giovedì 23 giugno 2022

Simone – Andrew Niccol

Andrew Niccol è fissato con le cose che sembrano e le cose che sono, con i deus ex machina che creano quello che non esiste, ma l'atto della creazione lo fa esistere.

e tutti ci credono, così va il mondo (e va molto male).

Al Pacino è bravissimo, come lui sa esserlo, e la storia ogni giorno che passa è sempre più verosomile.

non è un capolavoro, ma un buon film sì.

buona (iconica) visione - Ismaele

 

 

 

 

 

Victor Karanski (Pacino) è un regista di Hollywood che da anni passa da un fiasco all'altro. Il film che sta per terminare è compromesso dai capricci della diva che abbandona il set. Nessuna stella vuol lavorare con Victor che allora, grazie all'invenzione di un mattoide geniale e morente, riesce con un certo programma, a riprodurre virtualmente Simone, dalla strepitosa bellezza. L "attrice" ha un successo abnorme, alla Greta Garbo, il mondo impazzisce per lei, che non si mostra mai in pubblico. Victor riesce a farla apparire in televisione, a farla cantare in uno stadio, ma nessuno la vedrà mai, naturalmente, dal vivo. Il regista è stato abbandonato dalla moglie che si scopre gelosa di Simone. Il "privato" è omai troppo connesso col virtuale, e Victor viene accusato della morte di Simone, introvabile, appunto. Alla fine tutto si accomoda, la famiglia si ricompone e Simone riprende a "vivere". Patinata, intelligente, ennesima metafora intorno al trucco dei media e del cinema. Il tema è fin troppo conosciuto ma l'idea della diva tridimensionale composta dai pixel è suggestiva. E non è detto poi che, in un tempo come il nostro, sia davvero legittimo dire che è "solo" virtuale, che non esiste. Simone "esiste".

da qui

 

se i protagonisti delle altre visioni private di Niccol vagano in cerca di un punto di fuga, di una breccia fra le pareti di strutture virtuali, S1møne è rinchiusa definitivamente nel suo involucro irreale, fedele e sinergica duplicazione del suo creatore, macchina di sogni e desideri di plastica pronta a regolare il mercato delle emozioni dell’inconscio collettivo. Ormai ogni produzione di soggettività è solo espressione di un conatus di pura virtualità e anche Hollywood, forse l’arma più potente che l’America ha avuto per ridisegnare il nostro presente e passato, è solo uno strumento per celebrare ed amplificare l’estetica del falso, un luogo di corpi e membra che Niccol/Taransky si diverte a “riscrivere” e manipolare in quell’unico ologramma filmico che è lo spettro pulsante di S1møne.

Sempre ispirato, seppur indirettamente, dalle pagine di Philip K. Dick – non a caso autore di un libro intitolato I simulacri, forse lo scrittore che più di ogni altro ha influenzato la poetica di Niccol,- e vicino all’idea di cinema come grande illusione e perdita d’identità cara all’Orson Welles di F for Fake e Rapporto confidenziale, il regista di S1møne si conferma grande romanziere di forme filmiche, testimone di una cinema che ha ben compreso che leggere politicamente il nostro tempo è solo questione di corpi, desideri e vuoti simulacri.

da qui

 

S1m0ne, like Simone, is more than just the sum of its parts: visually striking and thematically intriguing, it’s often also laugh-out-loud hilarious while managing the extremely difficult feat of sustaining its comic momentum over an audacious 2-hour running time. Breezily ignoring plausibility (Simone is nominated twice for Best Actress in the same year’s Oscars), Niccol instead daringly extends the range of his satire: as she develops, Simone amusingly takes on more and more of a Princess Diana ambience – romantically linked with a succession of unlikely famous names, she’s even “buried” on an island after her apparent tragic demise.

Niccol’s ambitions occasionally overwhelm the essential lightness of his material (early on Vik has Simone proclaim “I am the death of the real!”) but he wisely keeps the main focus on the increasingly desperate Pacino, who has many scenes with Simone where he’s basically acting against a blank screen. The whole film is deliberately somewhat underpopulated, in keeping with Niccol’s coolly minimalist visuals – which feature some mockingly “Soderberghian” colour filters. The one striking exception comes when Simone ‘appears’ in public for the first time at a sell-out stadium concert: enshrouded by dry ice, hologrammatically belting out ‘Natural Woman’ to her arm-waving, adoring public. It’s at inspired, delirious moments like these that S1m0ne really takes off – unlike Simone herself, this film is emphatically the real thing.

da qui

 


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