Tre Film Al Giorno, Tre Libri Alla Settimana, Dei Dischi Di Grande Musica Faranno La Mia Felicità Fino Alla Mia Morte. (François Truffaut)
martedì 23 maggio 2023
Fuoco fatuo - Louis Malle
ispirato a un libro di Drieu La Rochelle, Alain (uno straordinario Maurice Ronet) è un (ex) alcolista in una qualche struttura di disintossicazione, ma non riesce a stare bene, la sua testa non si piega.
la cinepresa lo segue in ogni momento, prova a cercare gli amici e le donne della sua vita, cammina, gira, guarda il mondo, ma il suo stato mentale depresso e destinato al suicidio non cambia.
in quegli anni Louis Malle girava capolavori, uno dopo l'altro, e Fuoco fatuo non fa eccezione.
un film da vedere e rivedere, senza dubbio alcuno.
Fuoco fatuo è
molto di più di un bel film. Fa parte di quel ristretto gruppo di opere,
appassionanti e necessarie, che hanno illuminato il cinema di ogni tempo: da Il posto delle fragole di Bergman a Il grido di Antonioni, da Ordet di Dreyer a Andrej Rubliev di Tarkovskij. Opere che compiono
una discesa a picco nelle tenebre dell’animo umano, nell’unicità indelebile
della sua esperienza. Alain non è soltanto un alcolizzato, cioè una figura
sociale, ma è un uomo invaso dal proprio passato, un uomo che non vuole
abbandonare l’adolescenza, che si aggrappa con tutto se stesso ai suoi potenti
richiami. In lui c’è qualcosa di Drieu e anche qualcosa di Pavese e di Fitzgerald. Ma senza per questo essere
letterario. Fuoco fatuo è
infatti il film di un uomo colto che ha saputo rendere invisibile la cultura. E’ un film
immerso nei libri e tuttavia capace di fugarne ogni minima presenza. Il
suicidio, qui, non è un gesto occasionale ma un’ossessione, attraversa ogni
immagine, viene colto nella sua più profonda e obbligata esigenza “Non ci si
uccide per amore di una donna. Ci si uccide perché un amore, qualunque amore,
ci rivela nella nostra nudità, miseria, inermità, nulla” 1.
Se il film ci colpisce fin dalla
prima inquadratura, è perché la presenza della morte in un uomo riguarda tutti
noi. Soprattutto quando questa presenza viene detta – suggerita – con tanto
pudore: sofferto, tragico pudore. Ci commuove perché non viene mostrata per commuovere. Ci fa restare fermi – due
ore à bout de souffle –
perché non usa stratagemmi per fermare la
nostra attenzione. In questo senso Fuoco
fatuo è un capolavoro. E’ preciso nel mostrarci la confusione. E’
strenuamente controllato nel mostrarci quello che oltrepassa ogni controllo,
divorato dalla morte. E’ un film che disegna la cartina geografica dello
smarrimento. Per capolavoro intendo
un film in cui il rigore della forma si annoda a un patos che travolge ogni
forma e dilaga in noi. Un film che dà perimetro a ciò che è smisurato,
concentra in una manciata di minuti gli uragani, le tregue, le nascite, gli
ultimatum di una vita intera, che diventa la nostra vita e la nostra domanda.
Come ha potuto un film racchiudere in un bicchiere spezzato – in quell’indugio
asciutto sul vetro e sul sangue – tutto il grido di un uomo? E come ha potuto
un attore diventare Alain,
abolendo ogni trucco del mestiere, percependo in lui tutta la minaccia della
propria decadenza, tutto il vuoto della nostra giovinezza? Ci vuole un
miracolo. E anch’io ho gridato al miracolo quando ho visto Fuoco fatuo, da ragazzo; e ancora oggi,
dopo più di quarant’anni…
Ex viveur
alcolista in casa di cura visita i vecchi amici prima di uccidersi: ai momenti
di solitudine in camera si alternano gli incontri con amici che hanno stipulato
un compromesso con la vita. Straziante film sulla depressione, che Malle
racconta indugiando in primi piani e dettagli (sublime la scena iniziale dei
due amanti dopo il sesso), accompagnando lo sguardo del protagonista con la
struggente musica di Satie, attraversando una città viva e vera insieme a un
personaggio che la osserva dalla dimensione del male di vivere e della morte.
...The film is a triumph of style. It is quiet and indicative. It doesn't
explain a lot, but we understand a lot about it all the same. And in the
concerned, indifferent, kind, cruel behavior of his friends, we see ourselves
acting toward people like him, or acted toward by people like them. Rarely does
a film so carefully portray this complexity of personal relationships.
