un film che parla di migranti, di vie di salvezza e di morte, di paradisi e inferni, nelle parole di Giovanni Cioni, voce narrante del film.
le immagini sono concentrate su un pezzo di eden fra l'Italia e la Francia, vicino a Mentone, dove Voronoff voleva allungare la vita dei ricchi annoiati europei, sacrificando scimmie africane.
il film è fatto con molte immagini del passato, a causa della pandemia, e miracolosamente riescono nell'obiettivo di descrivere un mondo di oggi che nasce da quello maledetto del colonialismo mai finito.
mentre si ammazzavano o riducevano in schiavitù giovani vite africane a milioni negli ultimi secoli, in quella fortezza Europa, che ancora non si chiamava così, Voronoff voleva allungare la vita di quelli che la troncavano a milioni di africani.
e nei civili paesi europei giravano dei circhi dove venivano esposti i diversi, i neri, per far credere a chi li visitava di essere superiore, buoni cittadini in patria, maledetti colonialisti e assassini in Africa, diversi film e romanzi affrontano questa vergogna.
oggi i nipoti e pronipoti di quegli schiavi e schiave, ammazzati dappertutto dai civili europei, muoiono cercando di arrivare in Europa, continente maledetto dell'orrore, ladro di vite passate e presenti.
i poveri migranti e le loro morti non si vedono, Giovanni Cioni ne parla nella sua storia, ne parla dicendo e facendo vedere quello che sembra altro, ma tutto è legato a tutto, chi guarda immagina e ne soffre.
buona (altra) visione - Ismaele
…Cioni
ha il merito di lasciarsi andare a un'empatia sensoriale con l'oggetto della
propria analisi, assecondando il canto delle rane nelle cisterne, presenti oggi
come allora, testimoni delle fragilità umane e del passaggio dei migranti. O
ancora recuperando filmini di famiglia, girati sulle spiagge della riviera
ligure di Ponente, in cui prevale il senso di un'apparente innocenza e la
condivisione di momenti intimi e personali di individui che non potremo mai
conoscere, spettri di un luogo senza tempo su cui sono stati tracciati confini
che resistono all'evoluzione e al procedere della storia.
…Nei luoghi, nei suoni, nel silenzio,
nella luce, nelle immagini che citano altre immagini il regista trova un filo
rosso che segue, incuriosito, in un personalissimo diario che è seduzione
visiva e parola recitata in un sussurro. In questo film meravigliosamente
anarchico, dove anche le rane parlano, Cioni si muove magicamente dentro e
fuori il reale sovrapponendo il proprio sguardo, a tratti, a quello di un
alieno dell’era post-umana e ci mostra che questo pianeta è abitato da una
specie forse crudele ma in ultimo fragilissima, condannata al sogno e al desiderio,
e soprattutto destinata a restare imprigionata per sempre nello
scarto incolmabile tra utopia e realtà.
…Questa sua nuova
avventura testimoniale parte come esplorazione di un territorio nel presente e
diventa il viaggio in un passato inquietante come un thriller, angosciante come
un horror. Il racconto
è circolare: procede a ritroso per poi rimbalzare nella contemporaneità
pandemica che “esiste, non esiste”. Al centro è
il tema delle distorsioni della Storia che intrecciano quelle della frontiera,
qui esemplificata nell’italo-francese di Ventimiglia, un varco intentato da
migliaia di migranti, regolarmente bloccati e rispediti in un limbo atroce, tra
il silenzio e l’indifferenza dei più. Gli sciagurati, i cui nomi e le vicende
il Narratore prova a riordinare nel suo testo lirico cadenzato in versi
sciolti, vengono ingabbiati in cisterne come le scimmie che – rivela Cioni –
negli anni Venti erano rinchiuse dal famigerato chirurgo russo-francese Serge
Voronoff, sorta di Frankestein che trapiantava testicoli di scimmia negli
uomini come “cura di ringiovanimento”. Per questo divenne famoso, ricco,
celebrato: creava mutanti oltre la frontiera della coscienza nella sua villa di
Grimaldi che proprio sopra la frontiera giaceva…
…Cioni si muove tra tutte queste suggestioni. Le tocca e
le trattiene appena in una forma che è una sovrapposizione di significati e che
si espande nella molteplicità delle derive. Le immagini si offuscano, di
sdoppiano e perdono i contorni, sono sottoposte alla vibrazione dei suoni e
delle musiche, si tramutano in vecchie pellicole graffiate, in frammenti di
citazioni cinematografiche, reperti d’epoca, di Stato o di famiglia. I film di
Cioni assomigliano sempre più a un deposito, sembrano coperti da un velo di
polvere, come caverne che nascondono passaggi segreti e tesori nascosti. Senti
che la riflessione e la teoria si inabissano in strati più profondi, in una
dimensione da cui scaturiscono la poesia e la visione e tutti i simboli della
trasformazione. E il concetto stesso di documentario perde la sua definizione,
la sicurezza del dato oggettivo, per diventare un racconto avventuroso o, forse,
una pratica esoterica, come il cinema tutto. Un viaggio di esplorazione oltre
le colonne d’Ercole, tra le onde del mare, tra la vita e la morte. Ma quale
vita, quale morte? Quante volte si muore e si rinasce in una vita? Le due cose
non sono poi così diverse nel pendolo che oscilla tra la notte e il giorno.
