venerdì 26 agosto 2022

Kalo Pothi - Min Bahadur Bham

un film sull'amicizia di due bambini, Prakash e Kiran, nel mezzo della guerra fra i maoisti e l'esercito del re.

i due bambini sono alleati per salvare una gallina e ci riescono, contro tutte le aspettative.

un bel film che arriva dall'altra parte del mondo.

buona visione - Ismaele


 

“I maoisti sono una minaccia per i nostri figli.” Il Nepal per circa dieci anni è stato sconvolto dalla guerra civile. Si sono fronteggiati l’esercito e i guerriglieri maoisti. Nel 2006 si è raggiunto un accordo e lentamente è iniziato il disarmo delle popolazioni armate. Ci sono stati circa tredicimila morti dei quali molti civili. Il regista nepalese Min Bahadur Bham ci racconta un frammento della guerra nel film Kalo Pothi – The Black Hen. Il cinema nepalese è sconosciuto. Il regista ci racconta dell’amore dei nepalesi per il cinema: “In questo momento in Nepal si producono più di 150 film all’anno, come in Europa e in India, ma nessuno di essi è veramente buono.” Centocinquanta film sono tanti per una nazione di circa trenta milioni di abitanti e povera. L’autore ci presenta la guerra incrociando un linguaggio realistico con quello sognatore e visionario. Il legame della storia è fantastico, è una gallina nera che passa di mano in mano: “Nella storia la gallina è un elemento molto importante, è il personaggio principale e una sorta di metafora.” S’inizia con l’inquadratura dell’animale portata in un cesto da un vecchio. Siamo in un villaggio rurale nel nord del paese. Due ragazzini, Prakash e Kiran, amici nonostante le differenze di casta, arrivano in possesso della gallina per poi perderla. I due ragazzini sono molto vivaci. Subiscono la guerra, la sorella di Prakash è entrata nell’esercito maiosta, mentre i parenti di Kiran sono i capi del villaggio, fedeli al governo. Sono loro a raccontare la guerra, a mostrarci le disuguaglianze effimere, inesistenti nella loro ingenua giovinezza e amicizia. La ricerca assidua, e perfino pericolosa della gallina, è la ricerca della pace, che tarda ad arrivare. Il regista si sofferma sul rosso comunista, sulla falce e martello, sulle immagini di Mao. Tutti i maoisti vestono rigorosamente in rosso: “saluto rosso.” L’altro aspetto è la vita quotidiana di una nazione sperduta del Nepal. Un mondo sconosciuto. Il regista indugia sui particolari umani e sociali, non solo la grande problematica della guerra civile. Mostra la povertà, nel paese uomini e animali vivono insieme, in una promiscuità scarsamente igienica. Non hanno il bagno in casa e si lavano fuori. Mangiano cipolle crude con il sale e ingoiano uova intere. Gli uomini camminano avanti e le donne qualche passo indietro. Ma c’è pure divertimento: la gara al tiro della fune, l’arrivo del cinema, la buffa danza in tuta militare per cercare delle reclute. Il posto è bellissimo, un luogo sospeso sopra il mondo, dove è possibile vedere l’infinito. Questa bellezza è accentuata dal tono irreale su cui punta l’autore: la paura per i fantasmi, per l’orso nero. “Hai il singhiozzo, tuo nonno ti pensa” e riusciamo a comprendere il valore della memoria. Nel film la fisicità della natura è notevole, mischiata con il fantastico, la crudeltà del conflitto, i sogni dei bambini, le tradizioni ataviche. Il risultato è una storia potente, girato con passione. I bambini, in una foresta, rimangono invischiati in uno scontro fra una pattuglia governativa e quella dei ribelli. Il sangue è tanto e i morti sono ovunque. Fuggiti, entrano nudi nel fiume, e l’acqua intorno a loro si macchia di rosso. Il sangue non ha risparmiato nulla, forse solo la gallina che continua il viaggio.

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Le Népal, pays méconnu que notre imaginaire renvoie essentiellement aux sommets himalayens qui le bordent, fut il y a peu le théâtre de graves troubles intérieurs opposant les milices Maoïstes rebelles et le gouvernement. C’est dans ce climat de tension que Min Bahadur Bham déploie son Kalo Pothi , une jolie chronique villageoise qui n’est pas sans rappeler un certain cinéma social iranien. Pris dans les filets de multiples endoctrinements, familiaux, religieux ou militaires, deux gamins tentent de conserver envers et contre tout une poule pondeuse. L’animal offre à Bham le contrepoint idéal pour illustrer les espoirs de ces enfants dans un futur que les adultes du village semblent eux avoir sacrifié au profit immédiat ou aux simulacres de relations sociales.

