opera prima di S. Craig Zahler, da leccarsi i baffi, con cibo vegetariano, però.
un western lento, in un villaggio dimenticato, pieno di noia e sparatorie.
e poi succede qualcosa, un rapimento, la dottoressa e il vicesceriffo spariscono, e i quattro (non dell'apocalisse) vanno alla ricerca dei due e dei loro rapitori.
e trovano l'impensabile.
un piccolo grande film, da non perdere - Ismaele
… Ma che cos'è, Bone
Tomahawk,? È un western adatto a chi non si spaventa quando la violenza si fa
letterale e quando la descrizione di quanto sappiano essere brutali e selvaggi
gli antagonisti di turno diventa esplicita. O forse è un horror adatto a chi
apprezza i film che si prendono il loro tempo (magari anche troppo, eh) per
costruire la tensione e preparare all'esplosione di violenza finale. O magari è
un film per chi sa gustarsi una piccola produzione indipendente, messa assieme
con quattro soldi, che esprime passione e amore per il western classico ad ogni
fotogramma ma non rinuncia a tradurla in una lettura contemporanea, fatta di
ritmo compassato, contaminazioni fra generi e ottimi attori che scrutano
l'orizzonte ricoperti di sangue, sporco e polvere.
È la
storia di poche persone che piazzano una scelta sbagliata dietro l'altra e si
trovano a pagarne le conseguenze trascinandosi nel deserto per giorni alla
ricerca di redenzione, nel tentativo di salvare gente rapita da una banda di
trogloditi. Ha un cast davvero notevole, fra un Kurt Russell e un Richard
Jenkins che trasudano esperienza e carisma da ogni poro, un Matthew Fox che
così in palla non lo è forse mai stato, un Patrick Wilson ottimo come sempre e
un sacco di scelte azzeccate per ogni ruolo minore. Ed è un paio d'ore placido,
trascinato, fatto di ottima scrittura e regia solida, belle immagini evocative
e improvvisi lampi di violenza, con un tuffo finale nell'orrore che colpisce
nel segno e lascia poi spazio a una conclusione minimalista. Poi, sì, il suo
mix di generi inusuale e lo stesso modo in cui li mescola possono spiazzare,
gli aspetti in cui lascia emergere la natura di piccola produzione possono
respingere, ma per me è stato amore al primo sguardo e non mi ha tradito fino
all'ultimo fotogramma.
…Il
western, quindi. Sono passati 23 anni da quello che all’epoca ci sembrava il
miglior funerale possibile, celebrato da Padre Eastwood, e invece questa gemma
inaspettata ci piomba oggi in mezzo agli occhi come una freccia avvelenata. Una
visione abbagliante, che è anche alien abduction, road movie, buddy movie e
cannibal movie. Una posse di quattro uomini in un viaggio terribile lungo Sentieri Selvaggi, con la consapevolezza del
rischio che non ci potrebbe essere ritorno, con i caratteri che interagiscono
perfettamente, diversi eppure uniti da una chimica che è naturale prodotto
della vita di frontiera.
Sarebbe
bastato questo a farne un grande film, classico, reazionario, stravisto se
volete, ma comunque un grande film. Chè i quattro sono straordinari, e il capo
è Kurt Russell, praticamente identico a come lo vedremo in The Hateful Eight.
Sceriffo di Bright Hope (il nome del villaggio sembrerebbe più adatto ad una
casa di riposo, lo so) dal grilletto facile, uomo di legge e morale (legge e
morale del west, si intende), carismatico come pochi. Si porta dietro il suo
vice troppo vecchio (in quello che, ironia beffarda, si rivela un paese per
vecchi), adottato più che assunto. Chicory è una figura archetipica immensa, ha
il volto di Richards-garanzia-Jenkins, e i nostri sorrisi colmi di tenerezza
nascono tutti per merito suo. Bravissimo è anche Patrick Wilson, a lui spetta
il ruolo di Arthur, azzoppato e apparentemente inadatto alla vita di frontiera.
