Marilyn Monroe, Clark Gable e Montgomery Clift insieme, in un capolavoro d'altri tempi, che dura anche oggi, in un film ricco di temi, emozioni, amicizia, sfumature, sguardi, umanità, amore, libertà, vita.
tutti e tre quegli attori sono a fine carriera, ma riescono a essere fresci e profondi come se dovessero esistere per l'eternità.
e poi ci sono i cavalli, che danno un senso e una soluzione a tutte le tensioni che si sono accumulate, fino all'esplosione.
the times they are a-changin’, cantava Bob Dylan.
un film indimenticabile, non privatevene, se ancora non lo conoscete.
buona indimenticabile visione.
QUI si può trovare il film, in italiano
Una lacerante meditazione sul male di vivere in
una società alienante. Momenti di grandissimo pathos, un atmosfera desolata e
desolante, un senso di solitudine e morte che non abbandona mai i protagonisti
nè lo spettatore per tutta la durata del film. Tra le vette del cinema
americano moderno, diretto da Huston con grande lucidità. Testamento
cinematografico di tre icone filmiche qui in stato di grazia, con una Marilyn
mai così dolorosa ed emozionante. Sottovalutato all'epoca, forse perchè troppo
in anticipo sui tempi. Buona parte del maledettismo degli anni '60 viene
proprio da qui.
Bellissimo film sul disagio esistenziale e sul
senso di inedaguatezza che, di lì a qualche anno, diventeranno il motore della
rivoluzione culturale che interesserà l'America prima e il resto del mondo poi.
Emblematica in questo senso la scelta di "colpire" la provincia
americana del sud e quelle figure (il cowboy e la bella bionda) che
rappresentavano gli ultimi baluardi di quel sistema di valori ormai
agonizzante. Dipingere la crisi di questi simboli vuol dire comprendere la
radicalità del cambiamento imminente.
Con un grande cast, ben scelto, per una galleria
di personaggi straordinaria.
Un film autentico da cui emerge la poesia di cui
è intriso e che non si perde in vuoti esercizi di retorica. La sequenza della cattura
dei cavalli è da consegnare alla storia del cinema.
Sicuramente troppo avanti per essere capito e
apprezzato nel 1961.
…Film maledetto passato alla storia del cinema non solo per la sua
malinconica bellezza ma perché mostra le ultime interpretazioni di Clark Gable
(che morì il giorno dopo la fine delle riprese) e di Marilyn Monroe. La
pellicola mette in scena le storie disperate di quattro loser; Guido, un uomo
solo che deve ancora elaborare il lutto per la scomparsa della moglie morta di
parto; Gay, un cowboy vecchio stampo, rozzo e primitivo, abbandonato dalla
moglie che l’ha tradito per un uomo più giovane di lui; Perce, una persona
fragile ed instabile che, dopo la morte del padre si è visto sfilare dal
patrigno la sua fattoria sotto il naso ed, infine Roslyn che, dopo aver
divorziato, ad Isabella, confessa: “Il guaio è che mi ritrovo
sempre dove ho cominciato. Non ho mai avuto nessuno per molto. Puoi dire di
avere qualcuno se sparisce continuamente? Anche mia madre non c’era mai; se ne
andava per tre mesi con un paziente. Sono lunghi per una bambina. Sento la
mancanza di mia madre. E’ la cosa più stupida.” Ma a ben vedere (forse) i veri protagonisti della pellicola sono i
maestosi spazi del Nevada ed i cavalli selvatici, simbolo di libertà. Marilyn è
un incanto ma quando Gay resta solo con lei, non potrà fare a meno di
sussurrarle:“Come mai sei così triste? Sei la donna più triste che abbia
mai conosciuto.”. Da
sceneggiatura scritta dal commediografo Arthur Miller, allora marito di Marilyn
Monroe.
…Complice la magnetica aura dei propri volti scenici e
quel sapore da ultima volta per Gable e Monroe –
nonché di penultima per Clift –
la narrazione de Gli spostati trova un
sovra-arricchimento di senso e valoriale proprio nel cammino di vita dei
suoi interpreti. In quel Gable raffinato ma
malconcio, segnato da una vita d’eccessi, la cui caratterizzazione da
cowboy-mancato/lestofante/gentiluomo di Gay gli si tatua sulla pelle sin dal
primo momento; a Clift il cui Perce sperduto e senza
meta sembra vivere di simbiosi con la sua esistenza caotica e in frantumi; sino
alla Monroe, la cui cacofonia Marilyn/Roslyn vive
del tossico peso del suo ex-marito-autore in un
simbolismo malamente celato, disegnato più nei contorni di un’impropria
mimesi, alla figura della diva-e-donna paragonata al cavallo selvaggio impossibile da
imbrigliare al centro del terzo
atto del racconto.
Uomini rotti quelli de Gli
spostati. Sperduti, senza una specifica bussola vitale, in un presente
in continuo e totale mutamento di costumi e di valori. Un’evoluzione, da
principio, a cui gli agenti scenici di Huston si
oppongono rompendo gli schemi delle proprie
dimensioni relazionali e del presente – tra istanze di divorzio, matrimoni
falliti e sbronze malinconiche al tramonto – per gettarsi nel passato.
In un giocare a fare i cowboy che cova al suo interno
un nostalgico e irreprensibile malessere di vivere.
Cercando così, in un mondo che non li appartiene,
perché, fuori tempo, un posto che non li può
accogliere, perché non esiste più…
Metto in lista, ultimamente ho visto un paio di film con Montgomery Clift e mi hanno soddisfatto alla grande.
RispondiEliminaO.T. finalmente ho visto "Illusioni perdute", stasera al cinema e ti ho lasciato poche righe, ciao!
le liste crescono...
Elimina