una serie di sei parti, in totale cinque ore, un film lungo, l'ho visto tutto in un giorno, come fermarsi?
una storia di celerini antisommossa a cui scappa la mano, ma le cose non sono così semplici.
merito di Laia (Vicky Luengo), poliziotta, che indaga col gruppo di cui fa parte, una commissione affari interni.
Laia è testarda come pochi e tutti, nel film, anche i celerini, hanno un'anima, non c'è il facile o bianco o nero.
i poliziotti sono l'ultima ruota del carro del Potere, e Laia continua a farsi domande pericolose.
Rodrigo Sorogoyen è un regista di serie A, e si vede, ed è affiancato alla sceneggiatura da Isabel Peña.
una serie che non può deludere, promesso - Ismaele
…Se l’epica di Stefano Sollima è oscura e notturna, l’epica di Sorogoyen è realista e diurna, abbagliata dalla luce spagnola e ogni tanto visitata dalle ombre della notte, dalla confusione di una pioggia torrenziale o dall’angustia degli interni domestici come politici. In entrambi i casi siamo di fronte a un linguaggio e uno sguardo epici come da tempo non eravamo più abituati, tanta era la presenza del postmoderno anche a livelli grammaticali. Invece, con Sollima e Sorogoyen – Rodríguez è più neorealista e plastico nella rappresentazione del poliziesco come genere definitorio del contemporaneo – possiamo godere uno spettacolo classico in forma e contenuti quanto moderno. La chiarezza visiva e narrativa sono i punti di partenza delle loro poetiche. In particolare, in quella di Sorogoyen, l’immanenza del reale è superiore all’immagine impressionista, e ne fa campione di realismo pur declinando emotivamente ogni singola inquadratura.
Stiamo quindi parlando di un lungo film di circa sei ore in cui il linguaggio televisivo è straordinariamente bandito. Regia chirurgica, perfetta, senza nessuna sbavatura, compresa la direzione degli attori, già di loro di altissima qualità, da Raúl Arévalo a Roberto Álamo, da Patrick Criado a Álex García, dalla protagonista Vicky Luengo a Hovick Keuchkerian – ex pugile spagnolo di origine armena. Tutti in stato di grazia, perfetti e alchemici per dare vita a personaggi a tutto tondo, problematici, ambigui, veri. Non sono maschere, nemmeno stereotipi. Sono agenti antisommossa, e per questo già etichettati, ma sono innanzitutto esseri umani che fanno il loro lavoro. Vengono maltrattati, utilizzati per scopi politici, oltraggiati e insultati dall’uomo della strada che vede solo la punta dell’iceberg e non tutto il resto. Una vita e un’umanità sommerse che però fanno di questi uomini, uomini esattamente come quelli che li insultano, e che loro invece proteggono per senso del dovere.
Un cinema civile e politico fatto attraverso i codici del genere, in questo caso il poliziesco, quindi un cinema perfetto, nel senso di concluso, preciso, dove la forma è il contenuto e per tanto può arrivare a tutti e in qualunque posto per parlare del contemporaneo, ma anche solo per raccontare una storia, mettere in scena delle emozioni, far parlare e recitare dei personaggi, che poi, alla fin fine, è proprio quello che vogliamo quando si spengono le luci e partono i titoli di testa.
…La violenza della polizia spagnola è chiaramente il tema principe della storia, ma sono soprattutto le sfumature a interessare a Sorogoyen. Nelle democrazie occidentali è lo Stato ad avere il monopolio della violenza, e per quanto sia detestabile l’idea che degli uomini possano avere il diritto di menare i manganelli entro certi limiti di discrezionalità, è pur vero che si tratta di un lavoro che li vede come ultima estensione della struttura democratica. Se è accettabile tollerare che le squadre antisommossa si impongano con decisione per fermare manifestanti violenti, è però molto più difficile digerire le immagini di uomini corazzati fin sopra i capelli che intervengono con aspra durezza (anche sproporzionata e impulsiva) contro donne o anziani innocenti che cercano solo di non farsi portar via la casa dalle banche. Nemmeno a dirlo, è proprio in una situazione del genere che ci catapulta l’autore spagnolo, non mancando di metter in campo un tragico imprevisto che poterà l’Ufficio per gli Affari Interni a indagare sulla condotta delle forze dell’ordine.
