mercoledì 31 maggio 2023

Je suis heureux que ma mère soit vivante - Claude Miller e Nathan Miller

alla sceneggiatura Emmanuel Carrère, che aveva scritto la storia da cui nasce il film.

una storia semplice, un ragazzino adottato cresce con ricordo della madre naturale, ci pensa sempre.

nella famiglia adottiva è amato, non gli manca niente, solo capire perchè la madre non l'ha voluto.

questa ricerca, questa tensione è lo scheletro del film.

Vincent (Vincent Rottiers lo interpreta benissimo) riesce poi a trovare la mamma, ma lui è rimasto il bambino di quattro anni che non ha mai capito perché.

un film che convince, promesso.

buona (adottiva) visione - Ismaele

 

 

 

Vincent ha 12 anni ed è consapevole di essere stato adottato all'età di 4 insieme al fratellino di due anni più giovane. Vorrebbe però sapere se la madre naturale era bella e inizia a ribellarsi ai genitori adottivi soprattutto dopo che a scuola un compagno ha diffuso la notizia del suo status. Lo ritroveremo a vent'anni quando, dopo aver creato più di un dispiacere soprattutto al padre adottivo, si mette alla ricerca della sua vera madre. Vuole capire perché lo ha abbandonato, vuole rendersi conto se per lei è stato davvero un peso di cui liberarsi.
Coppia decisamente interessante quella formato dai Miller padre e figlio. I due si uniscono per narrare senza concessioni a falsi buonismi la storia del bisogno di un ragazzo di ritrovare le proprie radici anche a costo di mettersi contro a chi gli ha dato tutto ciò che poteva, sia sul piano dell'affetto che su quello materiale.
C'è una scena, nella parte iniziale del film che si può considerare quasi simbolica: Vincent e il padre si tuffano in acqua e il ragazzino, dotato di tavoletta, fila via più veloce lasciando il padre indietro immerso non solo nell'acqua ma anche nella disperazione del non vederlo più.
È una condizione umana condivisa da molti figli adottivi quella di Vincent. Il bisogno di sapere prevale sulla consapevolezza del fatto che, quasi ineluttabilmente, si soffrirà e si farà soffrire.
I due Miller seguono il loro protagonista con lo sguardo partecipe di chi sa che l'orlo dell'abisso è prossimo ma con la consapevolezza che non può essere altrimenti. Vincent non può non cercare una risposta. Costi quel che costi.

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La trama, ispirata a una vicenda di cronaca reale, realizza pienamente le intenzioni dei suoi due registi ai quali spetta una lode per la sapiente scelta di attori, abili nell’interpretare dei ruoli non semplici con una straordinaria capacità espressiva. Molto bravo il protagonista Vincent Rottiers che appare, con i suoi sguardi in primo piano e con la sua sublime recitazione, perfettamente calato nel ruolo, risultando istintivo e privo di qualunque artificio, grazie anche a un montaggio che mette bene in mostra il livello emotivo inconscio del suo personaggio.

Una pellicola che colpisce per la sua bellezza estetica e per le implicazioni profondamente umane che Claude e Nathan Miller hanno saputo esprimere con grande maestria. Lo scroscio d’applausi che questa prima proiezione ha raccolto sembra essere la prova di un alto gradimento anche da parte del pubblico presente qui a Venezia.

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L’obsession et la rage se côtoient au cœur de ce personnage paumé qui ne trouvera paradoxalement que de la déception chez celle qu’il considère comme la plus belle des mamans. Alors que les flashback qui construisent le récit, mélangent les scènes de sa jeune enfance et de son adolescence aux moments présents de sa vie d’adulte, la tension, plus que palpable, monte d’un cran, voire deux. Thomas, instable, incapable de contrôler sa révolte, va jusqu’à involontairement conduire son père adoptif dans une maison de repos. Sur le borderline, son rapprochement vers sa vraie mère, une femme simple et immature, qui, quinze ans après, vit toujours dans le même état de pauvreté intellectuelle, le conduit vers davantage de tempêtes intérieures.
Portrait radical d’une société de misère, en proie aux cassures et déséquilibres mentaux, Je suis heureux que ma mère soit vivante sonde l’enfance et le déterminisme psychologique qui résulte de situations intolérables pour les mineurs. La séparation au moment le plus formateur dans la construction du garçon, devient ici générateur de crise jusqu’à l’acte désespéré de violence qui plane sur le métrage – le drame sanglant qui réparera le passé, tout en permettant à Thomas de fuir le présent…

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