anche oggi al cinema il film di Otto Preminger farebbe la sua bella figura.
è una storia dannata, nella quale passato e futuro sono importanti, e motori dei comportamenti umani anche nel presente.
una storia di deliquenti e poliziotti, e amore, con Dana Andrews e Gene Tierney straordinari attori.
cercatelo e godetene tutti - Ismaele
Qui si può vedere, in italiano
…Prima di ogni altra
cosa Sui marciapiedi è
uno splendido puzzle morale, in cui i personaggi (Dixon più di tutti) sono
costantemente sottoposti a scelte problematiche. A fungere da braccio narrativo
principale è rintracciabile la questione della “giusta giustizia” e di quanto
si possa forzare la realtà per assicurare un accertato criminale a una congrua
pena. In tal senso Dixon, secondo un intelligente paradosso, infrange la legge
per cercare di farla rispettare. Tuttavia il risentimento “sociale” di Dixon
nei confronti di Scalise si traduce in riflessione puramente noir su destino ed
ereditarietà nel momento in cui si scopre che il padre di Dixon è stato un
criminale, e Scalise uno dei suoi allievi migliori. Così il sergente Dixon,
splendidamente incarnato da Dana Andrews, amplia a dismisura la propria portata
psicologica, dando luogo a un ritratto decisamente inconsueto all’interno del
codice noir per pregnanza e profondità. Tramite una vicenda di abituale disillusione
e pessimismo, Preminger assume a protagonista una figura estremamente
prismatica che assomma oscuri destini a determinismo zoliano. Sta nella sua
discendenza familiare, nella tara paterna il tormento del sergente, che da un
lato spiega le sue maniere violente coi criminali, dall’altro dà rilievo
tragico e disperato al tentativo di redimersi con la cattura del “fratellastro”
Scalise. In sostanza, sotto il canovaccio di un noir Sui marciapiedi evoca
scenari da tragedia universale dai risvolti psichici e nevrotici…
Noir tragicamente evocativo, i cui chiaroscuri
sono perfettamente resi dalla figura del protagonista, sempre in bilico tra il
suo lato oscuro e quello buono. Gene Tierney è di una bellezza quasi inumana,
il suo personaggio è meno elaborato psicologicamente ma malgrado ciò riesce a
trasmettere un certo spessore umano. La storia non è straordinaria, la
differenza non la fa il racconto ma il modo in cui viene tratteggiato,
percorrendo paesaggi urbani e sub-urbani alla ricerca di una soluzione che
passa attraverso l'espiazione del protagonista, oppresso da un senso di colpa e
da un passato ingombrante. Otto Preminger è un mostro sacro del cinema e questa
pellicola ne è una fulgida dimostrazione. Consigliatissima agli amanti del
noir.
Noir glaciale, soffocante, in cui la regia attenta e pulita di
Preminger scava nell’interiorità dei personaggi. Ricognizione cupa di un
sottobosco criminale fra giustizia, nefandezza e redenzione; scontro tra
passato (difficile da superare) e presente (che è l’”attimo”, lo squallido
egoismo di una colpa negata) miscelato con uno sguardo pessimista in cui anche
il corpo di polizia (alienato, nella vorace ricerca di una colpevolezza) rivela
le sembianze della perdizione. Andrews eccellente, Tierney sempre affascinante.
Davvero notevole!
… Preminger
infonde al film una percepibile durezza d'insieme; quest'ultima viene
esaltata da un’estetica sporca, composta da appartamenti squallidi, ristoranti
fatiscenti e luoghi angusti. Un miscuglio seducente di inchiostri corvini
e gradazioni cineree perviene a illustrare una cosmesi ammaliante.
Non vengono però tralasciate nemmeno le abituali nuance tipiche del noir, tra
cui ombre profonde che pervadono gli angoli brumosi degli interni,
un'illuminazione consunta, la quale rende acuminato il contrasto con
l’oggettistica dei fondali (evidenziandone gli elementi apparentemente
irrilevanti), e, naturalmente, un uso parsimonioso, minimale, del sonoro. La
rappresentazione è avvincente, selvaggia, avernale. I primi piani, nel
frattempo, delineano icasticamente l’indole perniciosa, bipolare ed
imperscrutabile del Dixon di Andrews; la recitazione esibita spesso in
sottrazione alterna una moltitudine di caliginose sfaccettature espressive (non
scevre di una consistente enigmaticità) suffragate dal volto ruvido ed aggrottato
di un antieroe dalla dubbia rettitudine e dallo charme tenebroso. Ad
amplificarne un profilo così travagliato e mentalmente sopraffatto dallo
stress venne “in aiuto” il vizio dell’alcool che Andrews aveva maturato in
quegli anni: il ritratto corrucciato, incattivito altresì da complessi edipici
e un passato familiare controverso, ne fu direttamente influenzato,
condizionando inoltre l’alchimia con la Tierney. La donna incarnata
dall'attraente attrice è capace di suscitare in Dixon una serie di palpitazioni affettive
più soavi, mettendone pure alla ribalta un atteggiamento “malleabile”;
quest’aspetto, che sembra superficiale, riesce a conferire al torbido e
insensibile piedipiatti quell’umanità che aveva lentamente dissipato con una
condotta sempre più nefanda e lontana dall’etica e dalla ragione. Il
romanticismo, accorto nella manifestazione e mai invadente, non frenerà
comunque quell’afflusso di rabbia e sarcasmo che culminerà con una ieratica
catarsi finale, fra momenti al fulmicotone (le scazzottate sono veramente
realistiche!) ed encomiabili parentesi introspettive…
…“Sidewalk” is a fascinating brutish and
dark film noir that is set in the corrupt milieu of the underworld, where the
hero is so alienated that he hardly seems human. He’s constantly boiling over
with anger, and even though he lost his mental stability, professional
integrity, and moral compass he’s still considered a good cop who only has to
calm down a bit. Preminger only flirts with telling a social-conscience drama
about a debased society, instead he keeps the thriller riding on Dixon’s
shoulders as a personal thing about a man with an Oedipal complex who is
becoming unraveled but still has the power of the law on his side and a sense
of unexpected decency.
Dana Andrews gives an outstanding
performance, as his complicated character is revealed through his spells of
violence and the anguish that still haunts him and in his noble gesture to
reveal at last the truth rather than live a life of lies. Andrews is trapped by
circumstances but is transformed through his external actions that can be read
in the archetypical noir hero’s emotional facial expressions before he acts
them out.
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