lunedì 29 maggio 2023

El cant dels ocells – Albert Serra

come in Honor de cavalleria, gli attori che interpretano Quijote e Sancho sono ancora qui, questa volta sono due dei tre re magi.

anche stavolta la storia è minima, tre sfigati re magi che si trascinano nel mondo per portare i doni a un bambino speciale e la sacra famiglia abbandonata in una casetta nel deserto (aspettando il niente?).

poi dovranno fuggire e i tre magi vagheranno nella natura soffrendo e sognando qualcosa che chissà se esiste.

un bel film, che merita molto.

astenersi devoti dei film a cento all'ora di Tarantino et similia, ma non è detto, la bellezza non ha tachimetro.

buona (lenta e staordinaria) visione - Ismaele

 

 

 

El cant dels ocells (2008), fra i tre film finora diretti dal regista catalano Albert Serra, è l’opera più celebrata, uno dei più importanti esperimenti estetici degli anni ’00. Nel film di Serra convivono l’evidenza del b/n più purista, l’enigmaticità della trama e la definizione di inquadrature, che fungono da tableau vivant, tali da determinare nello spettatore uno stato di visione estatica, vicino alla contemplazione del Divino.

L’intenzione radicale di Serra rende il suo cinema focalizzato sue due estreme volontà: la prima è quella di un’ambizione smisurata, tale da avvicinarlo ai grandi classici della Storia del cinema (DreyerBresson)  la seconda è relativa allo straordinario sentimento di umiltà del suo sguardo. Nel cinema di Serra, e in El cant dels ocells questo lo si può vedere in tutta la sua potente libertà espressiva), non c’è alcun intento punitivo, come si vede nei cinema di Michael Haneke o Bela Tarr. Lo sguardo di Serra plana pacatamente sui volti di attori quasi ignari di essere inquadrati, rasentando uno stato di sublime aderenza alle figure immaginifiche, da lascia allo spettatore una libertà di giudizio e di movimento all’interno dell’inquadratura, che hanno dello stupefacente.

La visione è ardua, la fatica della visione rientra nell’ambito di uno snobismo di fondo, tale da rendere il cinema di Serra adatto ad un pubblico estremamente selettivo, ma se anche lo spettatore comune dovesse, per caso, imbattersi nell’arte figurativa di El cant dels ocells, potrebbe rendersi conto di trovarsi di fronte ad un tesoro inestimabile. Ne El cant dels ocells il tempo della visione entra in una dimensione di saturazione dove gli elementi della scenografia, assolutamente spartani, tendono a costruire delle distanze tra i personaggi, tali da far assomigliare l’inquadratura ad una sinfonia dove le voci si alternano in una composizione di eterno onirismo.

Il nuovo cinema digitale nasce con Albert Serra, uno dei pochi cineasti in circolazione capaci di instaurare un rapporto biunivoco tra la forma cinema e il pensiero multiforme dello spettatore. Serra fa respirare un nuovo tipo di sguardo, dove l’occhio inquadra una sinfonia visiva, che si colloca in una silenziosa  estetica ascendente, derivata da un onirismo che fa del reale un approdo alla nuova sostanza del visivo contemporaneo. Il cinema come ripiegamento verso l’abisso della visione.

da qui

 

