giovedì 27 ottobre 2022

Argentina, 1985 - Santiago Mitre

per caso la giustizia civile deve decidere sui crimini della giunta argentina dal 1976.

una lotta contro il tempo per poter tenere il processo del secolo.

e la squadra scelta dal giudice Strassera (il sempre bravo Ricardo Darín) ci riesce.

un film che insegna che anche i piccoli possono giudicare i giganti del crimine istituzionale, e vincere.

una corsa verso la giustizia, sempre sotto la minaccia dei sicari.

da non perdere, non ve ne pentirete.

buona (entusiasmante) visione - Ismaele

 

 

 

Coadiuvato dalla elegante regia di Santiago Mitre, sul cui talento non vi è dubbio alcuno, Argentina, 1985 è dunque meno film d’autore e più un’opera divulgativa, dai fini nobili ma apertamente popolari, per il grande pubblico, insomma, cosa che porta inevitabilmente a ragionare sulle sue finalità commerciali. Perché se lo spettatore può provare un certo disagio nell’accorgersi di essere di fronte a una commedia grottesca sul post dittatura in Argentina, e di conseguenza di ridere frequentemente, non è da biasimare: Argentina, 1985 è un buon prodotto, certo, ed è un prodotto Amazon. Resta da augurarsi che il grande pubblico intercetti il film nel mare magnum della programmazione di questa piattaforma.

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Argentina, 1985 es, finalmente, una oda a todos aquellos individuos que trabajaron y trabajan incansablemente para traer justicia a un país tremendamente castigado por la dictadura militar. A día de hoy, miles y miles de personas permanecen desaparecidas. Como declara el fiscal Strassera en su alegato final: “Señores jueces: “Nunca más”.”

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Il film è cauto nella sua costruzione, abbracciando il più tradizionale degli approcci nel condurci attraverso le fasi del processo, dalla ricerca delle prove, passando per le intimidazioni volte a intimorire l’accusa, fino al dibattimento in aula. La sua linearità non rende però meno accattivante Argentina, 1985, interessato non tanto a inscenare la battaglia legale fra le due parti a colpi di obiezioni, bensì a rivendicare quell’umanità che sotto il regime fu ripudiata. Un’umanità totalmente assente anche sui volti degli imputati; comandanti perennemente silenti sullo schermo, se non per dichiarare che non riconoscono la legittimità della Corte che li giudicherà. Mescolando finzione e intento documentaristico, il regista lascia che siano le azioni compiute sotto di loro a parlare, dando voce piuttosto alle testimonianze delle vittime di torture e ai familiari dei desaparecidos che troppo a lungo rimasero inascoltati.

Argentina, 1985 non è tuttavia consumato dal mero intento di ammonire e commuovere il pubblico, lasciando ampio spazio ai sorrisi. Si ride, nel film, e spesso, grazie a momenti di leggerezza capaci di incrinare la cappa di tensione e peso emotivo che incombe sull’intera vicenda. La risata non come segno di sprezzo, ma come strumento indispensabile per esorcizzare la paura e i dubbi che attendono a ogni angolo i protagonisti, per allontanare questi ultimi da ogni alone idealizzante e ricordarci come a fare la storia furono semplici uomini e donne…

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Argentina, 1985 relata un hecho histórico muy dramático del que no se sale indemne, pero está contado de tal manera que no resulta traumático o insípido. Un metraje de 140 minutos cuyo ritmo no decae en ningún momento, más bien al contrario, aumenta y va tomando fuerza según avanza la trama.

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…Ma come in tutti i trattamenti comici di temi tragici e storicamente veri (il cui modello insuperato rimane Il grande dittatore) non può mancare l’accesso al discorso finale, che deve sciogliere e dirimere ogni potenziale equivocità. In questo caso è l’arringa finale di Strassera, rivolta ai giudici e rivolta anche a noi spettatori.

Questa arringa è limata fin nei dettagli, fatta ascoltare al figlio adolescente, che accompagna da vicino il padre per tutto il processo, per valutarne chiarezza ed impatto emotivo. E lì abbiamo passaggi notevoli, la citazione di Dante e dei violenti contro il prossimo del settimo cerchio dell’Inferno, immersi nel Flegetonte, fiume di sangue bollente, e poi il sadismo come “perversione e non come ideologia politica” e infine l’abisso in cui la dittatura ha portato una intera nazione  e la stessa natura umana. Questo abisso è una possibilità che appartiene all’umano e che solo con un agire politico “democratico” e “giusto” si può allontanare.

E allora l’ultima parola del giudice sarà la parola di tutti: “Signori giudici, vorrei rinunciare all’originalità nel chiudere quest’arringa. Perciò vorrei usare una frase non mia, poiché già appartiene a tutto il popolo argentino: Nunca Más!”.

