Nope racconta e mostra qualcosa che è difficile raccontare, denso di fatti, idee, visioni.
cavalli, storia, dischi volanti, vendetta, società dello spettacolo, famiglia, sfruttamento dell'uomo sull'uomo, sugli animali e sulla natura sono alcuni dei temi che stanno sul tappetto, e non si possono nascondere più.
il film non annoia un attimo e Daniel Kaluuya e Keke Palmer sono i suoi profeti.
Gordy, la scimmia che dicono sia impazzita, e i cavalli che fuggono sono un termometro di un mondo, non per caso, sempre meno controllabile.
il film è una corsa per la vita, e non ci sono pause, se non quelle per ripartire più forte.
dopo averlo visto qualcuno, come è successo a me, vi chiederà, ma è un horror, un western, un thriller, un film di fantascienza, o che altro?
è CINEMA, i generi sono una forma di pigrizia per inscatolare qualsiasi cosa, per chi si accontenta.
voi non accontentatevi.
buona visione - Ismaele
ps: mi è venuto in mente Ferito, di Percival Everett, un libro bellissimo, il protagonista è un afroamericano che ha un ranch e alleva cavalli, come la famiglia Haywood.
fatevi un regalo, leggete Ferito.
…È impossibile raccontare una realtà che non abbiamo più i
mezzi per comprendere e che ci spaventa. È impossibile relazionarsi con la legge
della natura, di cui non conosciamo più regole e principi: sarà solo OJ,
recluso volontariamente rispetto alla contemporaneità e alle ambizioni di
notorietà della sorella, a ricondurre al regno animale l'UFO e ad affrontarlo
con tecniche antiche, rispettando il suo ruolo indiscusso di apex
predator.
Mentre in un continuo omaggio a Spielberg e a Lo squalo - e in parte anche allo Shyamalan più
apocalittico - il tasso di violenza cresce e spinge dalla fantascienza
all'horror, i quesiti posti dalla prima parte del film - perché iniziare con la
cruenta scena dello scimpanzé? - trovano un senso e riannodano i molti fili
rimasti liberi, sorprendendo fino alla fine su natura e sembianze di
protagonisti e antagonisti. Inclusa un'ultima spettacolare
"trasformazione", che lascia pensare alla rivelazione e liberazione
da una rappresentazione mendace e rassicurante del sé, basata su decenni di
stereotipi letterari e cinematografici.
Fantascienza, horror, Bibbia, filosofia, storia del cinema, orgogliosa
rivendicazione black: tutto trova posto nella ricetta sovraccarica di pietanze
di Nope. E non solo, visto che, ancor più di un
fanta-horror, Nope è in fondo un western, composto
prevalentemente da ranch, cavalli e spazi sconfinati. Una rappresentazione in
miniatura dei luoghi che hanno costituito il cinema classico e della natura
profonda di una nazione fondata su un distorto senso dell'onore e su litri di
sangue innocente versato.
Se Peele fosse (già) Spielberg o Kubrick probabilmente Nope sarebbe
un capolavoro senza tempo. Non è così e forse non sarà mai, ma lo sforzo di
racchiudere tanta complessità in un lungometraggio, senza mai togliere il piede
dall'acceleratore dell'adrenalina, merita un plauso speciale.
…Se Get Out si
concentrava sulla questione razziale, mentre Us sulla
suddivisione in classi sociali presenti negli Stati Uniti, Nope è
dunque invece rivolto all’industria dello spettacolo e al rapporto che gli
spettatori hanno con essa. Naturalmente tale tematica viene offerta attraverso
una serie di simbolismi e metafore, che rendono il film più criptico e
ambizioso rispetto ai due precedenti lungometraggi di Peele. Stabilire un
paragone tra i tre titoli lascia però il tempo che trova, mentre è molto più
produttivo riconoscere in Nope l’accresciuta fiducia
del regista nei propri mezzi espressivi. Se a livello narrativo il film risulta
non sempre coeso, è il modo in cui la narrazione si sposa con le scelte di
messa in scena a rendere Nope tanto affascinante.
Peele
riesce infatti a sfruttare ogni elemento scenografico, sonoro e visivo per dar
vita ad un’atmosfera particolarmente conturbante. Il film riesce così ad
incutere profondo terrore mostrando molto poco e a far ridere grazie ad alcuni
brillanti momenti accentuati dalla bravura degli interpreti protagonisti. La
Palmer, in particolare, ruba più di una scena a tutti gli altri. Nope è
dunque un film che oltre a riflettere sulla natura dello spettacolo, vuole esso
stesso essere uno spettacolo, quel blockbuster estivo che il cinema e gli
spettatori aspettavano. Per i mezzi tecnici con cui è girato, per l’ampiezza
spaziale delle sue inquadrature e per l’aura di mistero che mantiene fino
all’ultimo, Nope è davvero un film
che merita di essere visto sul grande schermo.
…Nope è
uno di quei film che parla moltissimo
sia attraverso i suoi protagonisti, avvalendosi quindi di dialoghi direttamente legati al ritmo
narrativo, sia attraverso le immagini che
lo compongono e una colonna sonora
che per certi versi omaggia il maestro Morricone. Peele
ritorna alle origini stesse del cinema per
ricordarci quanto sia fondamentale l’osservare un mezzo che cambiò le sorti
stesse della narrazione. Il linguaggio cinematografico ritorna
centrale con questo regista che si avvale di momenti formali importanti,
proponendo allo spettatore un discorso figurativo pronto a tener sempre
presente l’importanza dei suoi singoli dettagli. Sono le inquadrature a parlare, il modo in cui incorniciano i singoli
momenti, e la densità concettuale di alcune piccolezze. Insime a tutto ciò
troviamo un sapiente utilizzo delle scenografie,
sempre pronte a comunicare qualcosa agli spettatori e ai personaggi, impreziosendo
una narrazione risultante credibile dall’inizio alla fine.
Andando oltre le varie citazioni che Peele fa nel corso del
film, Nope convince fino in
fondo. Stiamo parlando di un’opera dalle premesse abbastanza scontate e con un
ritmo non troppo serrato, che riesce a distinguersi sia per la scrittura che
per alcune brillanti trovate del
regista stesso. Questo fa la differenza coi lavori precedenti e sicuramente
aprirà la strada alle future discussioni in ambito cinema. Gli occhi restano
quindi puntati su questo regista, confermandone il talento, l’impegno e
soprattutto la curiosità verso il futuro.
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