Bellissimo
film esistenzialista, che mette in scena i dilemmi di un protagonista incapace
di scegliere e di vivere la dimensione lineare del tempo. In questo senso la
clinica in cui Alain, interpretato da un fantastico Maurice Ronet, sceglie di
(non) vivere, si configura come una sorta di limbo che esclude il frenetico via
vai parigino per preparare il campo all'inevitabile finale. Regia eccezionale e
dialoghi ineccepibili.
Opera indimenticabile, intensa e commovente, che
interconnette la vita e le sofferenze di alcuni straordinari artisti, quali
Louis Malle e Maurice Ronet, ma anche quelle dell’autore del libro Pierre Drieu
La Rochelle e del personaggio a cui questo è ispirato: Jacques Rigaut. Un film
che è un lancinante ed estremo grido di protesta verso quella normalità e
banalità, rappresentate dagli ideali borghesi, che il protagonista non riesce
assolutamente ad accettare e che sfoceranno in pochi anni nell’omologante
massificazione planetaria dei nostri giorni. Nel film e nel libro viene estrinsecato
l’orrore verso “una vita regolata, casalinga, pantofolaia…una meschina
esistenza da individui con una piccola rendita che, chiusi in casa, fuggono
avventure e rischi…un tran tran da vecchie zitelle, unite in un culto comune,
caste, inacidite, pettegole, e che si rivoltano scandalizzate quando si parla
male della loro religione” (dal libro). Ma allo stesso tempo vi è anche la
rappresentazione della paura di diventare adulti, con tutto il carico di
responsabilità e compromessi che questo comporta. Il film è incentrato sul
sensibile Alain, trentenne alcolista, corroso dalla noia e dal male di vivere,
che decide lucidamente di togliersi la vita. Ma prima di compiere l’ultimo atto
vuole reincontrare alcune persone che sono state importanti nella sua esistenza,
forse nella speranza che possano dissuaderlo o forse per dargli un tenero
saluto finale. Il film, con musiche di Erik Satie, è molto fedele alle
atmosfere del romanzo, con però due cambiamenti significativi: Alain sullo
schermo è un alcolista, mentre nel libro è un tossicodipendente da eroina,
l’ambientazione è spostata dagli anni Venti del libro agli anni Cinquanta del
film. Il film è scarno ed essenziale, concentrato sui futili rituali della vita
quotidiana di Alain, sui suoi monologhi interiori e sulle sue piccole manie.
Percorre la pellicola, la stupefacente interpretazione di Maurice Ronet, che
vive il personaggio letteralmente sulla propria pelle, portando nelle eloquenti
espressioni del volto i segni invisibili di un’esperienza vissuta assai simile
a quella del protagonista: Ronet infatti beveva come il personaggio del film e
dovette perdere, all’epoca della pellicola, 20 chili di peso per poter iniziare
le riprese. Ciò che emerge, deflagrante, è l’incomunicabilità profonda tra
esseri umani, la difficoltà a condividere l’altrui dolore, immersi, come siamo,
in mezzo a mille impegni di lavoro o mondani. Il libro infatti nasce dal
rimorso di Drieu La Rochelle per non essere riuscito a impedire e forse a
capire che l’amico Rigaut si sarebbe veramente ucciso. Ambedue, libro e film,
sono percorsi da un’inquietudine e un’irrequietezza senza scampo, dense di
interrogativi esistenziali, espressione tangibile di un’angoscia profonda,
verso la quale i valori tradizionali, quali famiglia, professione, arte e amore
risultano insufficienti e aleatori. Il suicidio del protagonista, con questi
presupposti, può essere visto come un atto estremo di rivolta contro la
volgarità e l’inconsistenza della vita circostante, ma anche come una fuga dal
vuoto e dal nulla che permeano, inesorabilmente, la vita di chi, come Alain, si
è dedicato alla dipendenza. “Il suicidio è la risorsa degli uomini la cui molla
è stata corrosa dalla ruggine, la ruggine del quotidiano. Sono nati per
l’azione, ma l’hanno ritardata; allora, l’azione si ritorce nuovamente su di
loro come un boomerang. Il suicidio è un atto, l’atto di coloro che non ne
hanno potuto compiere altri.” (dal libro)…
D'accordissimo con te, apprezzo molto il cinema di Louis Malle e presto ne parlerò anche io di questo caposaldo :)
RispondiEliminabuone visioni, allora :)
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