alojamiento bajo un aguacero a medida que se nos dan a conocer los acontecimientos que crearon el ambiento hostil entre lo cual se metieron sin querer. Principalmente el ambiente receloso se debe al párroco del pueblo. Es un cura de antecedentes dudosas que lleva al pueblo a cuestas en su afán del progreso con el resultado de ser una figura controvertida entre los poblanos. Encabezó al esfuerzo de construir un camino pavimentado y el de traer luz y agua al pueblo. Tiene su secta de partidarios fieles pero sus métodos de sacar los fondos de los residentes se le provocan también mucha enemistad. Desde el púlpito predica acerca de los comunistas, instrumentos del diablo, los que lo quieren matar para alzar su bandera en la iglesia y llevarse a los niños inocentes. Los liga con los residentes que no quieren pagar su cuota del programa del desarrollo. Por lo tanto los jóvenes pisan inconcientemente sobre un terreno sembrado con el recelo de forasteros—sobre todo los que vengan de la ciudad—que se desata en la violencia de que ya sabemos.

Son muchos los curas que son retratados en películas mexicanas, algunos buenos, algunos malos. Hay pocos o sean buenos o sean malos los que son dibujados con la sutileza del presente. El párroco a quien lo ignoramos el nombre, desempeñado por Enrique Lucero, se sitúa entre los personajes más destacados del cine mexicano. Al fin y al cabo es el malo de la historia pero nunca deja de ser un ser humano. Lo curioso es que siempre usa gafas oscuras hasta en la misa. ¿Se hace para sugerir algún personaje histórico (¿el presidente Días Ordaz acaso?—no lo sé)?

Todo el reparto es de la primera sin embargo hay tres los actores que merecen una atención especial. Ya he reconocido a Salvador Sánchez y a Enrique Lucero. Vale la pena asimismo hacer mención de Ernesto Gómez Cruz. Hace el papel de un campesino que acoge a los jóvenes en su casa mientras la lluvia y la histeria se crecen afuera.

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Es un pueblo dominado por un cura que usa lentes oscuros. Éste cura enardece a las masas, las enoja y las predispone para matar comunistas, reflejando la época y la lucha política del México de fines de los 60s (aunque viene de mucho más atrás), de Latinoamérica y en realidad del mundo de entonces. El cura es un ser político, no solo social, y es un benefactor económico además, fuente de dinero y soporte, ostenta el mayor poder en el pueblo, así es visto como generador de progreso, puso el agua, la luz, caminos, etc en Canoa, un pueblito medio escondido. Cuando se forma la turba gigante con antorchas incluidas y van a la casa del vecino odiado -donde están los excursionistas tomados por estudiantes comunistas- empieza el terror por la puerta grande. En adelante es tortura, frenesí y muerte, por buen tiempo, la imagen del crimen en sí y lo mejor del filme, aunque algo simple, pero más que decentemente recreada y atrapante.

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