sabato 9 agosto 2025

La voglia matta – Luciano Salce

un affermato ingegnere (Antonio, interpretato da Ugo Tognazzi) impazzisce per Francesca (interpretata da Catherine Spaak), lui non è più gipvane e finisce in un gruppo di giovani che lo prendono per culo, in dramma è che se ne accorge, ma non riesce a lasciare la banda di giovani, a causa della sua voglia matta.

è un film inquietante, fa soffrire il gap generazionale e inquieta il rapporto con Francesca, che qualcuno definisce come un caso di pedofilia (a un certo punto Antonio cita i matrimoni con ragazze di 14 anni).

Ugo Tognazzi è perfetto per la sua parte, inadeguato a gestire la situazione in cui si trova, disprezza quei giovani ma non si allontana, Francesca è una calamita (ma anche una calamità), senza pietà.

insomma, un film che non fa ridere, se non con crudeltà, di commedia c'è poco, di tragedia molto di più.

non perdetelo, un film che resterà, grazie a un regista sottovalutato e a interpreti in stato di grazia.

buona (crudele) visione - Ismaele



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Salce dirige un gran bel film con un ottimo Tognazzi, ingegnere quarantenne, che si invaghisce di una sedicenne Catherine Spaak. Comico ma anche amaro nel suo tono malinconico, vagamente nostalgico, col protagonista costretto a constare la sua "vecchiaia", ovvero la distanza incolmabile tra sé e il suo mondo rispetto alla giovinetta oggetto del suo desiderio e il suo circoletto di amici.

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probabilmente il miglior film di Salce assieme a Il federale dove alla commedia di costume si aggiunge anche una robusta dose di malinconia, di inquietudine per qualcosa che avrebbe potuto dare una scossa alla vita dell'ingegnere quarantenne e invece non è successo nulla. La performance di Tognazzi è veramente di alto livello, il suo cercare di adeguarsi ad un a eta' che non è la sua è da commedia nobile, come la sua inadeguatezza di cui non è conscio e il suo tira e molla con la lolita Spaak è il sale che dà vita a questo bel film. Sicuramente i compagni della lolita sono piu' insopportabili di cacche sotto le scarpe ,ma si sa quando l'ormone si scatena, si fa di tutto....Probabilmente sottovalutato...

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Colpisce, rivedendo il film oggi, come il regista abbia anticipato il vuoto esistenziale di una borghesia annoiata, sazia del proprio benessere e fondamentalmente priva di valori. Ed è la stessa figura del protagonista, protesa al disperato inseguimento della gioventù perduta a risultare di straordinaria attualità. La vicenda si svolge tutta in un giorno e in una notte in una casa sulla spiaggia nelle vicinanze di Roma, dove i giovani festeggiano l’ultimo week-end dell’estate. e dove l’ingegnere milanese li segue per mettere in atto i suoi goffi tentativi di corteggiamento. Siamo nel pieno del boom economico; è in atto la trasformazione definitiva dell’Italia da paese rurale a nazione industriale. Salce è uno dei primi autori che si sofferma ad analizzare la generazione dei giovani degli anni ’60, sottolineandone l’edonismo e l’egoismo, oltre che un rifiuto preconcetto per ogni forma di cultura (“Mussolini chi, il padre del pianista?”). Inoltre utilizza alcuni espedienti stilistici per organizzare la narrazione: il flusso interiore del protagonista viene descritto attraverso il dialogo con un alter ego che svolge la funzione di coscienza morale, per lo più inascoltata, e i flash back, in cui rappresenta i sogni del protagonista.
Ugo Tognazzi rende il suo personaggio irresistibile: l’ingegnere rampante e sicuro di sé, passa dalla prosopopea esibita nell’incipit durante la rappresentazione del Giulio Cesare al teatro romano di Ostia Antica (“la donna deve essere messa in orizzontale”), alla totale umiliazione in riva al lungomare di Sabaudia. C’è molto cinismo in questi giovani che ordiscono una serie di scherzi impietosi ai danni dell’ignaro ingegnere tutto preso dai suoi goffi tentativi di corteggiamento. L’atmosfera goliardica e festaiola lentamente s’incupisce, le luci dell’estate fanno posto alle ombre dell’autunno; un cielo grigio e le canzoni di Gino Paoli 
accompagnano l’amara malinconia che permea la narrazione filmica. Dietro la maschera comica, il protagonista fa trasparire bagliori di un vissuto caratterizzato dal rimorso e dal senso di colpa (l’assassinio di un soldato inglese nella campagna d’Africa, la separazione dalla moglie, il figlio depositato in collegio), che si riflettono nell’ insicurezza sul proprio corpo di fronte alla prestanza fisica dei giovanotti che lo circondano, su tutti il rivale in amore Piero (Gianni Garko).D’altro canto, anche Catherine Spaak, che si muove come una Lolita kubrickiana, comunica un senso di vuoto e di spaesamento collegato dalla rottura dei rapporti con le figure autorevoli e significative affettivamente (i genitori, lo spasimante ricco). Sembra di cogliere in alcuni tratti dei due protagonisti elementi autobiografici del regista, un padre immaturo e una madre giovane che abbandona…

