domenica 21 agosto 2022

Creepy - Kiyoshi Kurosawa

secondo me un film così non l'avete mai visto.

una storia a orologeria, implacabile, un cattivo come pochi, una corsa contro il tempo che inquieta come in pochi altri film.

di sicuro non riuscite a smettere di vederlo, è un crescendo che coinvolge fino all'ultimo minuto.

un gioiellino come pochi, un serial killer imprevedibile.

buona (ottima) visione - Ismaele




 

E con questo fantastico "Creepy" Kiyoshi Kurosawa firma il suo ennesimo capolavoro. 

Parto subito così mettendo immediatamente le carte in chiaro, questo film è un capolavoro, esattamente come "The Cure" e anzi, mi sbilancio forse ancor più di "The Cure". 

Si perchè in "Creepy" c'è la regia del maestro Kurosawa che è un qualcosa di impressionante, una maestria, una eleganza nella messa in scena, una fotografia sbalorditiva, una direzione degli attori a dir poco fenomenale e un film che scorre lentamente ma che va verso un finale drammatico e indimenticabile. 

Di Kurosawa ho capito che è un regista che non tende mai a spettacolarizzare niente, perfino in film di fantascienza tipo "Before We Vanish" tendenva a spettacolarizzare poco e niente, figuriamoci qui che abbiamo a che fare un giallo, un thriller perfetto e che ci inchioda alla poltrona dall'inizio alla fine. 

Abbiamo un ex poliziotto, ora docente universitario che viene richiamato per occuparsi di un caso molto complicato, contemporaneamente a questo lui ha appena traslocato con la compagna e cerca di conoscere i vicini di casa, tra questi c'è un tipo molto e sottolineo molto particolare, un tipo bizzarro, inquietante, sinistro, grottesco, tragico. 

Abbiamo quindi uno dei "cattivi" più bizzarri che abbia mai visto, un serial killer vero ma che ha l'astuzia di preparare piani diabolici ricorrendo perfino a droghe molto potenti, per rimbambire completamente le sue vittime, ma che ha anche una paura folle insolita per un serial killer...ha paura di sparare! Geniale! 

Ancora una volta quindi il cinema orientale si dimostra superiore, sulla carta imbattibile sotto ogni angolazione lo si voglia prendere, questo perchè secondo me in Oriente c'è prima di tutto una maggiore libertà sul mondo della settima arte, seconda cosa perchè ci sono decine e decine di registi che sono capaci di sfornare capolavori, film perfetti, che sono di una bellezza sconvolgente, sia da un punto di vista tecnico, sia da un punto di vista visivo, sia da delle narrazioni che è impossibile non seguire con tutta la passione possibile. 

Come dicevo, un giallo, un thriller, un film che va alla ricerca di un killer, si ma non è un film tipo "Seven" (che è un grande film) è un qualcosa di completamente diverso. 

Non è un film che tende a farti saltare dalla sedia, non è un film "notturno", anzi la fotografia è limpida, lucida, gran parte del film si svolge in pieno giorno...ma quando si oltrepassa quel maledetto cancello della casa di questo vicino così grottesco...li si entra nel mondo delle tenebre, e la paura arriva come una frecciata in petto. 

Un finale poi meraviglioso, che si, forse quando lo vedrete lo potrete anche intuire, ma comunque messo insieme a tutto quello che abbiamo visto ci fa tirare un sospiro di sollievo e ci fa uscire da un autentico incubo. 

Che dire quindi, ennesimo colpo grosso per Kurosawa, regista mastodontico che con "Creepy" film il suo ennesimo e immenso film che non vi potete perdere per nessun motivo al mondo. 

Da vedere ad ogni costo. 

da qui

 

La maestria che coordina questo sconvolgente thriller d’autore risiede innanzitutto nel saper tramutare una storia illustrata con toni tutto sommato ordinari, mai sovraccarichi o canonizzati, in un vero incubo ipnotico sulla disgregazione affettiva e sociale del gruppo familiare, sorprendente e disturbante fino all’ultima sequenza.

Il senso di insalubrità, di soffocamento progressivo, indotto anche da uno spettro di tinte desaturate che, nel lugubre abbandono di certi spazi “vitali”, sembrano fissare nell’atmosfera immote incrostazioni di malessere cronico e incallita ostilità, cresce seguendo una cadenza costante poggiata sul rinvenimento degli indizi, sulla constatazione delle preoccupanti anomalie che circondano la dimora della coppia, svelate con tale freddo controllo (dell’esposizione narrativa, del montaggio, della simbolica erezione delle inquadrature) da apparire sempre angosciosamente plausibili.

In questa condotta sottrattiva risiede la forza incantatrice del lungometraggio, che nonostante la non trascurabile durata ne esce supremamente compatto, motivo per cui, rivolgendo a visione conclusa il pensiero all’anima negativa della vicenda, se ne può apprezzare integralmente il ragguardevole corredo psicologico, accresciuto con astuzia viperina sotto lo sguardo insospettito del pubblico, il quale, se per un buon lasso di tempo ne sa quanto il primattore, non appena si prospetti uno scarto in avanti nella conoscenza dell’occulta verità non può che trovarsi di fronte a una nuova dose di elementi sconcertanti, ben lungi dall’essere chiarificatori.

Merito indiscutibile da addurre all’eccellente carisma del villain, letteralmente disorientante nella costruzione meticolosa dell’intonazione mendace, delle movenze repellenti, delle smorfie e degli sguardi malati, del demoniaco dominio sui “compagni di scena”, dell’agghiacciante perversione che sembra non avere alcun tipo di argine esterno.