E su questo “mai più” c’è un finale un po’ retorico, una scena di gioia collettiva in un tribunale accompagnata da una musica trionfante. Scena che non mette in questione la forza e l’originalità di un film, dove il comico diventa la chiave di accesso e di espressione migliore anche della tragicità della storia.

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La película es la posibilidad de construir una memoria colectiva. Y para que eso ocurra, hubo un guion bien elaborado y una escenografía capaz de hacernos viajar a una Capital Federal de 1985, al ritmo de los Abuelos de la Nada y Fito Páez. Cuando ingresamos a los asientos del tribunal, vemos a los personajes de Videla, Massera, Viola; y tenemos esa misma sensación de impotencia y esperanza por aquellos héroes/hombres comunes en forma de fiscales. Y un punto a favor -y gran recurso- fue la combinación con el material de archivo. Estos, lejos de rozar lo excesivo, aparecen en el momento indicado para aportar a la historia.

Como se dijo anteriormente, la familia era funcional al fiscal protagonista. ¿Por qué? Porque fueron un acompañamiento en todo el camino hacia el juicio final. Su esposa -en la piel de Alejandra Flechner– y sus hijos estaban al lado de su padre y marido en esos momentos de duda y temor por el qué pasará: ¿condenarán a los 9 miembros de la junta militar? Y con esto, el director se hizo cargo de que se trata de una ficción y no una biografía de Julio Strassera. Lo exquisito de poder hacer ficción es esa libertad para construir personajes que funcionen a los protagonistas, y así, que la narrativa del filme fluya.

Es muy complejo describir con palabras lo que genera el filme, y mucho más, lo que significa para el pueblo argentino. Esto es por la carga histórica que vemos en cada escena. Esta ficción es esa oportunidad para formar una memoria en conjunto para no cometer los mismos errores del pasado, y también para cuestionarnos qué es lo que pasa hoy y dejar atrás aquellos discursos que generan más violencia. Argentina, 1985 respeta nuestra historia y es poder seguir construyendo una democracia más justa, sin violencia, y en igualdad para toda la sociedad.

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Sia chiaro che le vicende raccontate in Argentina, 1985 mettono i brividi. Non tanto per la storia del processo legale, che dona al film di Santiago Mitre una tensione sempre crescente di chiara matrice thriller, ma per le testimonianze che, nel corso dei 140 minuti, verranno pronunciate nell’aula di tribunale descrivendo com’era la vita dei comuni cittadini durante gli anni più cupi della dittatura. Difficile non provare un brivido in questi racconti di torture, di persone scomparse e mai più ritrovate, di corruzione, di una generale mancanza di libertà e giustizia. E forse proprio per questo, la ricerca di Mitre nel selezionare accuratamente i confini di quanto scendere nei dettagli sottolinea il bisogno, quasi necessario, di ritrovare una luce nella tenebra. Perché nella notte più profonda anche il bagliore più leggero può sembrare un faro.

A questo perfetto equilibrio di scrittura si aggiunge un gustoso e mai fuori luogo leggero umorismo, che contamina i personaggi di sagacia e ironia, mai volgare e fuori luogo nonostante le tematiche affrontate. Ben lontano dal diventare una farsa, Argentina, 1985 umanizza le figure positive del racconto, mostrandone anche difetti e inciampi. Una scelta che esplode definitivamente in un campo e controcampo: da una parte i funerei, cupi e rigidi accusati che sembrano freddi umanoidi, dall’altra Strassera e il giovane avvocato aiutante Moreno Ocampo che si prendono gioco di loro, in tutto il loro spirito argentino.

Il risultato è un film che, nonostante i 140 minuti di durata, presenta un ritmo pressoché perfetto e particolarmente adatto al grande pubblico, anche quello distante dalla dimensione dei film più autoriali. Un elemento di concessione che fa spiccare il volo all’opera risultando, con il passare dei minuti, sempre più emozionante.

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Nel vedere un film come questo, viene innanzitutto spontaneo ammirare come un regista riesca a sfruttare così bene il potere e la forza del racconto cinematografico per far venire a capo, o quantomeno provarci, un intero paese con il suo difficile passato. E altrettanto spontaneamente viene anche da chiedersi come mai in Italia si faccia molta più fatica ad affrontare argomenti altrettanto scottanti con la stessa efficacia. Perché questo Argentina, 1985 è davvero tutto quello che un dramma politico o comunque un racconto di una storia vera dovrebbe fare: informare, far riflettere, emozionare. Il tutto riducendo al minimo la retorica e inserendo un minimo di leggerezza, ove possibile, per renderlo più naturale e godibile anche per il grande pubblico.

Perché storie del genere non solo hanno bisogno di essere raccontate e raccontate bene, ma soprattutto hanno bisogno di essere ascoltate e vissute. Proprio per questo è davvero difficile non immaginare un futuro davvero roseo per questo Argentina, 1985 e per il suo regista Santiago Mitre: è il cinema stesso, anche quello dei festival, ad averne bisogno.

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