Incubo a quattro
dimensioni è un libro di racconti di J. G. Ballard.
alla fine si capisce che tutti, o quasi, sono agenti della mamma per controllare, condizionare e opprimere Beau (misteri della psicanalisi?).
Joaquin Phoenix è straripante, un fiume di paure e dubbi in piena, sempre in fuga, per riprendere fiato e provare a salvarsi.
ma lui è spacciato, salvarsi è impossibile, resistere è impossibile, il destino è implacabile, la salvezza è un miraggio.
tre ore sulle montagne russe, Ari Aster sembra incontenibile, di sicuro un film da non perdere.
un film per pochi, a leggere il numero di spettatori al cinema, ma voi guardatelo, e soffritene tutti.
buona (non pacifica) visione - Ismaele
PS: nel secondo episodio ho visto una citazione di Get out, chissà...
…a mio
parere siamo di fronte a un capolavoro, un'espressione di genio totale per
contenuti e immagini. Forse fra un po' di tempo, con una visione
"casalinga" dove potermi fermare a riflettere prima che nuove
immagini mi travolgano, mi concederò una seconda recensione.
A tutte i "?" di cui sopra ho le mie risposte, che ho quasi sempre
evitato per lasciare ad ognuno la propria interpretazione e soprattutto per
evitare spoiler.
Per quanto
mi riguarda, se avesse mantenuto la versione di 4 ore, che magari uscirà in
futuro, non me ne sarei lamentato. Qualche "taglio" per l'uscita al
cinema è stato comprensibilmente necessario.
Sì, penso proprio che aspetterò la "Director's cut" per la seconda
visione.
…Ari Aster gira un film
diversissimo dai suoi due precedenti, un'opera "alla Kaufman" (ma
anche alla Kafka), geniale e grottesca, che è una miscellanea incredibile di
generi, di atmosfere, di personaggi, di collassi temporali, di simboli.
Non raggiunge i livelli di Kaufman perchè nessuno può raggiungere i livelli
di Kaufman.
Non ha nè il suo genio nè la sua "pesantezza", intendendo con
pesantezza non quella che causa nello spettatore ma il peso specifico della
singola opera.
"Beau ha paura" fa collassare dentro di sè due capolavori come
Synechdoche New York e The Truman Show senza riuscire ad arrivare alle vette di
nessuno dei due ma avendo una sua notevole personalità, una sua urgenza di
raccontare qualcosa di importante, una sua forza.
E' sicuramente il film più complesso di Aster e, come accade sempre per i
film complessi, anche quello meno coeso, quello con più ferite scoperte dove
gettare il sale della critica.
Ad esempio Midsommar, opera quasi perfetta, riusciva anche a suggerire
straordinari ed importanti sottotesti (forse persino più dolorosi di Beau) in
una struttura al tempo stesso niente affatto banale e molto solida,
strutturata, granitica.
"Beau ha paura" sembra invece un film costruito della stessa
materia di una seduta dallo psichiatra, e per questo è "debole", e
per questo è "tante cose insieme", e per questo ha la volatilità di
un ricordo, di una riflessione, di un trauma, di un sogno.
E' un film dove è necessario rimettere insieme i pezzi, dove assistiamo
continuamente alla disgregazione del puzzle di una vita, quella di Beau, e al
disperato tentativo di ricostruirlo quel puzzle.
Ma è come se i pezzi ci siano stati rubati o l'immagine della scatola da
replicare non sia la nostra ma quella che qualcun altro ha disegnato per noi.
E la ladra dei pezzi o la perversa disegnatrice è nostra madre…
…a ben
guardare, pur volendo realizzare una commedia picaresca dai toni grotteschi e
parodici, Aster gira il suo film come se fosse un horror, perché, come dice il
titolo stesso e continuo a ripetere ossessivamente da quando ho iniziato a
scrivere il pezzo, è la paura l’emozione intorno a cui ruota tutta la
narrazione, la sua ragion d’essere. D’altronde, è un regista che, con i due
precedenti film, ha dimostrato di conoscere la grammatica del genere e di
poterla piegare a esigenze diverse, adattare, trasformare, inserendo elementi
assolutamente terrificanti dove meno ci si aspetta, anche in bella vista
all’interno della scena (Hereditary) o alla luce diretta del sole (Midsommar).
Qui lo
fa con uno spiazzante senso dell’umorismo, che partecipa a creare quella
sensazione di straniamento, quasi imbarazzo, che contraddistingue l’esistenza
di Beau, mediante movimenti di macchina inaspettati, inquadrature statiche e
insistite dalle quali a volte si vorrebbe distogliere lo sguardo, spazi
disseminati di elementi strani nel senso più genuino di weird, che
appaiono volutamente fuori luogo. Aster però non si impone una misura, e punta
al rialzo per cercare il coinvolgimento emotivo assoluto del pubblico…
hai scritto bene e, confermo, pochi al cinema ma tutti sconvolti. magari funzionerà col passaparola.
RispondiEliminamolti si spaventano anche per la durata
circa 50mila spettatori in 9 giorni, un po' meno di SuperMario...
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