mercoledì 17 agosto 2022

The Whispering Star – Sion Sono

una navicella spaziale che sembra una casetta, un'androide che fa il corriere nello spazio, porta pacchi a umani che vivono da qualche parte (in altri pianeti?), ed è un'androide curiosa, e guarda cosa c'è nei pacchi, cosa da niente, memorie, ricordi, piccoli oggetti, niente di prezioso in senso oggettivo.

l'androide corriere non ha fretta, aspetta tutti i destinatari dei pacchi, qualcuno la ringrazia.

ormai il pianeta Terra, e forse tutti, sono come il Giappone di Fukushima, un mondo al tramonto, triste, senza colori, senza troppe speranze.

un piccolo grande film che sorprende, da non perdere.

buona visione, in una terra desolata - Ismaele


 

 

 

…il regista giapponese torna a trattare con più convinzione e forza le conseguenze del drammatico tsunami e dell’incidente nucleare che ne seguì nel 2011, portandoci sui luoghi della tragedia, mostrandoci i sopravvissuti cui il film è dedicato: da qui parte l’era post-apocalittica, da qui Sono immagina un mondo frammentato nella solitudine dello spazio infinito, da qui sviscera il tema della memoria che rimane l’ultima disperata arma per cercare la salvezza. Tutta la pellicola, sotto le vesti di uno sci-fi minimalista girato in un bellissimo bianco e nero, è una riflessione profonda e sentita su questa condizione dell’uomo sull’orlo del baratro e della sua solitudine che assumono le forme della vera ossessione per Sono, probabilmente il regista giapponese che più di ogni altro ha saputo indagare la portata dell’evento del 2011 e le sue devastanti conseguenze. Non che in The Whispering Star manchi quel tocco personale che ha fatto di Sono uno degli autori più originali del cinema contemporaneo, ma stavolta si può ben dire che abbia voluto fare un film 'serio', sebbene ridotto all’osso dal punto di vista del budget e dell’impegno economico, quasi una sua personale ed intima riflessione sussurrata e non gridata come ci si aspetterebbe da lui.
Nonostante la desolazione mostrata, il pianeta popolato da esseri umani abitato di sole ombre, efficacemente descritto in una delle scene più belle, i messaggi dolorosi e che rimandano al passato contenuti nelle scatole che Suzuki consegna, nel finale proprio attraverso l’androide Sono lascia aperto uno spiraglio sulla possibilità di salvezza dell’umanità. L’impronta della pellicola, come detto, è minimalista: voci sussurrate, musica appena accennata, rumori ovattati, immagini di quieto abbandono, gesti misurati che servono a descrivere lo smarrimento e la condizione di isolamento e di prostrazione lungo uno spazio temporale compresso, perentoriamente scandito dal trascorrere dei giorni.

Pur mostrando qualche limite proprio nella sua asetticità e astrazione frequenti, The Whispering Star è opera che lascia il segno, stimola la riflessione sulle sorti dell’uomo e soprattutto, come ha tenuto a precisare il regista stesso, è un forte rimando alla potenza della memoria e del ricordo, forse l’unica arma rimasta per trovare una via salvifica.

da qui

 

