mercoledì 3 agosto 2022

Queen of Katwe (La regina bambina) – Mira Nair

non è il solito film Disney per ragazzini, se a dirigerlo c'è Mira Nair.

Phiona è una povera come tanti, analfabeta, destinata a diventare venditrice di mercato e moglie del primo che se la prende, ma ha un dono, impara a giocare a scacchi e diventa bravissima, fra mille difficoltà. 

ha un grande maestro, interpretato da David Oyelowo, che ha l'unico obiettivo della crescita dei ragazzini e delle ragazzine dello slum di Katwe.

ha una mamma straordinaria, interpretata come si deve da Lupita Nyong’o, e dei fratellini bravissimi.

la storia è successa veramente, nei titoli di coda appaiono le persone che hanno ispirato il film.

buona (resistente e commovente) visione - Ismaele

 

 

 

mi aspettavo che Queen of Katwe avrebbe trovato un modo per diventare assolutamente repellente, nonostante a prima vista la storia non presentasse alcuna opportunità per svolte razziste o esoticizzanti. È stato bello essere smentita: la regista Mira Nair (che peraltro vive a Katwe da 27 anni) mette insieme un film pur sempre dedicato a un pubblico giovane, ma sorprendentemente onesto e realistico. La regina del titolo è Phiona Mutesi (classe 1996), cresciuta nel più grande degli slum della capitale dell’Uganda, Kampala – per l’appunto, Katwe. Dopo aver abbandonato la scuola per aiutare economicamente la sua famiglia, a soli dieci anni Mutesi cominciò a frequentare la missione religiosa locale e imparò a giocare a scacchi, diventando nel giro di pochi anni una delle più giovani campionesse internazionali della storia. La storia di Phiona, inclusa la povertà estrema della sua famiglia e le molte difficoltà con cui si scontra vengono presentate in maniera accessibile, ma non edulcorata; quando i Mutesi perdono la loro casa, non guardano le stelle su un prato, ma dormono nel fango al freddo. Con una storia del genere sarebbe semplice – e, ancora una volta, prevedibile in un film Disney – scadere nel melodramma (e nei facili parallelismi tra la vita di Phiona e gli scacchi), ma Mira Nair si tiene per la maggior parte lontana dalla facile manipolazione dello spettatore, lasciando che la storia si sviluppi in maniera naturale invece di puntare su picchi di pathos e violini. Il cast di attori locali – la maggior parte alla prima esperienza cinematografica, compresa la protagonista Madina Nalwanga – non viene oscurato dai “nomi grossi” del film, David Oyelowo nei panni del mentore della missione, e Lupita Nyong’o, che prova ancora la sua eccezionale versatilità nel ruolo della madre di Phiona. Queen of Katwe non è un trionfo del cinema d’essai e non pretende di esserlo, ma è un film intelligente e incantevole, che racconta la realtà della vita contemporanea in Uganda sottolineando le inequalità e i problemi della sua società, allo stesso tempo risparmiandosi (e risparmiandoci) banalità e romanticismi fuori luogo – incluse le incomprensibili riprese aeree di giraffe che corrono nella savana in qualsiasi film occidentale ambientato nell’Africa subsahariana

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Mira Nair riesce a imprimere ritmo alla storia, tenendo le fila delle sottotrame di tutti i personaggi e mescolando sapientemente la vita privata alle vittorie (strabilianti) di Phiona. Ed è ovviamente impossibile non appassionarsi e non fare il tifo per una ragazzina analfabeta che, dalla povertà più estrema, riesce ad arrivare a rappresentare la sua nazione alle Olimpiadi. Parte del merito della riuscita della pellicola va, naturalmente, anche al cast di attori: Lupita Nyong’o e David Oyelowo sostengono gran parte del peso del film, mentre la giovane esordiente Madina Nalwanga si comporta bene ma non stupisce nel ruolo da protagonista.

Queen of Katwe si rivela sostanzialmente un film per bambini: tutti i protagonisti sono eroi senza macchia che lottano contro un destino avverso (ma nemmeno poi tanto), ma nei confronti dei più piccoli centra pienamente l’obiettivo, narrando una storia (vera) istruttiva, che spiega perfettamente il significato della parola “talento”.

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Mi era stato suggerito da un amico istruttore di scacchi e avevo iniziato a guardarlo con un certo sospetto, immaginando che fosse la classica "operazione Disney" che costruisce una favoletta edificante sulla storia di una bambina povera.
In realtà, il film merita di essere visto e si spinge più in là dei consueti canoni Disney, pur mantenendo un linguaggio cinematografico adatto ai bambini.
Si parla infatti di varie tematiche niente affatto banali, tra cui il l'emancipazione femminile e il "razzismo tra neri".
Riguardo a questo ultimo tema, potremmo riassumere l'insegnamento del film nella celebre battuta del pugile afroamericano Larry Holmes: "È dura essere negro. Ti è mai capitato di esserlo? A me sì, una volta, quando ero povero."
E così, nel film, assistiamo alle prevaricazioni e alle ironie subite dalla piccola protagonista Phiona, che è, per l'appunto, la più povera tra i poveri (il "Katwe" del titolo è la baraccopoli ugandese dove vive).
Per giunta è pure una femmina, in un contesto in cui alle donne viene prospettata un'unica possibilità di sopravvivenza: "vendersi" a un marito. Anche la madre di Phiona, vedova da poco, rifiuta di risposarsi e per questo è isolata, specialmente dalle altre donne che la considerano "superba". Questa agghiacciante ostilità delle donne contro le donne mi fa venire in mente quelle nonne e zie che impongono la mutilazione genitale alle nipotine "per il loro bene" (o quelle che denunciano le maestre d'asilo per i loro video hard...).
In tutto questo, il nobil giuoco si inserisce alla perfezione, sia nei classici aspetti allegorici (il pedone che diventa regina), sia in quelli più concreti che richiamano il talento, lo studio e l'impegno.
L'ho visto volentieri con tutta la famiglia.

