venerdì 1 agosto 2025

Sette note in nero – Lucio Fulci

il film è ambientato a Siena (quella città ideale secondo Luigi Lo Cascio), ed è un mix di thriller, paranormale e visioni (del passato o del futuro, si vedrà).

il film non annoia un attimo, bravi gli attori, eccezionale la protagonista Jennifer O'Neill, un meccanismo a orologeria perfetto.

non perdetevelo, non ve ne pentirete.

buona (straordinaria) visione - Ismaele


 

QUI si può vedere il film

 

 

Forte di un ottimo gruppo di comprimari e di una sceneggiatura particolarmente ispirata, Fulci tenta qui di lasciare il giallo puro per avventurarsi (con successo) nei meandri della "parapsicologia". Il film, ambientato a Siena, si dipana su quello che appare come il flashback di un delitto avvenuto. Il regista ha classe da vendere e compone un perfetto meccanismo ad "incastro", anticipando di trent'anni la moda dello sviluppo a-temporale, tipico dei prodotti orientali.

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Un puzzle psichico che esprime con le immagini il marcio che si annida dietro il perbenismo borghese. Film pregevole in molti dettagli: la sinfonia musicale che prende vita come un vero e proprio personaggio, il capogiro di indizi che si affacciano attraverso visioni sulfuree, il volto austero e malinconico di Jennifer O'Neill. Mentre la regia di Fulci, che si destreggia tra le tappe di un viaggio extrasensoriale e femmineo, regala sequenze ancora oggi indimenticabili.

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Un Fulci del periodo migliore, capace di far quadrare senza sbavature l'aspetto paranormale - rappresentato dalle capacità di preveggenza della protagonista - e la soluzione razionale del caso. Nonostante qualche lentezza e un vero colpevole che, col senno dello spettatore di oggi, non è così difficile prevedere, il film mantiene viva l'attenzione per tutta la durata senza mai cedere a effettacci sanguinolenti o a parentesi erotiche, cosa piuttosto rara per un film di quegli anni. Discreta la prova del comparto maschile ma a troneggiare è la raffinata e sensuale eleganza della O'Neill.

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Uno dei migliori thrillers mai realizzati in Italia. Mette paura e ti tiene inchiodato alla sedia fino all'ultimo, senza troppo spargimento di sangue. Bello sotto tutti i punti di vista. IMPERDIBILE per chi ama il genere

Uno di quei films che ti tengono inchiodato alla sedia fino alla fine e che contengono immagini e melodie che, dopo averlo visto, non riuscirai più a toglierti dalla testa. Un film che mette davvero paura pur senza troppo spargimento di sangue. La tensione psicologica è agghiacciante, l'ambientazione toscana è perfetta, gli attori azzecatissimi, il ritmo calzante nella sua lentezza. Uno dei migliori e più paurosi gialli all'italiana della storia..secondo solo a Profondo Rosso sotto alcuni punti di vista. Decisamente imperdibile per chi ama il genere. Grandissimo Fulci.

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Lo reputo il migliore tra tutti i films di Fulci. Si colloca a  metà tra un Dario Argento prima maniera e il Pupi Avanti  della "Casa dalle finestre che ridono" : esistono infatti degli omicidi che scaturiscono da un segreto celato in una casa ( se vi ricorda  Dario Argento in Profondo Rosso avete indovinato) e una borghesia di provincia descritta nella  sua apparentemente tranquilla e annoiata esistenza ma che sotto la  superficie nasconde, invece, un mondo "disturbato" e inquietante ( e qui il riferimento è senz'altro all'opera di Pupi Avati). Sarebbe tuttavia un errore pensare ad un semplice rimando ad altri autori poiché il sottovalutato regista ha sempre avuto una sua personalissima tecnica descrittiva e di analisi, in particolare nelle scene  di sangue, prediligendo mostrare omicidi e delitti , ma direi la Morte più in generale, nella sua cruda e brutale pienezza,  metaforicamente sotto la lente di ingrandimento evidenziandone quasi i dettagli e, dal punto di vista tecnico,  senza stacchi di camera o allusioni e illusioni visive.  La trama scorre fluida e avvincente, la fotografia sempre colorata e brillante,  le inquadrature agghiaccianti  e stridenti. Il regista, del resto, già aveva dato prova della sua maestrìa in altre eccellenti pellicole del medesimo filone come "Una sull'altra"   e "Non si sevizia un paperino". Il finale (che rivela anche il significato del titolo) è talmente magistrale  che dimostra come l'approdo  di Fulci al giallo/thriller e successivamente all'horror  (dopo avere esplorato praticamente tutti i generi,  dal western al comico alla commedia) sia una sorta di traguardo finale, frutto di un percorso registico che vede in  questi generi (e non in altri) la migliore modalità possibile di esaltare la propria cifra stilistica. Da vedere.

