lo scandalo dei Panama papers spiegato con un film, che fila bene, senza annoiare, con grandi attori nelle mani di un grande regista.
come fregare tutti (i non ricchi non delinquenti) con giochi di prestigio da ergastolo, tollerati e ispirati dai grandi severi custodi dell'economia, quando si tratta del 99% del mondo.
film così possono fare intraprendere l'attività di terrorista, ma Louise-Michel, grande film francese di Gustave de Kervern e Benoît Delépine, mostrava qualche anno prima che il mostro dalle mille teste dei paradisi fiscale si combatte con altri metodi, solo che il nemico marcia alla nostra testa se ne frega, e noi li tolleriamo.
intanto guardatevi Panama Papers, bello e istruttivo, con una Meryl Streep senza rivali.
buona (economica) visione - Ismaele
QUI il documentario con la storia vera
QUI un articolo interessante sui Panama papers
…La storia è quella vera, risalente al
2016, dei cosiddetti Panama Papers, i dossier confidenziali creati dalla
Mossack Fonseca nei quali figuravano tutti i nomi degli azionisti - capi di
stato e di governo, funzionari, parenti e collaboratori di ogni sorta - che
nascondevano i loro beni al controllo statale. Ma Soderbergh si spinge oltre,
fino a dare un'identità alla fonte anonima che ha rivelato al mondo l'archivio
segreto dello studio.
Non è però Michael Moore, e questo non è un atto di giornalismo cinematografico
investigativo: è invece un atto politico, mascherato da gioco di prestigio; una
chiamata alle armi del proprio settore, perché se è vero che l'economia è il
cuore del problema (e della nostra esistenza e collazione sociale) è anche vero
che oggi la scena politica è innanzitutto quella mediatica e il cinema
americano, sembra voler dire Soderbergh, non può ignorare il proprio potere e
le proprie responsabilità.
Allergico alle modalità tradizionali di narrazione, dedito al rinnovamento
stilistico continuo, Soderbergh è anche un regista con i piedi ben piantati
nella complessità del nostro tempo (Traffic, The Informant, Effetti collaterali) e in questo film, che in parte
occhieggia a La Grande scommessa, non è difficile rintracciare gli
elementi che da sempre lo interessano, come le forme della frode e le dinamiche
dell'umana interconnessione.
Panama Papers non va oltre il divertissement
e non scava in profondità, ma è una lezione che vale la pena di farsi
impartire, se non altro perché Oldman e Banderas sono una coppia spettacolare
e, al solito, è ottima anche Meryl Streep nei panni di un'everyday woman, una
"mite", turista per caso della finanza con il fiuto e la
determinazione di Miss Marple.
…Alla pari di un Adam McKay, che con La grande scommessa e Vice aveva utilizzato la commedia come cavallo di troia per introdursi nei complicati meccanismi della finanza e della casa Bianca, Soderbergh si serve della stessa grammatica dove il pretesto “storico” diventa semplificazione e la trama è disinnescata da situazioni in cui ognuno può riconoscersi. Almeno a livello emotivo, mentre la questione pratica dello scandalo finanziario rimane evidentemente più distante, ed è più facile seguire la vicenda di Ellen Martin, una donna che perde il marito durante un incidente in barca e scopre in seguito i segni di una frode assicurativa di livello globale. Questo effetto domino messo in scena dal regista funziona in Panama Papers in maniera quasi perfetta, e la risata incontra il senso di colpa mescolando nel grande spettacolo della vita il lutto, i tradimenti, le avidità, gli imbrogli e ogni peggiore sfumatura dell’essere umano.
…Soderbergh è uno che sa come fare cinema
e come intrattenere gli spettatori, mettendo in scena uno spettacolo sempre
diverso ma di eguale impatto. Ne fornisce un’ulteriore prova con quell’oggetto
alieno che è Panama Papers (The Laundromat): un film divertente e divertito, nonostante
il tema scottante, diretto in modo brillante da una regia che gigioneggia come
al solito, e anche di più. Basato sul libro Secrecy World di
Jake Bernstein sul celeberrimo scandalo finanziario – ci arriviamo fra poco – è
sceneggiato da quello Scott Z. Burns che avevamo elogiato per la regia
dell’eccellente The Report, fedele collaboratore di Soderbergh e
con una propensione per le storie di intrighi e cospirazioni. Qua ci troviamo
però in un film completamente diverso dai vari The Post e Tutti
gli uomini del Presidente: siamo in un territorio ibrido, compreso fra la
narrazione scorsesiana di The Wolf of Wall
Street, la
brillantezza e l’ironia di Tarantino, il filone dei film sulle grandi truffe e
sul mondo della finanza (da Wall Street a La grande
scommessa), il tutto narrato in modo bizzarro e ludico, ma anche con
momenti semi-documentaristici…
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