Bloccarsi. Rallentati dal loro stesso peso. Ai tre Re Magi non è concesso perdersi all'Orizzonte, sarebbe un privilegio per anime celesti, vergini, attive, con voglia di esplorazione. Non per umili servi, per pesanti "schiavi" della vita. Ecco quindi rappresentato l'Uomo in tutto il suo apatico destino. Melancholia di vite prefissate, programmate. Nemmeno l'Oscurità è stimolante - non c'è "ricerca" -, ma, semplicemente, rallenta e basta, appesantisce maggiormente, ritarda il traguardo, posticipa l'arrivo, il raggiungimento dell'obiettivo prestabilito. C'è un pessimismo quasi archetipale in questa favola rielaborata ; un annaspamento scarnificato, ridotto all'osso, vero, fisico. Il Reale estrapolato, distillato. Spenti, come probabilmente è spenta la stella cometa che guida i tre protagonisti. La Bellezza sta proprio nella contemplazione di questo grigiore. L'Umanità è anche questo: il Reale, quello nascosto tra un capitolo e l'altro della storia del mondo, quello dissimulato. El Cants dels Ocells raffigura anche l'aspettativa di un'umanità pigra, che attende il cambiamento che non avverrà. Cercando qualche (forzato) parallelismo cinematografico si potrebbe dire che l'opera di Albert Serra è una sorta di Il Cavallo di Torino più storico e meno apocalittico - meno definitivo. Quindi, un film sulla vacuità dell'attesa e, anche, sull'inerzia di raggiungere la meta prefissata, avanzare senza sentimento, camminando meccanicamente. Ricostruzione contemplativa. I tre re magi hanno un aspetto, un non-fascino, che si allontana dal trascendentale , approdando verso una dimensione più umana, comune, corporea (vecchiaia, obesità), quasi pittorica - nello specifico "botteriana". Paradossalmente, in queste Immagini, lo spettatore non riesce comunque ad Identificarsi : i film di Albert Serra non sono specchi per il pubblico, non avviene alcuna immedesimazione spettatoriale ; sono opere stranianti, alienanti. Per i tre Re Magi non c'è tempo per gli ossequi, per godersi il piacere dell'arrivo. La vita è un avanzare e basta, senza premi. Bisogna ripartire per l'Egitto, subito. Nemmeno la tanta agognata meta si lascia assaporare. Tutto sfugge. Ecco che bisogna ripartire, affrontare un altro capitolo identico. Arrancare, ancora - non si ha nemmeno la forza e la determinazione per tornare al punto di partenza, anzi, non si torna più indietro, schiavi della vita, del deserto. L'unico simbolo di tranquillità e pace è rappresentato da un angelo, da una figura femminile angelica, elemento palesemente ultraterreno, di conseguenza questo equilibrio primigenio e questa perfezione estetica sono rappresentati dal trascendentale, non dall'elemento terreno, non dall'umano [di nuovo non c'è identificazione]. L'unico modo per evadere da questa spenta e fatiscente realtà sembrerebbe sognare. Per far sì che ci si possa allontanare da questa svogliatezza e deformità esistenziali, si approda nel sogno, in cui uomini saltano da una nuvola all'altra. Nei sogni si trova la Totalità : il bene (l'angelo) e il male (il serpente) ; nella realtà non c'è nell'uno nell'altro, ma solo una tremenda indifferenza e apatia - sabbia, pioggia e desolazione. Ecco che si ritorna ai movimenti goffi, insicuri, timorosi, dubbiosi, stanchi, lenti. Forse il vero ritorno alle origini, al primordiale - il vero punto di partenza. Grigiore. El Cants dels Ocells è un'opera ipnotica, contemplativa e affascinante. Un quadro che si muove lentamente. Le aspettative del racconto classico vengono stravolte, distrutte in virtù della magia cinematografica ; ecco il Cinema, l'anarchia artistica, l'innovazione nel tradizionale. Intrusioni di spontaneità filmica, l'invasione da parte del Magico.

da qui

 

For his second film, Albert Serra took inspiration in a traditional Catalan Christmas song ‘El cant dels ocells’. The film accompanies the Three Wise Kings on a search for the newborn baby Jesus and their journey takes on epic proportions as they meander along the desert-like terrain with fortitude and stoicism.

Partly shot in the mountains of Iceland, partly in the interior of the Canary Islands, Birdsong is risky and adventurous in both visual and narrative terms. Breathtaking landscapes and an especially memorable underwater scene accompany Serra’s play with this sacred tale, invigorating the story with new life and meaning.

da qui

 

 

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