esistono molti film che glorificano le immonde imprese dei conquistatori e dei colonizzatori, pochi quelli che mostrano le sofferenze dei colonizzati e dei resistenti.
questo è uno di questi, ambientato nell'Angola "portoghese", quando i combattenti della resistenza cominciavano a organizzarsi.
Domingos Xavier viene sequestrato e picchiato, Maria, la moglie (col bambino in braccio), lo cerca dappertutto, di galera in galera, una via crucis delle tante prigioni, come una madonna dei tempi della Resistenza.
gran film, da non perdere, restaurato di recente, col contributo di Martin Scorsese, cinema politico come pochi.
buona (eroica) visione - Ismaele
Based on The Real Life of Domingos
Xavier, a novella about a political prisoner’s brutalization during
the Angolan revolution, Sarah Maldoror’s Sambizanga is
a groundbreaking drama focused on the arduous struggle of Domingos’s wife
Maria, whom he has kept in the dark about his activism. After Domingos’s
kidnapping, Maria bravely searches for him on foot, with their baby on her
back, pressing on to preserve their family. The breadth of Maria’s emotions are
viscerally expressed by Cape Verdean economist and actor Elisa Andrade (who
also appeared in Maldoror’s 1969 short Monagambée, an
anti-colonial documentary filmed in Algiers). Together, Andrade and Maldoror
make Maria a symbol of the emerging consciousness of the Angolan people, and,
specifically, of women’s critical role in the revolution. Maldoror, who cowrote
the screenplay with her husband, Mário Pinto de Andrade, a prominent leader of
the People’s Movement for the Liberation of Angola, said of the film, “What I wanted
to show in Sambizanga is the aloneness
of a woman and the time it takes to march....” Winner of the Tanit d’or at the
1972 Carthage Film Festival.
Sambizanga ha
un’estetica sensuale, fatta di scene di vita quotidiana: la coppia formata da
Maria e Domingos, i lunghi viaggi a piedi di Maria nella polvere, la foschia
che sale dalla terra, il rapporto con il bambino portato sulla schiena e che a
ogni sosta a casa di amici viene accudito da altre donne.
A Sarah Maldoror verranno rimproverate la bellezza delle immagini e quella di
Elisa Andrade che interpreta il ruolo di Maria. Sarah si è sempre opposta a
questo tipo di critiche e ai luoghi comuni sugli africani (poveri, ignoranti e
affamati) che esse portano con sé. “Non mi interessa mostrare la povertà,
preferisco cercare la poesia”, aggiungeva. La maggior parte dei personaggi del
film è interpretata da militanti del Movimento Popolare per la liberazione
dell’Angola (MPLA) e ciascuno di loro si esprime nella propria lingua,
portoghese, lingala o kimbundu. È una scelta piuttosto audace, ma che
contribuisce al realismo del film: il corso di cucito che è anche una lezione
di politica, la trasmissione dei messaggi fino al carcere, la mobilitazione dei
militanti e dei giovani per identificare Domingos, o le riunioni perfino quando
si balla. Questo film è anche la storia di Maria e del suo risveglio politico.
Il suo continuo spostarsi è anche quello di Sarah e definisce le donne della
diaspora africana. Nel caso di Sarah, la complessità della sua situazione
personale era accentuata dalla relazione con il compagno Mário de Andrade, che
la clandestinità (era ricercato dall’Interpol) e la guida del movimento
politico MPLA e della CONCP (Conferenza delle organizzazioni nazionaliste delle
colonie portoghesi) costringevano ad assenze ricorrenti e a volte prolungate
dal domicilio familiare.