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Fulci ritorna al giallo con un'altra pellicola originale e riuscita, fuori dagli schemi precostruiti del genere, creando allo stesso tempo uno dei migliori prodotti del suddetto. L'onirismo è di nuovo presente. Lo svolgimento per quanto complesso è originale e calcolato fin nel più piccolo dettaglio concludendosi con un colpo di scena shockante impossibile da prevedere che rimette in dubbio quanto visto prima. Memorabile.

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Visivamente elegantissimo – lo storico direttore della fotografia di Fulci, Sergio Salvati, raggiunge qui uno dei suoi risultati migliori – ma anche insolitamente felice in un cast ottimamente assemblato (che vede coinvolti i nomi di Gianni Garko, Marc Porel e Gabriele Ferzetti), Sette note in nero sta a ricordarci come la (a volte troppo) generica rivalutazione degli anni ‘70 italiani, la spesso interessata e poco consapevole rincorsa odierna a tutto ciò che è genere e cinema popolare, trovino a volte, nei prodotti dell’epoca, una giustificazione solida. Il film di Lucio Fulci è a tutti gli effetti opera d’autore, girata con una consapevolezza del mezzo, e delle sue potenzialità, sconosciuta a gran parte dei registi d’epoca e odierni. Riconoscerne, ancora una vota, il valore, significa anche fare chiarezza e saper discernere, in un panorama complesso e vario (anche qualitativamente) come quello dell’italico cinema di genere del periodo.

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La riscoperta della serie B italiana è stata un vezzo degli ultimi vent’anni di critica. Talvolta si è rivalutato solo sotto il profilo del costume, talvolta per il gusto dell’eccentrico, talvolta totalmente fuori luogo, talvolta si è riscoperto davvero qualche bel film. Qualche volta capita anche di riscoprire un film enorme, che di serie B non ha davvero quasi nulla. E’ il caso di Sette note in nero (1977) di Lucio Fulci, ripubblicato adesso da Sinister Film e CG Home Video; in realtà il film non è un totale sconosciuto, e più o meno era considerato un classico del thriller all’italiana già prima dell’ondata di rivalutazione compiuta sul genere lungo tutti gli anni Novanta. A suo tempo era già stato indicato come un prodotto più elegante della media dei film di genere realizzati da Lucio Fulci, sorretto da una vera sceneggiatura e da un gran lavoro di sottrazione sulla messinscena. Ma rivederlo oggi ci dà una scossa ulteriore.
Il film di Fulci non è solo un dignitoso thriller industriale; è una vera lezione di cinema, che della serie B conserva solo qualche incrinatura di servizio, ovvero qualche residuo di sbadataggine narrativa che evidentemente, nel grande sforzo di rendersi adulti, non si è stati comunque capaci di evitare, forse perché l’intreccio è intricatissimo ed enormemente più elaborato (pure troppo) della media fulciana…

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Le visioni, frammentate e sovrapposte, provocano incomprensioni temporali tra quello che è accaduto e quello che dovrà accadere (antesignane, ad esempio, de La zona morta di Stephen King, messa su pellicola da David Cronenberg nel 1982), portando a costanti capovolgimenti delle certezze attraverso una costruzione esemplare della tensione filmica. Ultima grande fermata prima dello sbarco nell’orrore puro, Fulci limita al massimo gli eccessi estetici in Sette note in nero, anche se non mancano i soliti movimenti fulminei della macchina da presa, con una ricerca spasmodica di primi e primissimi piani e dei dettagli delle precognizioni di Virginia….

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