Andrew Niccol è fissato con le cose che sembrano e le cose che sono, con i deus ex machina che creano quello che non esiste, ma l'atto della creazione lo fa esistere.
e tutti ci credono, così va il mondo (e va molto male).
Al Pacino è bravissimo, come lui sa esserlo, e la storia ogni giorno che passa è sempre più verosomile.
non è un capolavoro, ma un buon film sì.
buona (iconica) visione - Ismaele
Victor Karanski (Pacino) è un regista di
Hollywood che da anni passa da un fiasco all'altro. Il film che sta per
terminare è compromesso dai capricci della diva che abbandona il set. Nessuna
stella vuol lavorare con Victor che allora, grazie all'invenzione di un
mattoide geniale e morente, riesce con un certo programma, a riprodurre
virtualmente Simone, dalla strepitosa bellezza. L "attrice" ha un
successo abnorme, alla Greta Garbo, il mondo impazzisce per lei, che non si
mostra mai in pubblico. Victor riesce a farla apparire in televisione, a farla
cantare in uno stadio, ma nessuno la vedrà mai, naturalmente, dal vivo. Il
regista è stato abbandonato dalla moglie che si scopre gelosa di Simone. Il
"privato" è omai troppo connesso col virtuale, e Victor viene
accusato della morte di Simone, introvabile, appunto. Alla fine tutto si
accomoda, la famiglia si ricompone e Simone riprende a "vivere".
Patinata, intelligente, ennesima metafora intorno al trucco dei media e del
cinema. Il tema è fin troppo conosciuto ma l'idea della diva tridimensionale
composta dai pixel è suggestiva. E non è detto poi che, in un tempo come il
nostro, sia davvero legittimo dire che è "solo" virtuale, che non
esiste. Simone "esiste".
… se i protagonisti delle altre visioni private di Niccol vagano in
cerca di un punto di fuga, di una breccia fra le pareti di strutture virtuali,
S1møne è rinchiusa definitivamente nel suo involucro irreale, fedele e
sinergica duplicazione del suo creatore, macchina di sogni e desideri di
plastica pronta a regolare il mercato delle emozioni dell’inconscio collettivo.
Ormai ogni produzione di soggettività è solo espressione di un conatus di pura virtualità e
anche Hollywood, forse l’arma più potente che l’America ha avuto per
ridisegnare il nostro presente e passato, è solo uno strumento per celebrare ed
amplificare l’estetica del falso, un luogo di corpi e membra che
Niccol/Taransky si diverte a “riscrivere” e manipolare in quell’unico ologramma
filmico che è lo spettro pulsante di S1møne.
Sempre ispirato, seppur
indirettamente, dalle pagine di Philip K. Dick – non a caso autore di un libro
intitolato I simulacri, forse lo scrittore che
più di ogni altro ha influenzato la poetica di Niccol,- e vicino all’idea di
cinema come grande illusione e perdita d’identità cara all’Orson Welles
di F for Fake e Rapporto confidenziale,
il regista di S1møne si
conferma grande romanziere di forme filmiche, testimone di una cinema che ha
ben compreso che leggere politicamente il nostro tempo è solo questione di
corpi, desideri e vuoti simulacri.
… S1m0ne, like Simone, is more than just the sum of its
parts: visually striking and thematically intriguing, it’s often also
laugh-out-loud hilarious while managing the extremely difficult feat of
sustaining its comic momentum over an audacious 2-hour running time. Breezily
ignoring plausibility (Simone is nominated twice for Best Actress in the same
year’s Oscars),
Niccol instead daringly extends the range of his satire: as she develops,
Simone amusingly takes on more and more of a Princess Diana ambience –
romantically linked with a succession of unlikely famous names, she’s even
“buried” on an island after her apparent tragic demise.
Niccol’s ambitions occasionally overwhelm the essential
lightness of his material (early on Vik has Simone proclaim “I am the death of
the real!”) but he wisely keeps the main focus on the increasingly desperate
Pacino, who has many scenes with Simone where he’s basically acting against a
blank screen. The whole film is deliberately somewhat underpopulated, in
keeping with Niccol’s coolly minimalist visuals – which feature some mockingly
“Soderberghian” colour filters. The one striking exception comes when Simone
‘appears’ in public for the first time at a sell-out stadium concert:
enshrouded by dry ice, hologrammatically belting out ‘Natural Woman’ to her
arm-waving, adoring public. It’s at inspired, delirious moments like these that S1m0ne really
takes off – unlike Simone herself, this film is emphatically the real thing.
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