giovedì 20 ottobre 2022

I misteri di Lisbona (Mistérios de Lisboa) - Raúl Ruiz

un'opera fatta di incastri e storie che sono un'unica storia.

quando sembra finire il film riparte, con un nuovo mistero che nasce e poi verrà svelato, e ogni mistero è legato agli altri.

una sceneggiatura ottima, una regia eccelsa, che gestisce gli attori al meglio, un film perfetto.

cercatelo e godetene tutti (esiste anche una mini serie, che dura poco più del film).

buona (misteriosa) visione - Ismaele

 

 

 

 

…L’opera di Ruiz è una recherche commossa e sommessa, silenziosa e rarefatta. Proverò a districarmi all’interno della fitta rete di rimandi del film di Ruiz attraverso tre fasi.


1- Il Mistero dell’inquadratura: il cinema di Ruiz consta di atti scenici distinti e solenni, in cui l’azione del dramma sentimentale viene modellata sugli attori come se un pittore avesse espanso la partitura dei colori su un paesaggio umano in costante evoluzione. Quello che ne conseguenze è un denso rivaleggiare tra linee morbide e sature, in cui il Tempo della Storia si fa redenzione dello sguardo.

Misterios de Lisboa attua un vortice metonimico che rende impossibile decifrare distintamente il percorso narrativo che sarà associato ad ogni personaggio: il destino dello spettatore è quello di perdersi all’interno della matassa composta da Ruiz.
All’interno dei misteri di Lisbona la corrente misterica serpeggia fantasmatica, annullando la visione e rendendo il desiderio dello sguardo una prospettiva negata. Quello di Ruiz è un cinema in costume d’altri tempi, che sfrutta la capacita della visione di proliferare vie ignote allo spettatore, introdotto al fascino, mai abbastanza appagato, del quadro messo in scena.

 

2- L’immagine del/nel quadro: il modo di inquadrare di Ruiz mette in prospettiva il desiderio, annienta il fuori campo, rende vitreo lo sguardo, che penetra come una lama nei volti assoluti degli attori.
Il mélo si dipana nella lentezza liturgica della devozione alla conquista del Tempo, nel rivolgersi mai acclarato allo spettatore, ma sempre rispettoso del respiro della congiura narrativa che viene portata avanti dal regista.

Ruiz assume il punto di vista dell’incontro con il ricordo, rivaleggia con una memoria che tende a spegnersi, di conseguenza filma con radicale urgenza, voltando ogni pagina del romanzo usando carrelli ed ellissi che programmano l’emozione, la traducono in immagini pure e irreali.
Questo significa filmare il Tempo e raffigurarne la morte: all’interno cioè di un concetto mai espresso come punto definitivo di una congiura che è prima di tutto estetica.

 

3- L’eccezionalità congiunturale del progetto: non tutti i Ruiz sono grandi film: il regista di origini cilene ha girato molto, a volte troppo, come il suo collega Godard o De Oliveira. Quando si girano tanti film si ha una probabilità molto maggiore di incontrare problemi, di sbagliare, di innamorarsi di idee che non forniranno poi una degna ricerca di sguardo e di visione. Inoltre non sempre Ruiz ha avuto a disposizione un cast di alta classe come questo.
Con Misterios de Lisboa ha probabilmente avuto la sua maggior fortuna di sempre, cosa che non gli era successa nemmeno ai tempi de Il Tempo ritrovato (1999), una recherche troppo letteraria, condensata sulle celebrità che si mangiavano il film e facevano scattare la sospensione dell’incredulità, una recherche che era, inoltre, attraversata da carrelli che non accompagnavano degnamente il dipanarsi dell’intreccio: si era dalle parti di un romanticismo francesizzante declinato alla maniera, seppur bella. Con questo Misterios de Lisboa Ruiz tocca i vertici della rappresentazione scenica dell’abbandono, della morte, della memoria e della Storia, arrivando a costruire un’opera che si lascia ammirare con soggezione, lentamente, assorbendone l’intramontabile, latente grandezza.

