lunedì 14 luglio 2025

Flavia, la monaca musulmana - Gianfranco Mingozzi

ispirato a un fatto storico, Flavia è una ragazza che un padre di merda destina al convento, dove capirà lo schifo che la religione offre ai malcapitati.

quando arrivano i musulmani lei è felice dell'invasione, e sarà l'occasione per vendicarsi.

il film è davvero meritevole di essere cercato e visto, ci sono delle scene durissime, così erano quei tempi.

e Florinda Bolkan è di una bravura straordinaria.

un film da non perdere, provare per credere.

buona (non religiosa) visione - Ismaele

 

 

 

Con un'enfasi particolare sull'emancipazione femminile e sull'anti-clericalismo, il film di Mingozzi rimane tuttora un prodotto piuttosto scomodo e provocatorio. Il regista rimane pericolosamente in bilico tra film d'autore (le lunghe sequenze mute, dal notevole gusto per l'immagine e per l'allegoria) e cinemabis anni '70 (le numerose sequenze truci e sanguinose); è supportato da un cast adeguato, guidato dalla brava Bolkan e da un comparto tecnico di buon livello, specialmente riguardo a musiche e fotografia. Bizzarro, ma alquanto interessante.

da qui

 

Avvertenza: darò forti spiegazioni sulla trama! Ispirato ad una figura realmente esistita (così dice qualcuno!) un film estremo ed impegnato. Mingozzi proviene dal documentario e si vede. La ricerca dei costumi medievali del luogo è impeccabile. Flavia da piccola è stata salvata da un saraceno. L'uomo poi è stato ucciso e Flavia cresce con i suoi connazionali che le spiegano che i saraceni non possono essere nostri amici. Da ragazza viene costretta (com'era uso per le primogenite) ad entrare in convento dove subisce umiliazioni a non finire finché non passa con i saraceni che la usano per invadere Otranto abbandonandola poi al suo destino dimostrando così che gli uomini sono tutti uguali nel bene ma (sopratutto!) nel male. Tra deliri gore (impalamenti, scorticazioni, etc.), deliri visivi (una donna nuda infilata nella pancia di una mucca sanguinante, un affresco della chiesa che si anima mostrando il volto del saraceno che aveva salvato Flavia e le strizza l'occhio, etc.) una allegoria su temi quali la condizione della donna nella società medioevale, il razzismo, i rapporti col Medioriente, le superstizioni, le crudeltà di potere della Chiesa nel Medioevo, etc. Un'opera cruda e coraggiosa come non se ne fanno più. Impeccabile e rigorosa nella messa in scena. Tagliatissimo nei rari passaggi televisivi (l'ultimo dei quali forse una decina d'anni fa su Odeon Tv). La versione integrale circola forse (così dicono!) solo in Olanda. Capolavoro assoluto!!!

da qui

 

mingozzi non è l'ultimo arrivato, come sembra quando si parla del suo film forse più celebre. ha imparato a dririgere da fellini, è stato un grande documentarista lavorando sul tarantismo con ernesto de martino già negli anni '60.
questo film non è una commedia priuriginosa di quelle diffuse in quegli anni, è una pellicola che si prende parecchio sul serio, e forse questo è il suo limite.
è proprio l'entrata in scena delle tarantolate nella prima parte del film che ci deve dare la chiave di lettura. de martino interpreta il tarantismo come una manifestazione di ciò che oggi gli antropologi chiamano "violenza strutturale". le donne dell'italia del sud, ancora a metà '900, sono vittime di una serie di violenze che fanno parte dell'articolazione stessa della società. il tarantismo è semplicemente il meccanismo socialmente riconosciuto attraverso cui possono esprimetre il proprio disagio, assume i toni di una liberazione sociale, sessuale e religiosa. nel film, dove occupano un ruolo marginale e sono quasi introdotte a forza nella trama, forniscono la monade per l'interpretazione della figura di flavia, cercando anche un appiglio in una teoria sociale. ad uscirne con le ossa rotte è la religione come forma di dominio (sempre della donna in questo caso), il film tecnicamente è curato ma risulta parecchio pesante da digerire ed anche un po' tronfio. le immagini forti non mancano, ma con i miei gusti cinematografici sono abituato a ben peggio. molto interessante la scena onirica sul finale

da qui

 

Molte qualità tecniche: fotografia, interpretazione, scenografia, musica... ma tutto ciò non basta per farne un buon film. Al di la della storia, interessante anche questa, quello che non funziona è una sorta di confusione che viene dalla regia, che non approfondisce mai nulla volendo toccare tutto, una lentezza che spezza il ritmo e l'interesse. Quello che emerge chiaramente di certo, è che le religioni, tutte, se usate per scopi non meramente spirituali, sono crudelmente uguali e la donna è da sempre la vittima. È già qualcosa.

da qui

 


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