un'opera fatta di incastri e storie che sono un'unica storia.
quando sembra finire il film riparte, con un nuovo mistero che nasce e poi verrà svelato, e ogni mistero è legato agli altri.
una sceneggiatura ottima, una regia eccelsa, che gestisce gli attori al meglio, un film perfetto.
cercatelo e godetene tutti (esiste anche una mini serie, che dura poco più del film).
buona (misteriosa) visione - Ismaele
…L’opera di Ruiz è una recherche
commossa e sommessa, silenziosa e rarefatta. Proverò a districarmi all’interno
della fitta rete di rimandi del film di Ruiz attraverso tre fasi.
1- Il Mistero dell’inquadratura: il cinema di Ruiz consta di atti scenici
distinti e solenni, in cui l’azione del dramma sentimentale viene modellata
sugli attori come se un pittore avesse espanso la partitura dei colori su un
paesaggio umano in costante evoluzione. Quello che ne conseguenze è un denso
rivaleggiare tra linee morbide e sature, in cui il Tempo della Storia si fa
redenzione dello sguardo.
Misterios de
Lisboa attua un vortice metonimico che rende impossibile decifrare
distintamente il percorso narrativo che sarà associato ad ogni personaggio: il
destino dello spettatore è quello di perdersi all’interno della matassa
composta da Ruiz.
All’interno dei misteri di Lisbona la corrente misterica serpeggia
fantasmatica, annullando la visione e rendendo il desiderio dello sguardo una
prospettiva negata. Quello di Ruiz è un cinema in costume d’altri tempi, che
sfrutta la capacita della visione di proliferare vie ignote allo spettatore,
introdotto al fascino, mai abbastanza appagato, del quadro messo in scena.
2-
L’immagine del/nel quadro: il modo di inquadrare di Ruiz mette in prospettiva
il desiderio, annienta il fuori campo, rende vitreo lo sguardo, che penetra
come una lama nei volti assoluti degli attori.
Il mélo si dipana nella lentezza liturgica della devozione alla conquista del
Tempo, nel rivolgersi mai acclarato allo spettatore, ma sempre rispettoso del
respiro della congiura narrativa che viene portata avanti dal regista.
Ruiz assume
il punto di vista dell’incontro con il ricordo, rivaleggia con una memoria che
tende a spegnersi, di conseguenza filma con radicale urgenza, voltando ogni
pagina del romanzo usando carrelli ed ellissi che programmano l’emozione, la
traducono in immagini pure e irreali.
Questo significa filmare il Tempo e raffigurarne la morte: all’interno cioè di
un concetto mai espresso come punto definitivo di una congiura che è prima di
tutto estetica.
3-
L’eccezionalità congiunturale del progetto: non tutti i Ruiz sono grandi film:
il regista di origini cilene ha girato molto, a volte troppo, come il suo
collega Godard o De Oliveira. Quando si girano
tanti film si ha una probabilità molto maggiore di incontrare problemi, di
sbagliare, di innamorarsi di idee che non forniranno poi una degna ricerca di
sguardo e di visione. Inoltre non sempre Ruiz ha avuto a disposizione un cast
di alta classe come questo.
Con Misterios de Lisboa ha probabilmente avuto la sua maggior fortuna di
sempre, cosa che non gli era successa nemmeno ai tempi de Il Tempo
ritrovato (1999), una recherche troppo letteraria, condensata sulle
celebrità che si mangiavano il film e facevano scattare la sospensione
dell’incredulità, una recherche che era, inoltre, attraversata da carrelli che
non accompagnavano degnamente il dipanarsi dell’intreccio: si era dalle parti
di un romanticismo francesizzante declinato alla maniera, seppur bella. Con
questo Misterios de Lisboa Ruiz tocca i vertici della rappresentazione scenica
dell’abbandono, della morte, della memoria e della Storia, arrivando a
costruire un’opera che si lascia ammirare con soggezione, lentamente,
assorbendone l’intramontabile, latente grandezza.
…è il testamento artistico di un
grandissimo regista, uno degli ultimi surrealisti puri che ha scritto un
proprio linguaggio cinematografico scardinando la trama e creando mondi onirici
senza bisogno di linearità narrative ma a volte affidandosi solo alla forza
dell'inconscio o, appunto, del puro surrealismo. Ora ci rimane solo Lynch con
la dipartita del maestro cileno.