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Queen of Katwe è una storia potente perché potente è il materiale originale: tutto ciò che succede a Phiona sullo schermo è accaduto davvero nella realtà, ed è semplicemente impossibile non commuoversi di fronte alle sue vicende. Nella vita di Phiona, il gioco degli scacchi diventa non solo un mezzo per fuggire finalmente dalla fame o da un futuro ben peggiore (più volte viene trattato il tema della prostituzione, che inevitabilmente attende le ragazze povere di Katwe); gli scacchi sono anche lo specchio della vita stessa, una vita in cui servono premeditazione, astuzia, intelligenza, capacità di cavarsela nei momenti più difficili e in ultimo in cui il pezzo più piccolo può trionfare diventando il più grande.

Nonostante ci fosse materiale forte abbastanza da potersi permettere di far leva solo sulla lacrima assicurata, la regista Nair non pecca di pigrizia, inserendo tematiche e riflessioni che portano la storia su un livello superiore. In Phiona non c’è solo il bisogno di riscatto e di migliorare la propria condizione, ma anche l’altro lato, il ben più interessante e meno scontato sentimento di delusione che si ha quando si riesce a toccare con mano una vita migliore, ma subito dopo si è catapultati di nuovo alla realtà. La regista non si tira indietro dal mostrare anche i lati negativi di questa ascesa al successo: se la prima volta che viaggiano all’estero Phiona e i suoi compagni dormono a terra perché non sanno cosa sia un materasso, già dal viaggio successivo è evidente come la ragazza inizi in un certo senso a montarsi la testa, diventando troppo sicura di sé e della vittoria al campionato, e parallelamente certa di poter finalmente diventare benestante e felice.

Regista e sceneggiatore si chiedono dunque fino a dove sia lecito spingersi con i propri sogni, se sia giusto aggrapparsi a un’illusione che potrebbe lasciarci perennemente infelici e insoddisfatti della nostra condizione, oppure se al contrario sia meglio accontentarsi del poco che si ha e non immaginare cosa ci sia al di fuori dei nostri ristretti confini…

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El guion construye una narración donde el ajedrez es incorporado con inteligencia, siendo empleado como la excusa perfecta para poder hablar de otras temáticas que están relacionadas con las relaciones humanas, e incluso como una metáfora de la vida de Phiona; esto, dado que sus fortalezas como competidora en esta disciplina son similares a la manera de enfrentar cada uno de los obstáculos diarios. Casi como jugando estratégicamente, su historia llega a ser una lucha entre las habilidades para decidir las siguientes jugadas, pese a que se arriesgue el triunfo y se experimente el fracaso. Quizás una decisión de este tipo podría caer en detalles que rayen en lo obvio o en rasgos empalagosos, pero hay un manejo que permite que estas conexiones sean hechas de forma sutil y sin sobreexplicar el concepto.

Una de las principales razones que tiene la cinta a su favor es la construcción de sus personajes, quienes logran ser lo suficientemente complejos para representar a sus símiles en la realidad y conseguir la empatía de la audiencia. Por un lado, la perseverancia de Phiona es el motor narrativo que mueve al filme: es a través de su carisma e inteligencia que la historia se siente más auténtica y palpable. Además, la madre de ella –brillante actuación de Lupita Nyong’o– es quien se encarga de concederle realismo al recorrido de la protagonista, puesto que simboliza con cierto dramatismo la posición socioeconómica en la que se encuentra la familia, la que ejercerá de inconveniente para que Phiona desarrolle completamente sus habilidades en el ajedrez. Por otro lado, su entrenador y mentor (David Oyelowo) es la voz alentadora presente en todo momento; son sus formas de motivación y su aliento lo que hacen de la protagonista alguien mucho más fuerte. Cada uno de ellos encarna arquetipos que calzan sin mayor esfuerzo dentro de una gran historia, y sus motivaciones hacen del relato una película cercana y fácil de seguir.

La dirección de Mira Nair está enfocada en mostrar los rincones de África en su plenitud, dando cuenta de una búsqueda de representar el escenario como tangible y próximo. La fotografía a cargo de Sean Bobbitt (“12 Years A Slave”, 2013) acerca las calles de Katwe a través de imágenes vibrantes y coloridas, en un viaje al interior de Uganda, donde las diferencias sociales se dejan notar y la lucha para sobrevivir en la pobreza es escenificada con fragilidad y crudeza. Son estos elementos los que aportan positivamente al momento de ensamblar las piezas de un rompecabezas que, visto desde lejos, habla de sencillez y emociones.

“Reina de Katwe” pretende contar una gran historia, pero de manera simple. Aunque existen momentos donde se dirige hacia un sentimentalismo fácil, gira rápidamente para no caer en vicios que la transformarían en un drama que clame por lágrimas. Por el contrario, con personajes que no flaquean, la cinta se mantiene en pie hasta el final y demuestra que su principal objetivo es relatar la hazaña de una joven que, teniendo todo en contra, lucha por alcanzar sus objetivos, tal como en un juego de ajedrez, donde cada decisión cuenta para triunfar.

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