il film è tratto da una storia di James Ballard, chi ci prova è uno con del coraggio molto grande.
un racconto di un futuro prossimo venturo, in cui un grattacielo ospita e fa convivere persone di classi (un tempo non lontano si sarebbe detto così) diverse.
un po' come in Snowpiercer, dove un treno, e non un grattacielo, raccoglie persone di classi molto diverse, in vagoni diversi.
in High-Rise ai pieni alti ci sono i più abbienti e fanno la loro bella vita fino a che le cose cambiano, e molto.
non sarà un film perfetto, ma merita di certo la visione - Ismaele
un racconto di un futuro prossimo venturo, in cui un grattacielo ospita e fa convivere persone di classi (un tempo non lontano si sarebbe detto così) diverse.
un po' come in Snowpiercer, dove un treno, e non un grattacielo, raccoglie persone di classi molto diverse, in vagoni diversi.
in High-Rise ai pieni alti ci sono i più abbienti e fanno la loro bella vita fino a che le cose cambiano, e molto.
non sarà un film perfetto, ma merita di certo la visione - Ismaele
Correva il glorioso anno 1975 quando la fervida
immaginazione del visionario scrittore J. G. Ballard –
vate della fantascienza sociale grazie a opere seminali quali La
mostra delle atrocità e Crash – partorì High
Rise (in Italia conosciuto come Il condominio),
spietata e grottesca satira sulle pericolose e inquietanti derive di un
microcosmo abitativo i cui componenti si trovano a vivere una terribile involuzione
specchio di una società già allora vicina al collasso totale. Il grande
successo di pubblico e il profondo impatto culturale esercitato dal romanzo fin
dalla sua pubblicazione spinsero il produttore Jeremy Thomas a
progettarne un ambizioso adattamento cinematografico, segretamente e
disperatamente covato per oltre quarant’anni e sul quale si sono avvicendate
personalità di grande spessore, tra cui Stanley Kubrick, Nicolas Roeg e
Vincenzo Natali. Tuttavia è toccato a Ben Wheatley raccogliere
la sfida alle soglie del 2013, affidandosi alla collaborazione della compagna
sceneggiatrice Amy Jump per poter finalmente vedere
rappresentate sul grande schermo le vicissitudini del dottor Robert Laing (Tom
Hiddleston), fascinoso fisiologo inglese da poco trasferitosi in un
imponente grattacielo facente parte di un avveniristico complesso residenziale
progettato dall’architetto Anthony Royal (Jeremy Irons), con
l’intento di replicare strutturalmente le stratificazioni della piramide
sociale…
Affascinante solo l'idea di adattare il
bellissimo romanzo di Ballard, Il condominio, un'allegoria molto potente e
concettualmente molto attuale. Cronenberg in qualche modo lo aveva già in una
certa misura anticipato con Il demone sotto la pelle, con canoni più
indirizzati verso l'horror. Un complesso che teoricamente è un 'esperimento
sociale" secondo la volontà del suo stesso creatore, Royal. Grattacielo con
tutti i confort, quasi autosufficiente per non dire autoreferenziale, ma con
alla base tanti, troppi elementi che ne determinaranno la degenerazione e la
caduta. Una rigida divisione in classi sociali dal basso verso la cima di
questa moderna Torre di Babele con giardini pensili all'attico dei Dio creatore
Royal. Una torre che si deve "assestare" nei suoi sistemi, i cui
guasti sin da quelli di piccola entità non fanno altro che alimentare dissapori
fino a generare odio e violenza. Una convivnenza impossibile perchè troppo
imprigionata nella sua rigidità sociale, impedisce ogni scalata se non con
l'ausilio della violenza stessa. Un critica feroce ai sistemi capitalistici che
al loro interno, non esistendo concetti come solidarietà ed equilibrio sociale,
genera solo differenze sempre più marcate. Il Complesso/Torre è marcio fin
dalle sue fondamenta. E' un film affascinante, visivamente presenta dei
passaggi straordinari, ma a volte la seneggiatura è confusa e ridondante.
Bravissimi comunque il cast con un Hiddleston sicuro dei suoi mezzi e perfetto
nel ruolo di Laing. Un film che pur nelle sue imperfezioni, confermano il
talento di uno dei migliori registi d'oltremanica.
…l’opera di Ballard
è brillante, originale, complessa e destabilizzante. Per questo motivo trarne
un film era di certo una sfida ardua e rischiosa. E’ molto frequente che una
rappresentazione cinematografica adotti mezzi narrativi diversi rispetto
all’opera da cui è tratta; il punto chiave per una buona trasposizione, però, è
il saper cogliere gli elementi fondamentali che danno al romanzo la sua
unicità. Nonostante alcune scene visivamente efficaci, come quella dell’immenso
giardino terrazza, quasi un paradiso terrestre, costruito sulla sommità del
grattacielo da Royal, il megalomane architetto
della costruzione, e un bel cast al suo servizio (Jeremy Irons, Tom
Hiddleston, Luke Evans), il
regista Ben Wheatley non riesce a
portare sulla scena l’anima del libro, né a coglierne il suo messaggio più
importante e profondo. Egli, infatti, concentra spesso la sua attenzione su
particolari a dir poco marginali delle storia (es. il figlio di Charlotte Melville o le notti brave dei protagonisti), trascurandone altri di fondamentale
importanza. E’ così che il film appare in molti casi slegato nel suo
sviluppo.