"I misteri di Lisbona" resta comunque
un film accessibile a tutti, sceneggiato in modo chiaro nei dialoghi ma
comunque intricatissimo (e questo immagino sia dovuto soprattutto al romanzo
d'appendice da cui è tratto). I tocchi surreali di Ruiz si notano nello stile
barocco, delicato anche se visivamente magmatico e irrequieto, con lampi di
bizzarria tipicamente grottesca. Invece anche la trama principale si snoda in
continuazione diramandosi in un'intricata ma comprensibile matassa. Ruiz è
stato esaltato come uno dei pochi e forse ad oggi l'unico ad aver portato al
cinema il senso della Recherche proustiana, non solo con "Il tempo
ritrovato" ma in generale pare essere nelle sue corde. Guardando con
occhio attento al suo cinema è proprio cosi: come delle matrioske, Ruiz gioca
ad inglobare storie e storie svicolando da quella principale ma poi tornandoci
prepotentemente in una struttura circolare perfettamente riuscita. E il suo
sguardo non basta: il reparto tecnico è grandioso a partire dalla fotografia
suadente, la ricostruzione storica perfetta e mai troppo tronfia ma sempre
credibile, i riti della borghesia nobile cosi documentati (appunto, alla
Proust), le ambientazioni splendide. Senza esagerare rivaleggia con Barry
Lyndon, con le dovute differenze…
…Di concerto con l'attenta sceneggiatura
di Carlos Saboga, il maestro cileno orchestra dunque una sinfonia di situazioni
che si dipartono dalla traccia principale, intrecciando flashback dove i vari
personaggi raccontano la loro storia e svelano i rispettivi segreti. Si crea in
questo modo una struttura a vasi comunicanti dove un'unica storia è paradigma
di molte altre, le genera e ne è a sua volta influenzata, in una inesauribile
proliferazione di nuove possibilità. L'espediente amplifica dunque la
sensazione di un lavoro sulla forma del racconto e genera, oltre a una continua
variazione ritmica, una perenne e sapiente capacità di valorizzare un
espediente tipico del racconto seriale (narrativo e cinematografico), quello
della rivelazione: il film mantiene sino all'ultimo la sua
freschezza, oltre che per la straordinaria forza visiva impressa dalla regia,
anche perché riesce a rigenerarsi continuamente attraverso le inedite
prospettive fornite dalle rivelazioni dosate con estrema cura. E la
moltiplicazione dei luoghi e delle identità (alcuni personaggi chiave cambiano
nome e a volte aspetto) si allinea a questa volontà di continua scomposizione e
ricomposizione, compiuta non per mero esibizionismo teorico, ma per chiarire la
natura estremamente inafferrabile della vita e della felicità, dove ogni storia
resta come emblema di una condizione di perenne vagare fra stati d'animo sempre
provvisori.
…Misterios de Lisboa es la historia de Pedro, y así lo postulamos por la unión del principio y el final de las apasionantes cuatro horas y media de la versión cinematográfica (hay otra de seis horas para televisión). Pero también es la historia de la madre de Pedro, y del abuelo, y de unos bandidos, y de un cura y otro religioso, y de nobles y amores y fantasmas y tragedias alrededor. Las historias se despliegan, se contagian una a otra, se prestan sus senderos que se bifurcan y se vuelven a unir, y los personajes cambian y se transforman. En Misterios de Lisboa el fin del siglo XVIII y el principio del XIX en Portugal, Francia y también en Italia cobran vida pero no como en una película "de época" que "se ambienta" de manera puntillosa, cuidadosa, inmóvil. Aquí hay diálogos lacerantes, hirientes, elegantes, nobles, sagaces, dichos con la confianza actoral de intérpretes manejados por un director único, que, al ubicarlos en espacios que controla con mano maestra -esos travellings a través de las paredes, esos recortes de foco, esos espejos fundamentales-, los hace dar lo mejor de sí, los inunda de confianza, les insufla movimiento, alma, los inserta en una puesta en escena de agilidad memorable, para ver a repetición. Los planos secuencia -como ése del joven Pedro en el paseo con el padre Dinis-, las revelaciones, los cambios de punto de vista y de voz narrativa, el despliegue de pasiones desencontradas, el dolor y el humor, siempre el humor zumbón de Ruiz que surge en los momentos más inesperados, construyen una película que puede cambiar nuestro modo de ver el cine y, por lo tanto, la vida. Esto es cine imprescindible, cine inolvidable, cine para agradecer.
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