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Per raccontare il mondo interiore di un uomo all’alba dei suoi quarant’anni, a cavallo tra l’essere un eterno Peter Pan ma anche quello che oggi sarebbe definito come boomer, Luciano Salce approccia in modo tanto naturale quanto riflessivo il tema della pedofilia. Si, perché alla fine è di questo che tratta La voglia matta. Il crescente e indomabile impulso erotico di un uomo di trentanove anni nei confronti di una quindicenne che, sia nei modi di fare che in quelli di ragionare, è poco più di una bambina. E Antonio, il protagonista della vicenda, non solo si ritrova inaspettatamente attratto da quella “bambina”, nel corso del film fa anche sua l’idea di poterla sposare per farla diventare sua moglie (a tal proposito, irresistibile la proiezione di Antonio quando immagina come potrebbe essere la sua vita se sposato con Francesca)…

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Bel lavoro di Salce. Il protagonista della sua storia potrebbe essere chiunque di noi, maturo uomo di successo nella vita professionale, ma un poveretto in quella umana e sentimentale,perde la testa per una ragazzina che finge di cedergli, ma in realtà non se lo fila proprio, anzi sfrutta il suo potere seduttivo per canzonarlo e metterlo alla berlina in diverse situazioni e quindi farlo diventare lo zimbello del gruppo di amici vacanzieri, in cui lui per caso s'imbatte. Geniale la trovata di far sentire con voce fuori campo i pensieri di un Tognazzi brillantissimo, che vanno al rovescio rispetto alle sue azioni.Ne viene fuori il ritratto di un individuo meschino, egoista, narcisista e patetico e quanti lo diventerebbero di fronte alle lusinghe di una graziosa civettuola diciasettenne. I dialoghi sono intelligenti e rivelano anche lo spirito degli adolescenti dell'epoca, dal carattere apatico, volubile e antipaticamente goliardico, passivi si lasciano vivere senza grandi slanci. Da vedere per chi non l'ha fatto.

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Salce, al massimo dell'ispirazione, realizza una bellissima commedia di costume assolutamente intelligente e spiritosa, che riesce abilmente a mescolare cattiveria e cinismo con sentimento e delicatezza. Salce mette alla berlina la borghesia, le nuove generazioni del boom economico nate sotto l'insegna del consumismo sfrenato e il rapporto tra due diverse generazioni. Tognazzi, che ormai si sta lasciando alle spalle i perlopiù mediocri ruoli comici degli esordi, ci regala qui un'interpretazione intensa e profonda. La Spaak, nel ruolo di un'adolescente immatura e superficiale, non gli è da meno.

