Patty Hearst fu rapita dallo SLA (l’Esercito di Liberazione Simbionese), e divenne una loro compagna e guerrigliera.
Paul Schrader si cimenta in uno dei pochissimi film che ha girato senza averlo prima sceneggiato.
è un film che si mette nei panni di Patty, senza dare giudizi.
erano anni in cui negli Usa i movimenti antagonisti, anche armati, erano numerosi e con un certo seguito popolare, escludendo l'FBI.
non è il film migliore di Paul Schrader, ma i suoi film non migliori sono bellissimi (e gli altri sono capolavori).
buona (rivoluzionaria) visione - Ismaele
…I
personaggi di Schrader sono spesso così: sfuggono ad ogni piacevole
identificazione o facile approvazione morale. Sono scomodi, riflettono la
confusione contemporanea, una moralità idiosincratica. Per la prima mezz’ora
del film, mentre l’identità di Patty si sgretola nel buio dello stanzino in cui
è segregata, dei membri del commando non vediamo che le silhouette affacciate
alla porta. Vittima e carnefici condividono un unico obiettivo:
l’autorealizzazione, intesa come il bisogno di realizzare a pieno le proprie
potenzialità, le proprie capacità. Di estrofletterle, di portarle nel mondo, di
trasformare la potenza in atto. Non senza manipolazioni, come si diceva, senza
(auto)convincimenti e (auto)focus, entrando in una pericolosa relazione con se
stessi e con gli altri, attraverso la performance. Ecco perché durante l’ultima
parte dell’opera, dedicata al processo, il pubblico ministero chiede alla
ragazza se stesse recitando o meno durante la militanza nello SLA. L’incipit
del film, con quell’estratto di voice over che apre questo breve
approfondimento (tratto a suo volta dall’autobiografia della donna) è a tal
proposito una vera e propria dichiarazione d’intenti. Un crane shot riprende
Patty (Natasha Richardson) mentre cammina nel mezzo di una
folla di studenti della University of California, a Berkeley. Per un attimo la
sua figura si perde indistintamente tra i corpi dei tanti studenti, per poi
riemergere quando la macchina da presa scende verso terra. La voce di Patty
accenna ad un’infanzia normale, da privilegiata molto sicura di sé, una che fa
piuttosto che pensare, un’atleta più che uno studente, un essere sociale più
che un solitario. E’ il caso, l’ignoto (the unknown nella
dicitura originale) a sparigliare le carte, a far precipitare l’edificio di una
personalità non ancora uscita pienamente dall’adolescenza. Ben lungi
dall’essere una critica piena di disprezzo e derisione per le istanze
rivoluzionarie come alcuni critici europei si affrettarono a dire all’indomani
della proiezione a Cannes, Patty Hearst è un film sulla
fragilità dell’identità, sull’ambiguità delle forme che finisce per assumere,
sul ruolo degli atti performativi nella sua definizione. Temi che,
opportunamente integrati da derive più squisitamente metalinguistiche, saranno
al centro del suo cinema che verrà, negli anni Novanta e Duemila, fino a
quell’ultimo capolavoro che è First Reformed.
…The entire film centers on the
remarkable performance by Natasha Richardson as Hearst. She convinces us she
is Hearst, not by pressing the point, but by taking it for granted. She is
quiet, a little sullen, not forthcoming. She tells people what they want to
hear. During all of the tremendous excitement and passion of her ordeal, she
hardly seems to be present; this is not a good time for her or a bad time, but
a duty.
Schrader also avoids the temptation to make the SLA members into
colorful firebrands. They come across as weak, sad people, so hidebound in
ideology that they seem shell-shocked. They are all passive personalities,
under the will of the leader Cinque (Ving Rhames), who uses revolutionary rhetoric but has
created in the SLA a community where no one is free. It’s startling when
Schrader re-enacts events we remember from TV (such as Hearst’s bank robbery)
or uses actual TV news footage (of the firestorm that engulfed the SLA
hideout). This whole story seemed so much more exciting from the outside.
...Patty Hearst non è un film “sbagliato”, ma
“splendidamente sbagliato”, e questo a causa del fatto che non imbocca alcuna
strada univoca, ma preferisce acuire l’ambiguità e il parossismo della vicenda,
esasperando questa scelta attraverso un continuo cambio di registro narrativo:
dalla farsa al dramma, passando per il surreale, dentro a un “clima”
profondamente claustrofobico, trascrive (letteralmente) i passaggi essenziali
della vicenda senza esprimere un giudizio. I terroristi dello SLA appaiono come
una massa di “disperati” riuniti in una comune dell’illegalità in cui sesso e
violenza sono ambiti interscambiabili, mentre gli ideali sono monolitici e
conformisti: lo stato è fascista, i poveri dei bisognosi e i terroristi dei
benefattori. Millantando la presenza (inesistente) di altre cellule Sinkiou
cerca di convincere il gruppo, e se stesso, che le masse di diseredati che
vivono ai margini delle periferie delle grandi città sono pronti a seguirli,
mentre non solo non è così, ma gli unici aiuti che trovano vengono da immigrati
musulmani, che poco hanno a che spartire con i “presunti” ideali dello SLA.
Tutta la vicenda Hearst è infatti trattata da Schrader con disarmante
semplicità, non tanto per una scelta irresponsabile (come potrebbe apparire),
ma perché le incongruenze e le iperboli che la caratterizzano non possono
trovare altra chiave di lettura se non quella del grottesco e (talvolta) della
parodia…
…Patty Hearst fue un opus extraño y aún
lo es dentro de la filmografía de Paul Schrader. Claustrofóbica, oscura y
pálida, la obra indaga en la transformación de una joven estudiante burguesa en
un icono revolucionario, de víctima de un secuestro a delincuente buscada por
la policía. Confusa y polémica, la película captó con gran profundidad la
ideología revolucionaria del grupo y las transformaciones que sufrió Patty
Hearst, una mujer que tras el estreno cobraría aún más notoriedad y
colaboraría con el director John Waters en varios de sus films, como Cry-Baby (1990), Serial
Mom (1994), Pecker (1998) y A Dirty Shame (2004).
A pesar de las críticas no muy
positivas que la película tuvo en su época, mayormente producto de la
incomprensión de la postura del director o de la actitud de los críticos ante
la historia y el caso más que sobre el film, Paul Schrader se adentra aquí con
éxito en una de las historias más incomprensibles e indefinibles de la década
del setenta sobre la maleabilidad de la personalidad y la psiquis humana,
cuestión que deja al descubierto la delgada línea entre el lavado de cerebro,
el adoctrinamiento y la formación ideológica y política. Patty Hearst demuestra
el impacto que el descubrimiento de mundos y de personalidades fuertes y
fascinantes tiene en la mayoría de las personas, y el personaje de Patty es sin
duda un icono de las contradicciones llevadas hasta sus últimas consecuencias.
En este sentido Schrader logra reconstruir muy bien las instancias de las
decisiones de una joven que nunca serán del todo comprendidas por la opinión
pública para eventualmente dejar en claro que si hay algo que se puede decir
sobre el ser humano es que su irracionalidad siempre va de la mano con su imprevisibilidad.
Nessun commento:
Posta un commento