in Nepal c'è (stata?) una guerra civile, i monarchici, tradizionalisti, contro i maoisti, e queato guerra ha diviso anche le famiglie.
nel film un vecchi deve essere seppellito come la tradizione comanda, i due figli devono trasportare il corpo fino alla riva del fiume, peccato che siano di ideologie totalmente diverse, e non riescono a mettersi d'accordo.
e poi ci sono i bambini...
gran film, perfetto per capire qualcosa dell'altro mondo.
buona (funeraria, ma non solo) visione - ismaele
…In generale White Sun mette
in scena un conflitto che non è solo politico tra i fautori della tradizione e
dell’ortodossia e quelli della modernità, tra il Nepal di campagna ancorato a
riti religiosi e superstizioni e quello moderno, secolare, di città. Un
conflitto fratricida. Chandra aveva abbracciato la fazione maoista, mentre
padre e fratello erano monarchici, e gli risulta difficile accettare che il
corpo del padre sia avvolto nel vessillo della fazione contro cui ha
combattuto.
E in questo contesto si inserisce anche il problema della paternità di Chandra,
del suo riconoscimento e del dubbio della bambina su chi sia il vero genitore,
cosa che sembra non sapere neanche lo stesso Chandra o quantomeno pare non gli
importi nulla. Anche le generazioni future rischiano di trascinarsi dietro le
tensioni e le confusioni di ruoli dei padri.
I contrasti famigliari e politici si incastrano tra di loro e con il
rispetto o meno delle tradizioni. Non si può toccare il corpo del defunto,
guasterebbe il rituale; la salma non può uscire dalla porta principale; non si
può metterlo giù prima del fiume, sarebbe un sacrilegio; non si può seppellire;
le donne non sono ammesse al funerale; gli appartenenti a una casta inferiore
non possono neanche avvicinarsi al corteo funebre; il basilico sacro. Prescrizioni
e formalismi che appaiono assurdi ai nostri occhi occidentali, che pure
conoscono il danno estremo che potrebbe portare una rivoluzione culturale, la
cancellazione delle tradizioni.
Dall’altra parte si scorgono le nuove istituzioni del paese – ci fa
vedere White Sun – ma si
mostrano già traballanti. Il loro corrispettivo dogmatico è la burocrazia: i
militari della stazione di polizia non possono occuparsi del problema perché
riguarda una giurisdizione diversa. E gli stessi dirigenti maoisti fanno
trapelare la loro arroganza. E anche quando si sposano seguono il rito
tradizionale. E ancora il bambino che rinfaccia a Chandra di aver avuto
entrambi i genitori uccisi dai maoisti spazza via ogni residuo di manicheismo.
White Sun è la storia di un paese lontano, di
cui sappiamo poco e quel poco è spesso inquinato da pregiudizi. E ha il merito
di essere una storia raccontata da un punto di vista interno
…Deepak Rauniyar gestisce bene il materiale a propria disposizione,
dando vita a una storia che riesce a coinvolgere gli spettatori di ogni
latitudine e a raccontare una parte di mondo lontana dalle nostra cultura e
dalla nostra quotidianità, ancora radicata su pensieri e credenze discutibili,
ma anche ricca di un non totalmente espresso potenziale umano. Gli attori
protagonisti non sfigurano, e riescono sempre a rendere credibili i turbamenti
e i contrasti dei loro personaggi. Buona anche la fotografia di Mark
O‘Fearghail, che esalta sia i momenti più cupi e carichi di tensione,
sia le ambientazioni naturali che fanno da sfondo alla storia.
Pur con mezzi ridotti e una struttura narrativa
abbastanza lineare, White Sun ci guida in un
affascinante viaggio all’interno di un territorio sconosciuto ai più come il
Nepal, accompagnandoci in un viaggio per la sepoltura di un padre, ma che
simbolicamente sotterra anche una parte di storia del paese, affidando ai
bambini la speranza di un futuro più sereno e pacifico.
… Se i più anziani non accettano alcuna modifica alle loro abitudini,
rendendo alcune semplici azioni impervie, gli adulti sono in disaccordo tra
loro, agli alti livelli, vedasi appunto la delicata situazione politica, così
come nel quotidiano, con lo scontro tra fratelli divisi praticamente su tutto.
La vera speranza per il futuro risiede nelle menti sgombre dei più piccoli,
ancora incontaminati, con quella spontaneità, voglia di rendere tutto un gioco,
e anche di essere dispettosi tra loro, che li rende, se non uguali, simili a
tutte le latitudini del mondo.
Questo aspetto è esplicitato in modo incontrovertibile
nella (bellissima per controllo e gesto) scena che taglia le gambe a ogni
discussione, un ulteriore punto a proprio favore di un racconto molto fluido,
che sa essere chiaro grazie a motivazioni importanti in più, il luogo, così
come i volti caratteristici, rendono il contorno quasi documentaristico, con
una vallata generosa di natura, ripidi sentieri, solcati durante una
processione infinita, e lunghe scalinate di accesso.
Pur non parlando di una pellicola miracolosa, il
regista Deepak Rauniyar dimostra di avere in testa, non
solo una visione generale nitida e regolare nell’esporre un pezzo alla volta,
ma anche capacità di inquadramento scenico che permettono alla sua opera di non
essere visivamente povera come l’origine nepalese, anche se è pur sempre una
coproduzione internazionale, farebbe pensare intimorendo chi teme tempi lunghi
e dialoghi risicati, due aspetti che non la riguardano.
Una piccola lezione, soprattutto per chi è sempre, e
comunque, incardinato sulle sue posizioni.
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