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è il testamento artistico di un grandissimo regista, uno degli ultimi surrealisti puri che ha scritto un proprio linguaggio cinematografico scardinando la trama e creando mondi onirici senza bisogno di linearità narrative ma a volte affidandosi solo alla forza dell'inconscio o, appunto, del puro surrealismo. Ora ci rimane solo Lynch con la dipartita del maestro cileno.
"I misteri di Lisbona" resta comunque un film accessibile a tutti, sceneggiato in modo chiaro nei dialoghi ma comunque intricatissimo (e questo immagino sia dovuto soprattutto al romanzo d'appendice da cui è tratto). I tocchi surreali di Ruiz si notano nello stile barocco, delicato anche se visivamente magmatico e irrequieto, con lampi di bizzarria tipicamente grottesca. Invece anche la trama principale si snoda in continuazione diramandosi in un'intricata ma comprensibile matassa. Ruiz è stato esaltato come uno dei pochi e forse ad oggi l'unico ad aver portato al cinema il senso della Recherche proustiana, non solo con "Il tempo ritrovato" ma in generale pare essere nelle sue corde. Guardando con occhio attento al suo cinema è proprio cosi: come delle matrioske, Ruiz gioca ad inglobare storie e storie svicolando da quella principale ma poi tornandoci prepotentemente in una struttura circolare perfettamente riuscita. E il suo sguardo non basta: il reparto tecnico è grandioso a partire dalla fotografia suadente, la ricostruzione storica perfetta e mai troppo tronfia ma sempre credibile, i riti della borghesia nobile cosi documentati (appunto, alla Proust), le ambientazioni splendide. Senza esagerare rivaleggia con Barry Lyndon, con le dovute differenze…

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Di concerto con l'attenta sceneggiatura di Carlos Saboga, il maestro cileno orchestra dunque una sinfonia di situazioni che si dipartono dalla traccia principale, intrecciando flashback dove i vari personaggi raccontano la loro storia e svelano i rispettivi segreti. Si crea in questo modo una struttura a vasi comunicanti dove un'unica storia è paradigma di molte altre, le genera e ne è a sua volta influenzata, in una inesauribile proliferazione di nuove possibilità. L'espediente amplifica dunque la sensazione di un lavoro sulla forma del racconto e genera, oltre a una continua variazione ritmica, una perenne e sapiente capacità di valorizzare un espediente tipico del racconto seriale (narrativo e cinematografico), quello della rivelazione: il film mantiene sino all'ultimo la sua freschezza, oltre che per la straordinaria forza visiva impressa dalla regia, anche perché riesce a rigenerarsi continuamente attraverso le inedite prospettive fornite dalle rivelazioni dosate con estrema cura. E la moltiplicazione dei luoghi e delle identità (alcuni personaggi chiave cambiano nome e a volte aspetto) si allinea a questa volontà di continua scomposizione e ricomposizione, compiuta non per mero esibizionismo teorico, ma per chiarire la natura estremamente inafferrabile della vita e della felicità, dove ogni storia resta come emblema di una condizione di perenne vagare fra stati d'animo sempre provvisori.

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Misterios de Lisboa es la historia de Pedro, y así lo postulamos por la unión del principio y el final de las apasionantes cuatro horas y media de la versión cinematográfica (hay otra de seis horas para televisión). Pero también es la historia de la madre de Pedro, y del abuelo, y de unos bandidos, y de un cura y otro religioso, y de nobles y amores y fantasmas y tragedias alrededor. Las historias se despliegan, se contagian una a otra, se prestan sus senderos que se bifurcan y se vuelven a unir, y los personajes cambian y se transforman. En Misterios de Lisboa el fin del siglo XVIII y el principio del XIX en Portugal, Francia y también en Italia cobran vida pero no como en una película "de época" que "se ambienta" de manera puntillosa, cuidadosa, inmóvil. Aquí hay diálogos lacerantes, hirientes, elegantes, nobles, sagaces, dichos con la confianza actoral de intérpretes manejados por un director único, que, al ubicarlos en espacios que controla con mano maestra -esos travellings a través de las paredes, esos recortes de foco, esos espejos fundamentales-, los hace dar lo mejor de sí, los inunda de confianza, les insufla movimiento, alma, los inserta en una puesta en escena de agilidad memorable, para ver a repetición. Los planos secuencia -como ése del joven Pedro en el paseo con el padre Dinis-, las revelaciones, los cambios de punto de vista y de voz narrativa, el despliegue de pasiones desencontradas, el dolor y el humor, siempre el humor zumbón de Ruiz que surge en los momentos más inesperados, construyen una película que puede cambiar nuestro modo de ver el cine y, por lo tanto, la vida. Esto es cine imprescindible, cine inolvidable, cine para agradecer.

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