lunedì 4 agosto 2025

Il piccolo Archimede – Gianni Amelio

una storia che capita sempre di meno, i bambini poveri hanno sempre meno occasioni di emergere, nonostante il dettato dell'articolo 34  Costituzione italiana.

Guido è un bambino che vive come un animaletto in campagna, fino a quando un riccone inglese non inizia a capire che quel bambino capisce tutto e in fretta.

Laura Betti sembra uscire da Novecento di Bernardo Bertolucci, una padrona di servi, come nel medioevo.

un gran bel film, che entusiasma e poi fa soffrire, da non perdere.

buona (geniale) visione - Ismaele

 

 

QUI si può vedere il film completo, su Raiplay

 

  

Quando la Rai ancora non produceva palate di imbarazzanti fiction tutte urla e sussurri ecco che dal suo cilindro potevano uscire piccole perle come questa. Un film tenero ma molto amaro, una profonda riflessione sul mondo dell'infanzia e sullo sfruttamento dei cosiddetti bambini prodigio. Gianni Amelio ancora non era famoso, eppure era già capace di creare pellicole intense, peraltro senza grandi mezzi a disposizione. Ottimi John Steiner e Laura Betti. Fotografia toccante e malinconica. Film poco conosciuto che meriterebbe una rivalutazione. Assolutamente da vedere.

da qui

 

Guido è considerato dall’adulto una specie di proiezione di sè, uno strumento su cui applicare la propria idea di mondo, sia essa illuminata e rinascimentale come quella di Alfred, sia essa “medievale” come quella della signora Biondi. Guido è di fatto sradicato dalla propria terra e tolto dalla convivenza con i propri pari. In tal senso è significativa l’amicizia che si instaura tra Guido e Robin nella prima parte del film. I due si trovano benissimo tra loro, indipendentemente dal quoziente di intelligenza. Giocano, si divertono, scherzano insieme. Quando Alfred inizia a “educare” Guido, stabilendo un rapporto privilegiato con il bambino, non solo costringe alla solitudine il proprio figlio, ma, di fatto, crea le condizioni di disagio anche nel piccolo genio. Quando poi gli promette di far ritorno dal suo viaggio dopo quattro settimane e invece rimane assente per molti giorni in più, in Guido scatta la molla dell’abbandono e il desiderio di togliersi di mezzo da una vita nella quale ha capito che sarà solo uno strumento in mano altrui.

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Guido, ragazzo di campagna analfabeta, ha una propensione naturale per arte e musica: se ne "contendono" le doti uno studioso d'arte inglese e una vecchia attrice. Delicato gioiello di Amelio, prodotto dalla Rai "sperimentale", tocca uno dei temi fondamentali del suo cinema: la complessità dei rapporti adulto-bambino, con l'egoismo "culturale" dei primi che, idealizzandoli, incide impietosamente sulla fragilità "naturale" dei secondi, innescando la tragedia. Paesaggi toscani elegiaci, dialoghi all'osso, una Laura Betti intensa e terribile come in Teorema.

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Si parte da un concetto preso alla lontana che è quello de Il Ragazzo Selvaggio, e che la civiltà lo porta  a sicura morte; qui siamo nei pressi di un’intelligenza naturale che si sta aprendo inconsapevolmente al mondo e che solo l’incontro con una sensibilità particolare può  sbocciare, mentre si ritrae e si autodistruggi davanti alla cupidigia ed allo sfruttamento, non solo economico, ma  affettivo ed egoistico. Una storia che ha un suo fascino più che discreto, pur nell’ambito di un racconto asciutto, ma che riesce ad emozionare e a farci partecipi   in un’atmosfera elegiaca che è la campagna toscana e che riesce a tramettere il messaggio che il regista, su sua sceneggiatura, ha voluto dare. Amelio fin dagli inizi ha sempre avuto un suo particolare tocco nel raccontare le sue storie, che è poi  la sua traccia naturale che lo accompagna sempre in ogni sua opera; qui l’essenzialità e la concentrazione  della storia, riescono ad arrivarci al cuore ed emozionarci, fra i pochi stralci di parole ed immagini che mai hanno un senso moralistico e ricattatorio.

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