Degno di nota anche il nutrito correlativo sonoro, d’un’eloquenza oscura e composta, giocata sulle ricchissime dissonanze degli archi e sulla loro fusione ad un permanente humus di origine intradiegetica, efficace fonte ulteriore di suspense e irreprimibile nocività.

da qui

 

Kurosawa si disinteressa delle increspature narrative, trascina i propri personaggi verso l’orrore, li rende schiavi di una fine annunciata e atroce. E si disinteressa anche del mondo circostante, di tutto quello che normalmente ruoterebbe attorno alle case di Takakura e di Nishino. Creepy è un microcosmo a parte, un luogo altro. Una Twilight Zone alimentata dall’indifferenza. Kurosawa non ha bisogno di oliare snodi narrativi, così si concede alcuni passaggi spregiudicati, evidentemente metaforici: è il cortocircuito tra quotidianità e orrore a trascinare il vecchio ispettore Tanimoto nell’antro del diavolo. È la superficialità di chi non (ri)conosce più i suoi vicini.

Creepy riesce a dare corpo al Male, a quella malvagità che cresce e prolifera in un cono d’ombra, che succhia forza ed energia dalla stanca routine matrimoniale di Yasuko, dalle conflittualità adolescenziali di Mio. Kurosawa rielabora, stilizzandoli, alcuni elementi formali del J-Horror per adattarli a una realtà dai contorni luciferini: emblematica l’immagine della grande busta di plastica, del suo effetto sui corpi, della composizione raccapricciante dei capelli e della pelle bianca, morta…

http://quinlan.it/2016/04/30/creepy/

 

Protagonista un ambiguo e repellente Kagawa Teruyuki, uno dei migliori attori della sua generazione, che si contrappone al detective di Nishijima Idetoshi, accecato dalle troppe certezze e costretto a trovare la verità affrontando i propri demoni. Il tutto viene raccontato con un ineguagliabile senso dell'inquadratura e della sua costruzione. In Creepy, diversamente ad esempio da quanto avviene in Retribution, non sono i colori a svolgere un ruolo simbolico. È piuttosto la loro assenza, la totale desaturazione che porta quasi a una scomparsa del sangue dai cadaveri, a raccontare per immagini lo svuotamento - di ricordi, emozioni, amore, affetti - di cui è oggetto il nucleo familiare. Gli spazi chiusi e ostili o i cortili pieni di cianfrusaglie che dividono una casa dall'altra non fanno che ribadire una sensazione di frustrazione e abbandono, destinata a deflagrare nel catartico climax finale. Un epilogo che sa di accettazione della sofferenza come ineluttabile compagna dell'esistenza, elemento di possibile condivisione anziché di vana separazione.

da qui

 

Diciamolo subito: se questo film avesse avuto una firma diversa, probabilmente il giudizio sarebbe stato più magnanimo, ma conoscendo Kurosawa Creepy non può sfuggire ad una serie di osservazioni che ne minano abbastanza la valutazione complessiva.

Se dal punto di vista tecnico  la mano del regista giapponese è chiarissima e altrettanto si può dire per la tipologia dei personaggi e delle tematiche trattate rivolte sempre a quel lato oscuro e intimamente malvagio dell'animo umano, la struttura narrativa del film convince molto poco: Creepy infatti sembra ondeggiare in maniera spesso confusa tra il film che vorrebbe affacciarsi al soprannaturale e al suo substrato filosofico e il racconto logico da thriller, col risultato che alcuni snodi fondamentali del film (basti pensare alla figura dell'anziano detective di provincia) sono francamente poco credibili e forzati.

Se come thriller Creepy il suo lavoro, soprattutto nel finale lo svolge bene, anche nel metter in mostra alcuni lati oscuri dell'animo umano e nel creare suspance, come impianto complessivo mostra svariati punti deboli e sembra troppo spesso ridursi allo scontro tra psicopatie e alterazioni delle personalità, utilizzando tra l'altro stratagemmi molto poco convincenti ( le droghe che vengono utilizzate ad esempio).

Sicuro punto forte del film è il personaggio di Nishino, un eccellente Kagawa Teruyuki, mentre Nishijima Hidetoshi non è altrettanto convincente nel ruolo di Takakura e Takeuchi Yuko ben si presta al ruolo di moglie remissiva e devota.

da qui

 

Creepy è fedele al suo titolo per buona parte dello svolgimento, instillando un sentimento di leggero malessere e disagio man mano che i personaggi si fanno conoscere. Il problema però è che il cuore della storia non è ben supportato dal contorno. Tutto quello che ruota intorno ai personaggi principali diventa gradualmente sempre più sciatto nello svolgimento. Mentre i fatti salienti accadono nel microcosmo del vicinato, le reazioni del mondo esterno, della polizia, dei conoscenti sono così ingenue da lasciare perplessi a dir poco. Questo indebolisce molto la storia rendendola un po’ irreale, ma anche troppo poco irreale. Probabilmente sarebbe stato meglio andare nella direzione opposta e dare al tutto un carattere più surreale.

Sicuramente c’è molta allusione alla cultura del Giappone moderno, alla grande riservatezza che sfocia spesso, soprattutto nelle città, in indifferenza e diffidenza verso gli altri, addirittura tra coniugi.
Ciò non toglie che le mie aspettative sono rimaste un po’ deluse nel complesso, anche se nei particolari ci sono delle vere perle del brivido, incluso il sorriso di Nishino.

da qui

 


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