una storia che capita sempre di meno, i bambini poveri hanno sempre meno occasioni di emergere, nonostante il dettato dell'articolo 34 Costituzione italiana.
Guido è un bambino che vive come un animaletto in campagna, fino a quando un riccone inglese non inizia a capire che quel bambino capisce tutto e in fretta.
Laura Betti sembra uscire da Novecento di Bernardo Bertolucci, una padrona di servi, come nel medioevo.
un gran bel film, che entusiasma e poi fa soffrire, da non perdere.
buona (geniale) visione - Ismaele
QUI si può vedere il film completo, su Raiplay
Quando la Rai ancora non produceva palate
di imbarazzanti fiction tutte urla e sussurri ecco che dal suo cilindro
potevano uscire piccole perle come questa. Un film tenero ma molto amaro, una
profonda riflessione sul mondo dell'infanzia e sullo sfruttamento dei
cosiddetti bambini prodigio. Gianni Amelio ancora non era famoso, eppure era
già capace di creare pellicole intense, peraltro senza grandi mezzi a
disposizione. Ottimi John Steiner e Laura Betti. Fotografia toccante e
malinconica. Film poco conosciuto che meriterebbe una rivalutazione.
Assolutamente da vedere.
…Guido è considerato
dall’adulto una specie di proiezione di sè, uno strumento su cui applicare la
propria idea di mondo, sia essa illuminata e rinascimentale come quella di
Alfred, sia essa “medievale” come quella della signora Biondi. Guido è di fatto
sradicato dalla propria terra e tolto dalla convivenza con i propri pari. In
tal senso è significativa l’amicizia che si instaura tra Guido e Robin nella prima parte del film. I due si
trovano benissimo tra loro, indipendentemente dal quoziente di intelligenza.
Giocano, si divertono, scherzano insieme. Quando Alfred inizia a “educare” Guido, stabilendo un rapporto
privilegiato con il bambino, non solo costringe alla solitudine il proprio
figlio, ma, di fatto, crea le condizioni di disagio anche nel piccolo genio.
Quando poi gli promette di far ritorno dal suo viaggio dopo quattro settimane e
invece rimane assente per molti giorni in più, in Guido scatta la molla dell’abbandono e il desiderio di togliersi di mezzo da una vita nella
quale ha capito che sarà solo uno strumento in mano altrui.
Guido, ragazzo di campagna analfabeta, ha una propensione
naturale per arte e musica: se ne "contendono" le doti uno studioso
d'arte inglese e una vecchia attrice. Delicato gioiello di Amelio, prodotto
dalla Rai "sperimentale", tocca uno dei temi fondamentali del suo
cinema: la complessità dei rapporti adulto-bambino, con l'egoismo
"culturale" dei primi che, idealizzandoli, incide impietosamente
sulla fragilità "naturale" dei secondi, innescando la tragedia.
Paesaggi toscani elegiaci, dialoghi all'osso, una Laura Betti intensa e
terribile come in Teorema.
…Si parte da un concetto preso alla
lontana che è quello de Il Ragazzo Selvaggio, e che la civiltà lo porta a
sicura morte; qui siamo nei pressi di un’intelligenza naturale che si sta
aprendo inconsapevolmente al mondo e che solo l’incontro con una sensibilità
particolare può sbocciare, mentre si ritrae e si autodistruggi davanti
alla cupidigia ed allo sfruttamento, non solo economico, ma affettivo ed
egoistico. Una storia che ha un suo fascino più che discreto, pur nell’ambito
di un racconto asciutto, ma che riesce ad emozionare e a farci
partecipi in un’atmosfera elegiaca che è la campagna toscana e che
riesce a tramettere il messaggio che il regista, su sua sceneggiatura, ha
voluto dare. Amelio fin dagli inizi ha sempre avuto un suo particolare tocco
nel raccontare le sue storie, che è poi la sua traccia naturale che lo
accompagna sempre in ogni sua opera; qui l’essenzialità e la
concentrazione della storia, riescono ad arrivarci al cuore ed
emozionarci, fra i pochi stralci di parole ed immagini che mai hanno un senso
moralistico e ricattatorio.
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