mercoledì 1 giugno 2022

Gli spostati – John Huston

Marilyn Monroe, Clark Gable e Montgomery Clift insieme, in un capolavoro d'altri tempi, che dura anche oggi, in un film ricco di temi, emozioni, amicizia, sfumature, sguardi, umanità, amore, libertà, vita.

tutti e tre quegli attori sono a fine carriera, ma riescono a essere fresci e profondi come se dovessero esistere per l'eternità.

e poi ci sono i cavalli, che danno un senso e una soluzione a tutte le tensioni che si sono accumulate, fino all'esplosione.

the times they are a-changin’, cantava Bob Dylan.

un film indimenticabile, non privatevene, se ancora non lo conoscete.

buona indimenticabile visione.



 

QUI si può trovare il film, in italiano

 

  

Una lacerante meditazione sul male di vivere in una società alienante. Momenti di grandissimo pathos, un atmosfera desolata e desolante, un senso di solitudine e morte che non abbandona mai i protagonisti nè lo spettatore per tutta la durata del film. Tra le vette del cinema americano moderno, diretto da Huston con grande lucidità. Testamento cinematografico di tre icone filmiche qui in stato di grazia, con una Marilyn mai così dolorosa ed emozionante. Sottovalutato all'epoca, forse perchè troppo in anticipo sui tempi. Buona parte del maledettismo degli anni '60 viene proprio da qui.

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Bellissimo film sul disagio esistenziale e sul senso di inedaguatezza che, di lì a qualche anno, diventeranno il motore della rivoluzione culturale che interesserà l'America prima e il resto del mondo poi. Emblematica in questo senso la scelta di "colpire" la provincia americana del sud e quelle figure (il cowboy e la bella bionda) che rappresentavano gli ultimi baluardi di quel sistema di valori ormai agonizzante. Dipingere la crisi di questi simboli vuol dire comprendere la radicalità del cambiamento imminente.
Con un grande cast, ben scelto, per una galleria di personaggi straordinaria.
Un film autentico da cui emerge la poesia di cui è intriso e che non si perde in vuoti esercizi di retorica. La sequenza della cattura dei cavalli è da consegnare alla storia del cinema.
Sicuramente troppo avanti per essere capito e apprezzato nel 1961.

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Film maledetto passato alla storia del cinema non solo per la sua malinconica bellezza ma perché mostra le ultime interpretazioni di Clark Gable (che morì il giorno dopo la fine delle riprese) e di Marilyn Monroe. La pellicola mette in scena le storie disperate di quattro loser; Guido, un uomo solo che deve ancora elaborare il lutto per la scomparsa della moglie morta di parto; Gay, un cowboy vecchio stampo, rozzo e primitivo, abbandonato dalla moglie che l’ha tradito per un uomo più giovane di lui; Perce, una persona fragile ed instabile che, dopo la morte del padre si è visto sfilare dal patrigno la sua  fattoria sotto il naso ed, infine Roslyn che, dopo aver divorziato, ad Isabella, confessa: “Il guaio è che mi ritrovo sempre dove ho cominciato. Non ho mai avuto nessuno per molto. Puoi dire di avere qualcuno se sparisce continuamente? Anche mia madre non c’era mai; se ne andava per tre mesi con un paziente. Sono lunghi per una bambina. Sento la mancanza di mia madre. E’ la cosa più stupida.”  Ma a ben vedere (forse) i veri protagonisti della pellicola sono i maestosi spazi del Nevada ed i cavalli selvatici, simbolo di libertà. Marilyn è un incanto ma quando Gay resta solo con lei, non potrà fare a meno di sussurrarle:“Come mai sei così triste? Sei la donna più triste che abbia mai conosciuto.”. Da sceneggiatura scritta dal commediografo Arthur Miller, allora marito di Marilyn Monroe.

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Complice la magnetica aura dei propri volti scenici e quel sapore da ultima volta per Gable e Monroe – nonché di penultima per Clift – la narrazione de Gli spostati trova un sovra-arricchimento di senso e valoriale proprio nel cammino di vita dei suoi interpreti. In quel Gable raffinato ma malconcio, segnato da una vita d’eccessi, la cui caratterizzazione da cowboy-mancato/lestofante/gentiluomo di Gay gli si tatua sulla pelle sin dal primo momento; a Clift il cui Perce sperduto e senza meta sembra vivere di simbiosi con la sua esistenza caotica e in frantumi; sino alla Monroe, la cui cacofonia Marilyn/Roslyn vive del tossico peso del suo ex-marito-autore in un simbolismo malamente celato, disegnato più nei contorni di un’impropria mimesi, alla figura della diva-e-donna paragonata al cavallo selvaggio impossibile da imbrigliare al centro del terzo atto del racconto.

Uomini rotti quelli de Gli spostati. Sperduti, senza una specifica bussola vitale, in un presente in continuo e totale mutamento di costumi e di valori. Un’evoluzione, da principio, a cui gli agenti scenici di Huston si oppongono rompendo gli schemi delle proprie dimensioni relazionali e del presente – tra istanze di divorzio, matrimoni falliti e sbronze malinconiche al tramonto – per gettarsi nel passato. In un giocare a fare i cowboy che cova al suo interno un nostalgico e irreprensibile malessere di vivere. Cercando così, in un mondo che non li appartiene, perché, fuori tempoun posto che non li può accogliere, perché non esiste più

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2 commenti:

  1. Metto in lista, ultimamente ho visto un paio di film con Montgomery Clift e mi hanno soddisfatto alla grande.

    O.T. finalmente ho visto "Illusioni perdute", stasera al cinema e ti ho lasciato poche righe, ciao!

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