Protagonista del film è una androide che fa il corriere per gli uomini, viaggiando a bordo di una nave spaziale che ha l'aspetto di una vetusta abitazione del ventesimo secolo (tutto è vintage nel film: la cucina con i fornelli a gas e i rubinetti che perdono, le luci al neon, i nastri magnetici...). Interpretata dalla moglie del regista, Megumi Kagurazaka, la sola compagnia del corriere ID 722 Yoko Suzuki è il computer di bordo 67 MAH Em.
Per consegnare un pacco occorrono anni. La prima mezz'ora del film si svolge tutta all'interno di quella "abitazione" che è la nave spaziale, con una finestra aperta sulle stelle, a descriverci la vita di bordo e la solitudine di Yoko, vissuta con la totale impassibilità di una macchina (la narrazione è resa affascinante dalla nobiltà della regia, capace di parlare quasi esclusivamente attraverso la composizione delle inquadrature, i dettagli e il montaggio, come in un film muto). La androide non sa spiegarsi la ragione per cui gli uomini, dispersi fra pianeti lontanissimi, insistano a preferire la consegna manuale, anziché avvalersi della comodità istantanea del teletrasporto. D'altra parte, Yoko è curiosa del contenuto dei pacchi. Sbirciandovi, scoprirà che ognuna di quelle scatole contiene un solo piccolo oggetto: una fotografia, una matita, un (nostalgico...) frammento di pellicola.
Forse Yoko non capisce, noi sì. Gli uomini vivono in uno stato di solitudine rassegnata, cui è persa anche la disperazione: ma i ricordi, la loro materialità, non cessano di avere una risonanza emotiva. Tutto ciò che ci rimane è la memoria, sembra dirci Sion Sono, in questo che è sì un film "dedicato alle vittime di Fukushima", ma si estende a farsi metafora, universale - inedita e splendida - della solitudine dell'era digitale. In questo scenario da day-after, per il tramite potentissimo di Fukushima, riecheggiano le tematiche ambientaliste - la nostalgia per la natura - di cui è intrisa la cultura giapponese (da Ozu a Kawase, passando per Imamura e Tsukamoto, Miyazaki e Takahata...). Tutti i pianeti sono uguali, tutti sono lo stesso: la Terra. Abbiamo trasformato l'intero pianeta, anzi l'universo intero, nella regione di Fukushima.
Si tratta chiaramente di fantascienza "d'autore": un po' come "Alphaville" di 
Godard, o "Farenheit 451" di Truffaut, o anche "Sul globo d'argento" di Zulawski. Film che condividono con "The whispering star" l'ambientazione "nel futuro" di scenari, retrò o contemporanei, in ogni caso deliberatamente incongrui con il grado di sviluppo tecnologico che supporrebbero. Pur restando entro le coordinate esteriori di un film di "fantascienza", Sion Sono riporta sulla Terra il senso di solitudine panica restituito spesso dalla fantascienza dopo "2001 Odissea nello spazio". Il silenzio è pervasivo: e ossessiona a tal punto che uno dei "superstiti", per sconfiggerlo, porta attaccata alla suola della scarpa una lattina schiacciata, col cui rumore accompagnare il proprio passo. Anche Yoko, imitando quell'uomo, attaccherà alla scarpa una lattina schiacciata. Segno forse che anche la macchina non è immune al senso di vuoto e solitudine.
Non mancano i tocchi di ironia peculiari del suo autore, di cui sono intrisi ad esempio gli ammiccamenti a 
Kubrick. Non solo "2001", con le disfunzioni del computer di bordo, che in "The whispering star" ha preso a confondere l'interno con l'esterno dell'astronave (scambiando per meteoriti le farfalle che si agitano dentro le plafoniere al neon), ma anche "Shining". Il film, infatti, è, come "Shining", contrappuntato da cartelli che segnalano incongrue progressioni temporali, narrativamente ininfluenti, utili solo ad amplificare la percezione di un tempo infinito e infinitamente rallentato.
A dominare è un'atmosfera di sospensione totale, un'attesa beckettiana privata della speranza dell'attesa. Eppure, "The whispering star" non è un film disperato. Appena messo piede sulla Terra, alla prima visita di Yoko su un pianeta, il film si accende improvvisamente di toni elegiaci, con un tocco di colore (solo un breve momento; il colore non tornerà più) e uno struggente motivo in minore a fare da accompagnamento.
A differenza del colore, la musica tornerà alcune volte. Un brano suonato al clavicembalo accompagna tutta la sequenza finale, che (anche per l'epoca dello strumento scelto, oltre che per l'illuminazione e l'ambientazione claustrale) strizza vagamente l'occhio, ancora una volta, a "2001" (la stanza rococò). L'importanza dell'ultima sequenza è indicata dal titolo (solo in essa vediamo "la stella dei sussurri"). Si tratta di un altissimo momento di cinema: giunta per una consegna sul pianeta dove ogni rumore sopra i 30 decibel può essere fatale, Yoko percorre un corridoio tra sottili pareti shoji dietro cui si intravede la vita sotto forma ormai di ombre cinesi. Ma è vita, vita vera: intensa, quotidiana, felice. Non più solitudine: vita finalmente, come non l'avevamo sin qui ancora vista. Vita che trionfa sul silenzio a dispetto del silenzio. Una sequenza da pelle d'oca, cui, come di fronte ad ogni metafora ad alto tasso suggestivo, la ragione deve ritrarsi: nessuno sforzo ermeneutico può renderle giustizia.

da qui

 

…In The Whispering Star si resta semplicemente ammirati nella contemplazione, amara ma sempre solidale e partecipe, di ciò che diventeremo allorquando perderemo, senza possibilità alcuna di ritorno indietro, la capacità di emozionarci, di stimolare la nostra disposizione alla conoscenza, dell’altro e dell’altrove. Solamente in quel momento saremo davvero soli, al pari delle simboliche creature – umane o no? – che si aggirano lungo pianeti colonizzati senza essere mai stati realmente vissuti. Un peccato (im)mortale che prima o poi la razza umana coglierà, come sempre ha fatto nella sua storia ormai millenaria. Perdendo l’anima.
E in quel fatidico momento non ci sarà alcun film come The Whispering Star (la stella del sussurro: chi vedrà il film comprenderà appieno il motivo di tale titolo..) ad esorcizzare poeticamente qualsiasi nostra paura. E forse non ci sarà nemmeno il privilegio della paura umana. Solo un oblio privo di termine, simboleggiato dal pacco che Yoko Suzuki spedisce a se stessa nello splendido finale di un film assolutamente da non lasciar naufragare nelle secche della memoria.

da qui

 

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