Con la sua confezione tambureggiante e mesmerica, Riot Police (Antidisturbios) è una produzione televisiva di assoluta eccellenza, che come tutto il cinema di Sorogoyen si muove tra le pieghe della moralità e il cui fascino principale risiede proprio nel senso di impotenza che demarca la linea tra diritto naturale e diritto positivo. Che piaccia o no i poliziotti, cui Sorogoyen sa restituire tanta quotidiana tridimensionalità, sono sia guardiani della sicurezza che professionisti della violenza. Un “per favore” inascoltato può precedere un calcio in faccia, e gli incidenti e le tentazioni che nascono da un tale potere – come anche i contrappesi che lo Stato pone a tutela dei cittadini – sono un motore più che valido per una storia al cardiopalma. La squadra antisommossa di Sorogoyen è disponibile in streaming su Disney+ nella sezione Star.
… Antidisturbios es una miniserie española de 6 capítulos de unos 50 minutos de duración cada uno. Está creada por Rodrigo Sorogoyen e Isabel Peña, que llevan trabajando juntos desde Stockholm. Combina intriga policíaca y acción frenética, con un trasfondo social muy reconocible. Pero por encima de la trama, está la concepción de los personajes, todos muy bien interpretados. Si tuviera que elegir, me quedo con el trabajo de Vicky Luengo y de Hovik Keuchkerian. Pero todos están geniales y muy bien elegidos para cada rol.
El tratamiento visual es poderoso y espectacular, siempre subrayado por la música de Olivier Arson. Sorogoyen se luce como nunca y demuestra que es el cineasta español actual con más talento, junto Alberto Rodríguez, para poner en imágenes este tipo de secuencias. Antidisturbios tiene un concepto curioso con el uso de las lentes de cámara. El primer episodio está filmado con muchos grandes angulares, sin embargo, a medida que avanzamos por los siguientes episodios irán desapareciendo. Ya en el último capítulo no se utiliza ninguna lente angular.
Con esta concepción visual, se busca sumergirnos dentro del cuerpo de Antidisturbios, como si el espectador fuera uno más en plena acción. Luego, se propone un distanciamiento progresivo para que evaluemos la situación desde una posición más lejana y analítica. Para entonces, ya conocemos los hechos y quién es quién. Es un recurso inteligente que nos sirve para abstraernos y liberarnos de todos los prejuicios iniciales con los que afrontemos la serie. Por cierto, el productor ya ha confirmado la intención de realizar una segunda temporada si se encuentra una trama suficientemente interesante. Yo os adelanto que no me la perderé y vosotros tampoco deberíais. Antidisturbios es la mejor serie española del año.
…El excelente trabajo que realiza el reparto eleva la serie al siguiente nivel. Cada miembro del grupo antidisturbios cuenta con una personalidad muy marcada que retrata aspectos tan humanos como el compañerismo, la lealtad, la violencia, la depresión... e incluso hay alguno coqueteando con los límites de la psicopatía. Todos ellos interpretados con gran acierto y credibilidad por sus respectivos actores. No obstante, sin ánimo de desprestigiar la inmensa labor del resto del elenco, el personaje que sobresale es el interpretado por la descomunal Vicky Luengo (Hogar, Madres). La actriz palmesana hace gala de todo su talento para regalarnos a una agente de Asuntos Internos tan brillante como imperfecta, que agradará o disgustará al espectador, sin término medio.
Pongo la mano en el fuego para afirmar que 'Antidisturbios' lo tiene todo para convertirse en la mejor serie española del año, además de en una de las mejores a nivel internacional que podremos disfrutar en este fatídico 2020. La actualidad y valentía de su premisa, unidas a la precisión de bisturí que demuestra Sorogoyen en cada una de sus imágenes, dan como resultado una de las ficciones más originales e impactantes que se han visto en nuestro país. Asimismo, la ficción cuenta con espectaculares planos secuencia marca de la casa llenos de acción, como el que tiene lugar a las afueras del Santiago Bernabeu con los ultras del fútbol haciendo de las suyas. En definitiva, la serie es una mirada realista a las entrañas de un cuerpo policial odiado por la sociedad que ha sido víctima de un sistema corrupto e hipócrita. Imprescindible y necesaria.
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