Il difetto principale sta poi nel non saper rappresentare appieno la "malata dipendenza" che gli abitanti del grattacielo hanno per il condominio. Nel film sembra che essi siano più che altro degli esaltati, viziati e dediti agli eccessi e che il caos da loro generato sia giustificato da questi motivi o dalla noia, piuttosto che dal loro autolesionistico bisogno di annichilimentoall’interno del grattacielo. Ci si concentra sui loro comportamenti esteriori, invece che sulle contorte e inquietanti motivazioni delle loro condotte. La macchina da presa sfiora la superficie, mentre avrebbe dovuto immergersi a capofitto in questi personaggi, per sviscerarne la psicologia e i disturbi. Ad esempio è privata del suo spessore la “scalata” di Wilder verso la sommità del grattacielo. Il regista la fa passare quasi in sordina, ignorando uno dei motori fondamentali del romanzo: il desiderio di Wilder di sovvertire le gerarchie del palazzo, animato prima da un ideale di libertà e di ribellione verso i superbi abitanti dei piani superiori; poi da una crescente spirale di violenza e brutalità che finiranno per renderlo simile ad una bestia, interessata soltanto ai suoi bisogni primari. E’ un vero peccato, perché Luke Evans era perfetto nel ruolo di Wilder. Lui e il suo personaggio sono i più trascurati dalla sceneggiatura e dalla regia. Anche gli altri due protagonisti, il dottor Laing (nel romanzo alter-ego dello scrittore), e l’architetto Royale, interpretati rispettivamente da Tom Hiddleston e Jeremy Irons, ben calati nel ruolo, alla fine vengono ridimensionati e soprattutto appaiono privi di quell’intensità e quel pathos che era necessario per trasmettere l’angoscia celata dietro la prigionia autoindotta degli abitanti del grattacielo…
Il difetto principale sta poi nel non saper rappresentare appieno la "malata dipendenza" che gli abitanti del grattacielo hanno per il condominio. Nel film sembra che essi siano più che altro degli esaltati, viziati e dediti agli eccessi e che il caos da loro generato sia giustificato da questi motivi o dalla noia, piuttosto che dal loro autolesionistico bisogno di annichilimentoall’interno del grattacielo. Ci si concentra sui loro comportamenti esteriori, invece che sulle contorte e inquietanti motivazioni delle loro condotte. La macchina da presa sfiora la superficie, mentre avrebbe dovuto immergersi a capofitto in questi personaggi, per sviscerarne la psicologia e i disturbi. Ad esempio è privata del suo spessore la “scalata” di Wilder verso la sommità del grattacielo. Il regista la fa passare quasi in sordina, ignorando uno dei motori fondamentali del romanzo: il desiderio di Wilder di sovvertire le gerarchie del palazzo, animato prima da un ideale di libertà e di ribellione verso i superbi abitanti dei piani superiori; poi da una crescente spirale di violenza e brutalità che finiranno per renderlo simile ad una bestia, interessata soltanto ai suoi bisogni primari. E’ un vero peccato, perché Luke Evans era perfetto nel ruolo di Wilder. Lui e il suo personaggio sono i più trascurati dalla sceneggiatura e dalla regia. Anche gli altri due protagonisti, il dottor Laing (nel romanzo alter-ego dello scrittore), e l’architetto Royale, interpretati rispettivamente da Tom Hiddleston e Jeremy Irons, ben calati nel ruolo, alla fine vengono ridimensionati e soprattutto appaiono privi di quell’intensità e quel pathos che era necessario per trasmettere l’angoscia celata dietro la prigionia autoindotta degli abitanti del grattacielo…
…Tutta la prima parte del film è
un’esplosione di stile, sfarzo, superfici lucide e splendenti, costumi da
capogiro, corpi perfetti. La vita nel condominio è scandita da party che durano
tutta la notte e poco importa se, al mattino dopo, la spazzatura ostruisce i
corridoi. Sono dettagli risibili mentre ogni cosa procede alla perfezione. Le
automobili luccicano nuove e pulite nel grande parcheggio riservato ai
condomini, gli appartamenti sono nuovi e senza un graffio. Persino i poveracci
ai piani inferiori sembrano avere diritto a una piccola fetta del benessere.
Forse è qui che l’estetica di Wheatley funziona meglio, quando deve introdurre un contesto che poggia su un equilibrio precario ma all’apparenza rigidissimo, la simulazione di un’utopia verticale basata su un severe regole gerarchiche.
Tutto ciò è reso in maniera davvero esemplare da una regia che rispecchia visivamente questo schema. Wheatley è geometrico, seziona personaggi e, soprattutto, ambiente con una precisione chirurgica, ci fa sentire, senza spiegarcelo, il peso della suddivisione in classi, così che, al momento della deflagrazione, potrà sbizzarrirsi a forzare e, finalmente, a rompere lo schema…
Forse è qui che l’estetica di Wheatley funziona meglio, quando deve introdurre un contesto che poggia su un equilibrio precario ma all’apparenza rigidissimo, la simulazione di un’utopia verticale basata su un severe regole gerarchiche.
Tutto ciò è reso in maniera davvero esemplare da una regia che rispecchia visivamente questo schema. Wheatley è geometrico, seziona personaggi e, soprattutto, ambiente con una precisione chirurgica, ci fa sentire, senza spiegarcelo, il peso della suddivisione in classi, così che, al momento della deflagrazione, potrà sbizzarrirsi a forzare e, finalmente, a rompere lo schema…
A me Snowpiercer mi ha rimasto più di un dubbio, qui poi ancora peggio, io sinceramente non ho capito niente di questo film, che mischia critica sociale, fantascienza e horror in modo davvero caotico..
RispondiEliminainsomma, sui due film la vediamo in maniera decisamente opposta, mi sa, ma ogni tanto va bene, no?
Elimina