Il quartetto è completato da Brooder, damerino razzista e cacciatore di
indiani. Il loro viaggio è durissimo, i rapporti tra i quattro diventano
profondi e rivelatori, arrivando a costituire uno studio tutt’altro che
scontato sul significato delle parole “uomo” e “maschio”. Guardarli è insomma
uno spettacolo capace di far dimenticare anche lo scopo del viaggio. La meta,
il punto d’arrivo.
Che è
l’orrore. Perchè questo è anche un film horror, che per molti sarà inevitabile
paragonare a The Green Inferno e indirettamente a Cannibal Holocaust. Perchè?
Perchè ci sono i cannibali! Abitano nelle caverne, inbred che più non si può,
la loro versione di piercing è difficilmente replicabile e le violentissime
punte di spietato gore sono dure da digerire, come le tremende grida di
battaglia che risuonano potenti e sono la loro unica forma di comunicazione –
ehm – verbale. Altissimi, muscolosissimi e fortissimi, probabilmente a causa
della loro dieta.
Una favola
capovolta, in cui la pulzella ed il cavaliere contano meno dei servitori. Una
sarabanda di dialoghi esilaranti e rivelatori, degni del miglior Elmore
Leonard. Bone Tomahawk sarà il film col quale Quentin Tarantino si
troverà a gareggiare, con esito davvero incerto.
…Qualcuno ha
definito Bone Tomahawk come l’incontro tra Sentieri
Selvaggi e Cannibal Holocaust,
una definizione abbastanza calzante: ha infatti elementi di entrambi quei
classici, e di altri titoli come Gli Spietati e The Descent. Uno degli elementi che più funzionano è il suo
ritmo compassato: in quasi 133 minuti molto tempo è dedicato ai
dettagli realistici dell’ambientazione e della storia e, cosa più importante,
allo sviluppo dei personaggi. Nel momento in cui la vicenda si sposta dal
classico western al classico horror nel corso del terzo atto – e non
sottovalutate il passaggio, si tratta di materiale raccapricciante e da brividi
– lo spettatore è ormai così investito in queste persone e nella posta in gioco
che la virata verso qualcosa di molto più oscuro e più straniante
non si sente affatto azzardata…
… Oramai i tempi sono
cambiati. Oggi chi si spaventa più, quindi la provocazione va cercata altrove,
per quanto Zahler sappia gestire la violenza molto bene. Quello che al
metal-kid interessa raccontare è, tra una frattaglia e l'altra, la genesi di un
paese che si basa sul sangue e che col sangue deve cancellare tutto.
Apprendendo dai migliori, riesce a mettere in piedi una squadra di sgangherati anti-eroi, ognuno col proprio peso, che ha più di un motivo per completare quel viaggio. Ecco così che tra gli elementi horror ognuno riesce a tirar fuori la propria vera natura, chiudendo il cerchio col loro passato e mostrando tutto quello che li ha condotti fin lì, che va al di là della missione che devono compiere. E' così che Bone tomahawk diventa l'affresco di una nazione fondata da uomini disperati che spera di avere un riscatto finale.
Ognuno a suo modo, poi.
Ma è innanzitutto un horror che non prende solo dal passato del regista, ma anche da quello del cinema stesso, apprendendo la lezione che fecero grandi gli anni che furono senza però scimmiottarli inutilmente. Ed è lì che il film mostra il proprio meglio.
Violenza, violenza a vagoni, che si distilla tra un tempo lungo e l'altro (nonostante tutto, l'incedere è piuttosto lento) ma che quando è presente manda a casa tutti quei fighetti videoclippari che troppo spesso occupano il posto che spetterebbe ad altri. Seriamente, se siete di stomaco debole, non iniziate neppure a guardare questa roba.
Sfido però chiunque non voler un po' di bene ai personaggi, fermo restando che a Kurt Russel se ne deve volere a prescindere. E solo per questo si dovrebbe vedere questa piccola bellezza.
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