martedì 23 agosto 2022

Yocho (Foreboding) - Kiyoshi Kurosawa

arrivano gli extraterrestri, e sono cattivi.

Etsuko capisce tutto e fa quelo che può, ma anche di più, per salvare Tatsuo (il marito), diventato un burattino nelle mani e nella mente dell'extraterreste nei panni del dott. Makabe, in preparazione dell'invasione, una volta che avranno imparato a capire e manipolare le emozioni degli umani.

è un'opera minore di Kiyoshi Kurosawa, dicono, ma a me non è dispiaciuta per niente.

buona visione - Ismaele

 

 

 

 

 

 

Foreboding è un progetto interessante, diretto da uno dei massimi autori del cinema giapponese contemporaneo ovvero Kiyoshi Kurosawa, che ha deciso un po’a sorpresa di realizzare una sorta di spin-off/prequel del suo film precedente Before We Vanish, sempre del 2017. Detto questo però è doveroso spiegare brevemente la genesi dell’opera, in quanto nasce come serie televisiva divisa in 5 puntate da 28 minuti l’una, visibile su Wowow (rete satellitare giapponese) e solo in seguito rimontata e riadattata con l’intento di trasformarla in un lungometraggio cinematografico presentato al Festival di Berlino (Sono Sion ha fatto l’opposto con Tokyo Vampire Hotel).

 

Il motivo di tutto questo tran tran è abbastanza semplice, sfruttare la vetrina di Berlino -unita al nome dell’autore- e piazzare sul mercato estero un prodotto nato essenzialmente per il settore televisivo locale. Detto questo molti potrebbero interpretare il tutto in chiave negativa e onestamente l’opera è lontana dai capolavori quali Cure o Kairo tuttavia dietro la macchina da presa non troviamo un novellino bensì un regista che da quando è salito agli oneri della critica internazionale (fine anni Novanta) porta avanti con forza una personalissima poetica stilistica e contenutistica lontana dal cinema mainstream, in grado di riflettere sulla società attuale offrendo un approccio quasi avanguardistico…

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Extraterrestri ma pure fantasmi: una operaia di nome Etsuko, avverte che in fabbrica qualcosa non funziona come il solito: aleggia un'atmosfera strana, una inquietudine di cui solo lei e pochi altri possono realmente rendersi conto. Quando la sua amica del cuore le rivela che da giorni in casa avverte la presenza di un'anima errante, un essere spaventoso che la terrorizza, Etsuko decide di accompagnare la collega da uno psichiatra, che, visitandola, si accorge che la donna ha rimosso il concetto di parentela: non sa cosa sia la famiglia, né comprende il significato dei vari ruoli all'interno della stessa.

Come se non bastasse il marito della nostra, che lavora come custode nel medesimo ospedale, viene in contatto con un nuovo, affascinante giovane medico che, in qualche modo, lo ipnotizza, fino a renderlo succube della sua figura: si tratta, capiremo, di un extraterrestre che ha individuato nell'uomo, la sua guida per imparare ed assimilare cognizioni, sensazioni e concetti tipicamente umani, che a occhio nudo e con la semplice osservazione è impossibile maturare, percepire, assimilare…

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in Yocho – Foreboding, infatti, gli alieni hanno bisogno di adottare una guida terrestre che fornisca loro le cavie cui sottrarre le emozioni col tocco di un dito. Questa volta il film si concentra su Etsuko, una giovane moglie il cui marito Tatsuo è stato scelto come guida dall’alieno impossessatosi del corpo di un medico dell’ospedale dove lavora. L’invasione è sempre più imminente e con essa la fine del mondo, ma Etsuko si rivela una sorta di anticorpo, in possesso di una qualità umana che la rende impermeabile all’invasione psicologica degli alieni. Nella lotta della donna per liberare Tetsuo dalla dipendenza dell’extraterrestre e opporsi all’invasione, Kiyoshi Kurosawa individua la forma di un dramma in cui si gioca la sospensione dell’angoscia di una perdita che riguarda prima di tutto l’invisibile della coscienza. La fine del mondo (qui figurata in una pioggia dirompente che si abbatte sull’intero pianeta) è il topos classico di questo regista proiettato sul rapporto tra sentimento e presentimento, sul sistema rappresentativo di una angoscia che promana dall’indefinito rapporto tra la pienezza dello spirito e la sua perdita. Semplice e immediato, Yocho – Foreboding è di sicuro meno efficace del precedente lavoro ispirato a Tomohiro Maekawa, restando come opera di routine di un autore che del resto sa alternare da sempre i film più necessari a quelli più alimentari, senza perdere il contatto con la sua traccia più sincera.

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Lo spunto di partenza reca con sé le  implicazioni sull’identità tipiche di molto cinema di Kurosawa: gli alieni non si limitano a prendere le sembianze e le vite di persone normali come i canonici body snatcher, ma ne sottraggono le strutture profonde che permettono di comprendere la realtà circostante. Una realtà che sul piano formale non subisce alterazioni ma si sta sgretolando nell’intimo: per ogni tassello che manca alla nostra specie quella avversaria si avvicina di un passo alla vittoria. In questo senso va inteso anche il dolore alla mano di Tatsuo e delle altre «guide», ovvero coloro che hanno scelto di servire gli invasori guidandoli nell’acquisizione dei concetti fondamentali, ottenendo in cambio di venire risparmiati: è un dolore che si esplica sul piano fisico ma radicato nella mente del soggetto, come spiega lo stesso Makabe.

Queste trovate, certo innovative nel panorama della fantascienza di genere, non bastano però a salvare Yocho da se stesso: trattasi di un film caratterizzato da una pessima messa in scena, imputabile all’origine teatrale del soggetto. Per due ore e venti – insostenibili – i personaggi non fanno che ripetersi spostandosi all’interno di una manciata di ambientazioni: la macchina da presa si mette da parte e lascia alla prestazione degli interpreti – altra nota dolente – il compito di far salire la tensione: un’operazione che, se poteva riuscire sul piccolo schermo in 5 puntate più digeribili, al cinema si rivela un fiasco. Senza contare che la premessa più accattivante, quella del riutilizzo delle concezioni, viene affidata interamente al personaggio di Makabe, una sorta di uomo di latta interessato a comprendere le emozioni umane. Insomma tutto il discorso sulle «concezioni» si scopre molto più banale di quanto non lasciasse intendere l’inizio, per non citare la sequela di luoghi comuni sull’amore e sulla forza interiore degli esseri umani che si concentrano nel finale.

Yocho conferma a sua volta la fame di novità di Kurosawa, il quale guardando ora al teatro, ora alla televisione, sembra stia cercando di reinventarsi con l’esplorazione di nuovi territori. Un’idea interessante la cui resa è però tutta da dimenticare.

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