In un certo senso si può dire che il personaggio di Maria e la vita privata di
Sarah si intreccino. La coscienza politica; la lotta da sola con i suoi figli
(Maria va in giro con il bambino sulla schiena proprio come Henda e io abbiamo
sempre accompagnato nostra madre Sarah ovunque, mentre i figli di altri
dirigenti come Cabral e Boal erano tutti sistemati in un collegio, a Mosca o a
Bucarest); la morte del compagno per ragioni politiche; ma soprattutto la
perseveranza, il continuo avanzare malgrado gli ostacoli. Rimarrà con noi
l’ultima scena del film e il suo messaggio di speranza: “Coraggio, era nostro
amico, nostro compagno, è scomparso nella notte, non lo dimenticheremo mai…”.
Sambizanga,
oltre ad essere il titolo del film, è il nome di una zona di Luanda, capitale
dell’Angola, dove nacquero i movimenti politici che portarono poi alla Guerra
di indipendenza angolana con il Portogallo colonizzatore. Al centro della
narrazione le vicende di Domingos Xavier, "trattorista"
rivoluzionario e la compagna Maria che che si butterà alla strenua ricerca del
marito arrestato improvvisamente. Durante la quale imparerà a conoscere un
mondo fino ad allora estraneo, fatto di sofferenze, ma anche di solidarietà e
unità. Il film è l’affresco di un Angola che si appresta a combattere una delle
lotte più importanti della sua Storia e attraverso le vicende di Maria e
Domingos viene affrontato il processo di consapevolezza di un popolo che si
stava preparando a diventare Stato indipendente.
Tratto dal romanzo La vita vera di Domingos Xavier di Josè Luandino
Vieira che fu tradotto in francese da Mario De Andrade, primo presidente del
MPLA (Movimento Popolare per la Liberazione dell’Angola), nonché compagno di
vita della regista Sarah Moldoror, Sambizanga si
presenta anche come un film molto intimo e personale infatti, come sottolineato
dalla figlia Annouchka De Andrade, sembra che la vicenda di Maria e la vita di
Sarah si intreccino, “la coscienza politica; la lotta da sola con i suoi figli,
la morte del compagno per ragioni politiche; ma soprattutto la perseveranza, il
continuo avanzare malgrado gli ostacoli”.
Siamo di fronte ad un’opera sostanziosa e
importante sia da un punto di vista tematico che estetico, poiché in soli 96
minuti riflette alla perfezione le dinamiche che ruotavano attorno a quei duri
anni di cambiamento e sofferenze. Sarah Maldoror, prima donna di colore a fare
un film in Africa, ama e conosce profondamente i propri personaggi: disegna
momenti sereni e dolci prima dell’arrivo della tempesta, poi la macchina da
presa sembra volergli stare vicino nei momenti di necessità e allontanarsi in
quelli di dolore e sconforto, lasciare lo spazio necessario, per pudore e
rispetto. Altro elemento interessante è il commento sonoro, spesso composto
solamente da canto privo di musica strumentale che conferisce ancor più potenza
emotiva alla narrazione.
Sambizanga è
stato tacciato di eccessivo estetismo per la bellezza delle immagini e quella
della protagonista Elisa Andrade, ma Sarah Maldoror ha sempre respinto “questo
tipo di critiche e luoghi comuni sugli africani (poveri, ignoranti e affamati)”
ribadendo provocatoriamente: “Non mi interessa mostrare la povertà, preferisco
cercare la poesia”.
Se la dimensione poetica dell’autrice è uno
dei punti centrali del film secondo la figlia Annouchka, altro elemento non
trascurabile è l’aspetto militante reso concreto dalla collaborazione con il
Movimento, infatti gli attori che compaiono nella pellicola non sono
professionisti, ma membri del MPLA che si prestano a rimettere in scena la
realtà che vissero.
Un restauro lungo e complicato, a causa di
dispute legali il film è stato inaccessibile per circa un decennio, ma sotto la
supervisione della figlia Annouchka e del direttore della fotografia Claude
Agostini ha potuto rivedere la sala e il pubblico potrà godere di questo
importante documento storico e umano. Purtroppo Sarah Moldoror è scomparsa il
13 aprile 2020 a causa del Covid-19, ma siamo lieti di poter vedere e imparare
ancora dal suo cinema che è stato importante strumento di lotta.
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