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Grandissima pellicola di Salce, anche se definirla commedia è forse un po' riduttivo, o comunque non riesce a delineare bene lo spirito del film, velato di una forte amarezza che il regista sa dosare e alternare a scene invece comiche nel senso più puro del termine.
Tognazzi ci dona un'interpretazione incredibile nella sua apparente semplicità. Antonio Berlinghieri, uomo di mezz'età perde la testa per una sedicenne (una Catharine Spaak quanto mai meravigliosa e maliziosa); i tentativi di conquista da parte dell'ingegnere sono un buco nell'acqua, a testimonianza di come le ultime illusioni di gioventù svaniscano, e alla fine resti solo tanta amarezza e tanta nostalgia dei tempi passati..
I momenti comici di sicuro non mancano, d'altra parte con Tognazzi come protagonista le risate di certo non possono mancare, però a mio avviso questa profonda amarezza e senso nostalgia di fondo rende il film molto più profondo e intelligente, ma lascia lo spettatore con un profondo senso di tristezza, facendo malinconicamente riflettere su come la gioventù debba terminare per ognuno di noi.

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Luciano Salce, oltre che attore brillante e simpatico era anche un geniale regista.  Questo  filmetto, che sembra poca cosa, è invece una intelligente, ironica  e feroce sferzata alla "middle class" degli anni sessanta, mediocre, presuntuosa e arrogante. Ingegnere maturo, s'invaghisce per una ragazzina incontrata casualmente, da lui soccorsa perchè rimasta senza benzina in una località balneare. Per una intera giornata e una notte, vivrà una vera e propria odissea, lei lo stuzzica, poi l'allontana , poi lo illude  , in un' altalena capricciosa di atteggiamenti e comportamenti ,imprevedibili e contradditori.Non si concede mai, ma nemmeno lo rifiuta completamente e in balia di questa  insana passione, meschino e pavido,  viene messo continuamente in  ridicolo dalla maliziosa, Catherine Spaak,e dai suoi amici, giovani annoiati e cinici, che  lo fanno diventare  lo zimbello del gruppo. Lezione di vita immensa, il tempo scorre e sentirsi giovani non significa esserlo per davvero. Il richiamo dei sensi molte volte è forte, ma bisogna saperlo gestire. Certo nessuno si può erigere a maestro e quello che succede al nostro protagonista, può capitare a ciascuno di noi, tuttavia è necessario conservare un briciolo di dignità  se  si  ha un pò di amor proprio e si  vuole il rispetto degli altri.

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   La voglia matta di Salce è quella di raccontare un’epoca, una generazione, attraverso una commedia agrodolce, in cui i protagonisti sono perfetti, la musica che accompagna lo spettatore pizzica le note giuste e, mentre riecheggia “Sassi che il mare ha consumato/sono le parole d’amore per te/ogni parola che diciamo è stata detta mille volte/ogni attimo che viviamo è stato vissuto mille volte”, noi, un po’ spaesati come Antonio, completamente in balia di lei ma un po’ ammaliatori, alla fine del film non possiamo far altro che dire: “che rabbia, l’estate è finita”.

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Il vero capolavoro di Salce, un film che riesce a raccontare la crisi dei quarantenni con una leggerezza e un tono ironico davvero invidiabili eppure alla fine questo film divertente e spesso irresistibile (memorabile la "gara di fisicità" dei ragazzi dove partecipa un Antonio indomito e ovviamente patetico) mette l'amaro in bocca: la consapevolezza del tempo che passa, il "gusto" di riappropriarsi di un codice giovanile che per il protagonista (un immenso Ugo Tognazzi) è fuori tempo massimo, il disagio davanti alla spensieratezza e all'audacia di quei giovani belli e felici, diventa uno dei ritratti maschili più impetuosi del cinema italiano.
Bravi tutti i comprimari, a cui Salce "impone" la goliardia del classico teen-movie: la "distanza" tra loro e Antonio è inarrivabile proprio per questo.
Semplicemente stupenda la diciassettenne Catherine Spaak: bella da togliere il respiro a chiunque.

