sabato 8 novembre 2025

Un semplice incidente - Jafar Panahi

arriva al cinema dopo aver vinto il festival di Cannes Un semplice incidente, di Jafar Panahi.

una piccola storia, il ritrovamento di un aguzzino delle prigioni iraniane da parte di un prigioniero e poi di altri compagni di galera.

gli ex prigionieri vogliono capire se è lui davvero e poi vendicarsi. 

si tratta di un piccolo film, girato con pochi mezzi, ma questo (ed è molto) è quello che Panahi riesce tirare su, come un film fatto in casa, senza grandi sforzi produttivi.

il rapporto risultato/mezzi è senza dubbio positivo, ma in assoluto il film non ha la profondità di altri suoi film, e forse i giudizi estremamente positivi in gran parte derivano da quanto Jafar Panahi ha dovuto subire a causa delle sue idee (è stato in prigione).

ciò non significa che il film non meriti la visione, anzi.

la parte finale è la più bella e inquietante, con il processo al torturatore (e i dilemmi morali dei torturati), e poi con i passi incisi per sempre nella mente di Vahid.

un film da non perdere, promesso.

buona (prigioniera) visione - Ismaele


  

…Come già accaduto in Taxi Teheran o No Bears, Panahi fa della semplicità un punto di forza. La messa in scena è scarna, ma ogni elemento — un’inquadratura fissa, un silenzio prolungato, un rumore fuori campo — ha un peso specifico. E se il film prende spunto da un’esperienza personale, Panahi evita l’autobiografismo diretto per costruire un racconto corale, in cui l’Iran contemporaneo è rappresentato attraverso una serie di volti e storie che si intrecciano nella precarietà della sopravvivenza.

Durante la conferenza stampa, Panahi ha parlato apertamente della propria detenzione nella famigerata prigione di Evin, raccontando condizioni di vita al limite dell’umano e interrogatori quotidiani. Ha spiegato come il film sia nato proprio da quella esperienza: «In un certo senso, non sono io ad aver fatto questo film. È la Repubblica Islamica che l’ha fatto, perché mi ha messo in carcere». E ha poi rivolto un pensiero ai colleghi e agli artisti che ancora oggi non possono lavorare: «Oggi sono qui con voi, ma dietro di me c’è un muro. E dietro quel muro ci sono ancora tanti altri che sono rimasti dentro».

Un simple accident è un film che parla di vendetta, giustizia, memoria e trauma, ma lo fa evitando la retorica. È un’opera che pone domande più che offrire risposte, e che racconta un Paese dove i confini tra vittima e carnefice si confondono, dove la verità è sempre filtrata dalla paura e dal dolore. Panahi firma così uno dei film più potenti e necessari della sua carriera: un’opera compatta, etica, politica, ma anche umanissima. E conferma ancora una volta la sua centralità in un cinema che resiste, anche quando tutto sembra spingerlo verso il silenzio.

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Un semplice incidente è un classico film di Jafar Panahi, in cui pervadono tematiche a lui care, in primis la denuncia politica e sociale contro il regime repressivo iraniano. Modesto e intelligente nella forma, con rari momenti velati di commedia on the road, il film pecca però nella sua esecuzione. Panahi è piuttosto cauto nell’esplorare il dramma vissuto dai suoi personaggi, e quasi sembra restare in superficie, senza approfondire ulteriormente. Il finale lascia presuporre che ci siano ancora questioni irrisolte, nonché cicatrici che difficilmente si rimargineranno. Ed questo è anche lo specchio di un Paese che lotta con tutte le sue forze per reagire contro la continua repressione del regime.

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Sebbene sia facile e non per forza inesatto leggere Un semplice incidente come una messa alla berlina del sistema vigente a Teheran, di cui come ben si sa Panahi è un severo oppositore – al punto da essere stato in più occasioni punito dalla legge – il film in realtà si articola come una disquisizione sul dovere morale di agire contro chi vessa, e sul significato dell’aggettivo spietato di fronte a chi tale lo è stato davvero, senza porsi chissà quali rovelli morali, e senza in alcun modo cercare di sfuggire alle griglie rigide del sistema. Quando Hamid accusa gli altri “cospiratori” (e quanta potenza anche ironica, sardonica, sarcastica, tragicamente divertente rilascia questa splendente opera) di non aver compreso come sia troppo semplice accusare un sistema senza cercare di comprendere come esso sia reso efficiente e possibile grazie alle individualità di chi vi lavora in modo inesausto ed efficace, Panahi non sta parlando dell’Iran attuale, ma della necessità di combattere il fascismo con la lotta come unico viatico per sperare di trovare una soluzione sulla quale, a scanso di equivoci, il cineasta è compiutamente pessimista. Scritto in punta di penna, con una qualità dello sviluppo della narrazione che sarebbe utile far studiare a molti giovani registi che si affidano alla facile coccola del ghiribizzo arthouse (si pensi alla sequenza in ospedale, per esempio), Un semplice incidente è un capolavoro contemporaneo, un lavoro di sublime pulizia intellettuale, cinematografica, politica, forse il parto artistico più compiuto e radicale del suo autore.

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Panahi abbraccia nuovamente il coraggio per creare un film che ci mostra le paure dei personaggi coinvolti. Paure ben radicate, concrete, tangibili che arrivano perfettamente allo spettatore. Il pubblico viene coinvolto e conosce le paure del popolo iraniano che, altrimenti non sarebbero comprensibili con documentari o articoli di giornale.

L’ironia mista a vendetta, la comicità mescolata alla compassione, la polvere, il sole, il buio e la luce. Tutto viene orchestrato ed equilibrato in un film che non si cura della mera cinematografia e che invece esalta il messaggio d’accusa con il semplice gioco di scambio di persona. Perchè per chi ha avuto paura le persone sono ancora importanti, sono quel singolare particolare rispetto al plurale numerico di chi invece incuteva timore.

I protagonisti, un cast eccezionale, non riescono ad essere inumani come i loro aguzzini nemmeno di fronte a quelle persone responsabili delle loro sofferenze e dei loro traumi.

Il ritmo calibrato, la sceneggiatura precisa, l’obiettivo del messaggio centrato in pieno e con quell’ironia leggera e allo stesso tempo potente rende “Un semplice incidente” un film molto importante e da vedere assolutamente.

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a partir de una situación que sucede en la segunda mitad, la historia se vuelve monótona, se pierde la sorpresa y el ingenio de la parte inicial. Pese a todo ello, la película no naufraga porque tiene un par me momentos dramáticos interesantes, pero hay un bajón en la tensión y el suspense y el sentido del humor de algunos personajes.
La película es de una gran factura técnica, tanto en la dirección de Panahi, como en el montaje y la fotografía, pero es una pena que el guion no sea redondo, sin ser malo, teniendo en cuenta el planteamiento inicial tan interesante con esa mezcla de géneros que funcionaba tan bien…

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