…Cioni immagina Dal pianeta degli Umani come una fiaba distopica
raccontata da un fantomatico pianeta, il nostro, eppure tutto è ben reale nel
suo film.
La voce in off del regista, che accompagna e commenta con una leggera
intonazione musicale il flusso delle immagini, tesse un dialogo costante con
questo luogo singolare, dimora famosa ma anche punto di passaggio verso il
Passo della Morte, un cammino ripido e pericoloso, che tutt’ora uomini e donne
in fuga imboccano nella speranza di arrivare in Francia. Cioni, che ha
cercato in passato di aiutare dei clandestini a varcare il confine, filma
questi luoghi con vibrante sensibilità. Le immagini leggermente mosse e fluide
si fissano sui resti lasciati dai migranti; vestiti abbandonati, un libro,
oggetti sparsi, testimoni muti di una tragedia senza fine. Alternativamente la
cinepresa prende il largo; il blu del mare filmato in slow motion invade lo
schermo per aprire lo spazio ad altre visioni, venute dal passato.
Immagini storiche, materiali di archivio, spezzoni di film celebri
degli anni venti come King Kong, riprese di esperimenti, di animali e film di
famiglia compongono l’impressionante affresco epocale del film.
Con un estro poetico e un rigore intellettuale singolare Cioni lavora
la sua densissima materia narrativa diluendo l’epopea di Voronoff in un
universo mirabolante dove il regno animale si mischia e s’interesse
costantemente con il mondo umano offrendo ampi spunti di riflessione sulla
natura, sulla storia e sul sempiterno ciclo di vita e morte.
Le rane che popolavano ai tempi di Voronoff le cisterne della sua
famosa Villa, resuscitano sulla banda sonora del film commentando con il loro
gracidio, come il coro di una tragedia, la stoltezza degli atti umani. In
un’atmosfera sempre più allucinatoria, anche le scimmie che il medico aveva
fatto venire dall’Africa e che allevava in grandi gabbie nel giardino per sue
operazioni, affiorano dalle immagini di repertorio con una vitalità prodigiosa
creando un vero e proprio corto circuito. Il trattamento riservato alle
popolazioni autoctone in epoca coloniale era poi cosi diverso da quello con cui
si trattavano le scimmie, si domanda Cioni, mentre sullo schermo appaiono le
immagini sbiadite di una tribù ammassata dietro un recinto che sembra una
gabbia?...
…Cioni ha il merito di lasciarsi andare a un'empatia sensoriale con
l'oggetto della propria analisi, assecondando il canto delle rane nelle
cisterne, presenti oggi come allora, testimoni delle fragilità umane e del
passaggio dei migranti. O ancora recuperando filmini di famiglia, girati sulle
spiagge della riviera ligure di Ponente, in cui prevale il senso di
un'apparente innocenza e la condivisione di momenti intimi e personali di
individui che non potremo mai conoscere, spettri di un luogo senza tempo su cui
sono stati tracciati confini che resistono all'evoluzione e al procedere della
storia.
Cioni fa fronte ai limiti imposti dalla situazione
pandemica in cui ha lavorato, trasformandoli in opportunità e mettendosi in
gioco, in un percorso di libere associazioni guidato dalla propria intuizione
e, fatto inedito nel suo cinema, dalla propria voce. Il timbro di Cioni
narratore diviene una litania erratica, che ritorna sui medesimi temi
osservandoli da diverse angolazioni, innamorandosi delle parole, cullato dai
suoni di Emmanuel de Boissieu e Saverio Damiani.
Dal pianeta degli umani diviene così opera onirica ma profondamente radicata in
un'attualità sconfortante, storia di fantasmi dove lo spettro è
l'insopprimibile tendenza dell'uomo a violare la propria natura per inseguire
la vanità. Un mantra di disillusione e malinconico sconforto per le magnifiche
sorti e progressive dell'uomo, che trova adeguato controcanto solo
nell'incessante e ripetitivo gracidio delle rane.
Nessun commento:
Posta un commento