Sans verser dans le drame excessif et parvenant à contourner l’exotisme du lieu, le jeune réalisateur imprime dans le regard de ses bambins la force et la résilience d’un pays que l’on sent démuni face aux drames qui se nouent en toile de fond. Mais si le réalisateur garde intact le rêve de jours meilleurs, il n’en oublie pas moins de souligner les drames de familles déchirées et de vies brisées par les antagonismes présents. Notamment dans les deux scènes de rêve, filmées avec la délicatesse du ralenti, et dans une finale qui illustre de belle manière la prise de conscience de ces deux petits amis, immergés dans un monde ou l’enfance n’est pas vraiment synonyme d’insouciance.

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Nel viaggio finale di Prakash e Kiran per ritrovare la gallina, trovano infatti l’impatto duro con la rivolta: i corpi a terra, le ferite. Per sfuggirvi si sporcano i visi del sangue di quegli innocenti, fingendo si essere cadaveri, un po’ come si fa per ingannare un orso in agguato. Poi c’è il bagno purificatore nel fiume,fonte di espiazione e sollievo, per Prakash e Kiran, per il Nepal. Il film dunque non spezza la catena di morte che realisticamente è ancora troppo forte, ma lascia il segno della speranza nei simboli, disseminati qua e là, sino a quell’epilogo: una collana di pelle e una piuma di gallina, oggetti senza importanza caricati di un significato importante e della grande responsabilità di proiettare lo sguardo oltre.

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La película vencedora de la última edición de la Settimana Internazionale de la Crítica del Festival de Venecia –y que se convirtió en el primer film nepalí exhibido en la Historia de la Mostra– fue escogida para inaugurar la competición de óperas primas del Festival de Tarragona. Kalo Pothi (traducido como ‘La gallina negra’) nos sitúa en el corazón rural de Nepal, devastado y empobrecido a causa de una guerra civil que enemistó al ejército oficial con un grupo de guerrilleros afines a las ideologías maoístas, entre 1996 y 2006. El relato (fechado en 2001) arranca con una retransmisión radiofónica de los atentados a las Torres Gemelas de Nueva York. En dicha escena, los campesinos de la pequeña aldea ensayan una danza para futuras ceremonias, haciendo caso omiso al conflicto extranjero. Su reacción ante el affaire estadounidense es un reflejo de su negativa por entender y asimilar su contexto bélico. Un niño sin madre, llamado Prakash, que será abandonado por su hermana cuando ésta se escape para unirse al enemigo, es el encargado de representar la peligrosa indiferencia de todo un pueblo. Mientras él y su mejor amigo, Kiran, se desviven por encontrar una gallina que sustituya a la que perdieron por un mal trato, el horror de la guerra está interfiriendo en sus libertades. Min Bahadur Bham filma los juegos y las artimañas de los chicos con un toque neorrealista, que recuerda al mejor Abbas Kiarostami. Pero el estilo costumbrista no será el único que predomine en la ficción. El realizador novel mezcla la cotidianidad etnográfica con estilizadas escenas ralentizadas. En ellas percibimos los sueños del protagonista, que ponen de manifiesto la pérdida de la inocencia del muchacho como metáfora de la perversión de su país; por ejemplo, el recuerdo de la muerte de su madre o militares interfiriendo en un acto sacro.

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Kalo Pothi, Un Pueblo De Nepal nos enseña un canto a la amistad a pesar de las diferencias y visto a través de los ojos de unos niños que no comprenden porque resulta tan difícil que puedan ser amigos por pertenecer a castas diferentes. Descubrimos como una simple gallina puede ser vital para el subsistir de una familia cuando para otra es solo eso, un ave. Una película donde el director cuenta una historia de amistad teniendo la Guerra Civil como telón de fondo pero que según avanza la película se convierte en tema principal mostrando los horrores que crea cualquier guerra y esta no va a ser menos. Para mi gusto esa última media hora es lo mejor de un film que en ningún momento pierde el interés pero que si es verdad tarda un poco en arrancar, eso si una vez dentro el espectador disfrutará de un film muy didáctico sobre un país Nepal, lejano y desconocido para la mayoría de nosotros.
Con un maestría nada propia de un novel Min Bahadur Bham consigue crear una película en la que narrativamente-casi-nada es reprochable y tiene la virtud de no tomar partido sobre ningún bando demostrando que, las verdaderas victimas de cualquier guerra es la gente del pueblo que tiene que soportar la barbarie de cualquier bando. Una historia mínima y sin apenas fisuras que acompañada de una estupenda fotografía hace de  Kalo Pothi, Un Pueblo De Nepal una película para comprender y entender a un país del que no sabemos nada .Todo ello a través de la amistad de dos niños.

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