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In un weekend di fine estate, un industriale milanese di mezza età cerca inutilmente di mescolarsi a un gruppo di ragazzotti viziati per abbordare una sedicenne e si infila in un perverso meccanismo di coazione a ripetere. Quasi un rovesciamento del coevo Il sorpasso: un on the road dove sono i giovani a essere strafottenti e irresponsabili, mentre l’adulto è un matusa (così si diceva allora) pateticamente illuso di essere ancora come loro; e anche i soliloqui di Tognazzi, come quelli di Trintignant, rivelano la distanza fra i suoi pensieri e le sue azioni. La sequenza iniziale e una serie di fulminei flashback e flashforward illustrano la vita di lui: una mantenuta a Roma, un figlioletto depositato in collegio dalle suore, un branco di leccapiedi che ridono alle sue barzellette stupide. Viceversa i ragazzotti sono appiattiti su un presente che credono eterno: passano i giorni a non fare nulla, imbastiscono flirt per vincere la noia, tirano gli schiaffi ogni volta che aprono bocca. Due mondi che si ignorano, pur condividendo momentaneamente gli stessi spazi: alla fine nessuno è maturato, nessuno ha imparato nulla, ognuno va per la sua strada. Un film divertente e al tempo stesso amaro, come sapeva essere la commedia italiana dei suoi anni d’oro.

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"La voglia matta" diretto nel
1962 da Luciano Salce,devo dire che l'ho
trovato strepitoso.

La storia tratta che l'ingegnere milanese
Antonio Berlinghieri fa un viaggio per andare
a trovare il figlio in collegio per il fine settimana.

Però lungo il percorso incontra un gruppo
di ragazzi diretti al mare,che inizialmente
lo bersagliano con i loro scherzi per poi
fare amicizia e passare insieme la domenica.

Antonio accetta ma finisce per invaghirsi della
sedicenne Francesca.

Siamo in pieno filone "Commedia all'Italiana"
dove Luciano Salce era un maestro e
Ugo Tognazzi un eccellente protagonista,
che con una sceneggiatura ben costruita
scritta dallo stesso regista e da
Castellano e Pipolo in forma smagliante,
e prendono la storia da una novella
di Enrico La Stella chiamata:
"Una ragazza di nome Francesca".

La Francesca è la sensualissima
e intrigante Catherine Spaak,
che provoca l'ingegnere fino
a che lo fa capitolare,
ma sempre in un modo sbarazzino
e poco serio con continui scherzi.

Salce con questa Commedia vuole descrivere
la gioventù spensierata degli anni '60
e lo fa in un modo godibile e nello stesso
cattivo,ma che fa vedere le tracce sincere
dell'aria dell'Italia di quel tempo.

Ma contempo racconta la crisi di mezza età
di una persona che la gioventù la smarrita
e cerca di riacquistarla grazie a questa
sedicenne tutta pepe,che all'inizio
fa venire i problemi di coscienza
all'ingegnere,anche per la differenza
d'eta,per poi buttarsi.

E lo fa con continui flashback che ci fanno
vedere cosa gli è successo in passato,
con siparietti efficaci davvero divertenti.

Nel Cast figurano Gianni Garko,
un giovane Jimmy Fontana,
Star dell'epoca,ed in una particina
il mitico "portafortuna" Jimmi il fenomeno
e un cameo dello stesso regista.

In conclusione un grande Film
che in Italia non se fanno più,
con una creatività gigantesca,
nonostante il risicato Budget,
e la parte del leone l'ha
fa uno straordinario Ugo Tognazzi,
e che finisce in un modo malinconico,
dove l'estate chiude e gli affetti
se ne vanno con tutto il resto.

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