il film è girato in Grecia, Cronenberg, un grande del cinema, ha trovato solo lì un po' di soldi per poter girare Crimes of the Future.
gli edifici e gli ambienti sono sgarrupati, quelli di un mondo che sta finendo ma non si vede il nuovo.
Caprice e Saul esplorano, in un mondo nel quale il dolore è sparito, le potenzialità del corpo, con tagli e nuovi organi che vengono creati all'interno dei corpi degli esploratori.
Saul è vestito come un frate, si muove spesso di notte, al buio, e c'è anche una storia di indagini e informatori, su come un gruppo segreto di uomini riesce a integrare nei propri corpi la plastica, un nutrimento che sembra impossibile (eppure tutti noi abbiamo all'interno microplastiche), un crimine che potrebbe cambiare il dna umano.
in quel mondo si svolgono delle performances, pubbliche, ma anche private, nelle quali artisti "lavorano" sul proprio corpo.
esiste anche un ufficio per la registrazione di nuovi organi, in uffici scrostati, e senza computer, solo faldoni cartacei, con due impiegati curiosi oltre i doveri d'ufficio.
preparatevi a vedere un film che non vi aspettate, e non abbiate pre-giudizi, entrate in sala e vedrete un gran bel film, siate curiosi anche voi.
buona (speciale) visione - Ismaele
…Una profonda riflessione universale, umana e
scientifica, che coniuga la bellezza esteriore della performance art e la ricerca introspettiva
dell’apparato cinematografico fino a trascendere in un pubblico atto politico
eversivo, in un’(auto)autopsia collettiva che scopre escrescenze tumorali
esplodendo in un’esperienza orgiastica tanto
catartica quanto sacra.
Viggo Mortensen/Saul Tenser s’aggira sofferente
per vicoli bui e luoghi fatiscenti, incappucciato come un frate (s)perduto
che ancora s’interroga sul/i sé con l’aria ascetica di chi ha una missione ma
non sa bene a chi o cosa rispondere.
È un’entità infiltrata in una realtà che
progressivamente disvela la sua natura complessa e in divenire, un agente
patogeno che produce nuovi organi come sintomo e causa di una ribellione che
non (si) comprende, è l’espressione esposta di un’equazione, insana e seminale,
che vede nella sua partner, Léa Seydoux/Caprice, il complemento (im)perfetto.
Uno è la star, tormentata e magnetica; l’altra è
l’artefice, la mano armata (di un game pod chirurgico), colei che incide pelli, carni, tessuti,
asportando nuova carne e creando nuove forme di bellezza interiore…
…Iniziando si metta la potenza della
(pre)-visione di Cronenberg. Si aggiunga la sensibilità di leggere
l’umanità largamente in anticipo (la storia risale al 1998).
Si usi un attore collaudato, algido, asettico:
Viggo Mortensen, suo feticcio.
Venga tutto infarcito con una musica penetrante,
ma analgesica.
Così gli ingredienti per il rapimento ci sono
già tutti.
A quel punto basta una poltronissima prescelta
del cinema, molti pop corns e lo stare assorti
in un perfetto silenzio. Così facendo si va a colpo sicuro per quasi due
ore di perfezione e atterrimento visivo.
Come questa, dopo otto anni di assenza dagli
schermi, ogni uscita di Cronenberg, dovrebbe diventare un rito. Modifica il
DNA. Altro che vaccini transgenici.
Non solo per quello che si va a vedere,
partorito da una mente olistica e insalubre, ma anche per gli effetti postumi
che produce il suo cinema. Infetta.
E’ come se Cronenberg piantasse un seme che poi
continua a germogliare per giorni ed ore. Si ripensa a quelle visioni estreme,
scoprendone pezzi ulteriori, di minuto in minuto. E forse è proprio questa la
definizione massima di opera d’arte: uno svelamento continuo e perenne. Anche
incontrollato o inconsapevole…
…Crimes of the Future è un film spiazzante e morbosamente
accattivante, che spesso fa di tutto per respingerti e tuttavia non si sfugge
alla sua cattura. Porta tutti segni essenziali dello stile inconfondibile che
l'autore canadese ha sviluppato ed affinato durante decenni, continuando la
ormai lunga galleria degli incubi di Cronenberg (sarà casuale il ronzio di
mosche che si ode in molte scene?). Il regista ha preventivamente messo in
guardia il pubblico dalle immagini forti che non ha avuto paura di utilizzare,
prevedendo che alcuni lasceranno la sala entro i primi cinque minuti (ma al Theatre de la Licorne di Cannes dove l'ho visto l'abbandono iniziale è un
fenomeno che inspiegabilmente avviene pochi minuti dopo l'inizio di ogni film
proiettato e in questo Crimes of The Future non
si è distinto dagli altri in maniera particolare). Va piuttosto sottolineato
come sia finora l'unico film visto a Cannes che mostri l'ardire di creare un
suo mondo da scoprire e di portarci in viaggio tanto inquietante quanto
affascinante, filosofico e a tratti repellente, verso un possibile futuro
distopico.
…Film scabro e di poche azioni, dialogato, concettuale,
per molti aspetti respingente, Crimes of the Future incredibilmente
sottolinea se non l’ottimismo di sicuro il vitalismo ammirato del regista per
questa mutazione che è l’umanità. Forse
l’uomo che chiede a Saul di eseguire l’autopsia su suo figlio è un pazzo, un
delirante, un terrorista da fermare. Eppure l’idea che ha avuto, potenzialmente
letale, potrebbe essere una rivoluzione: ma poi, quando mai una rivoluzione non
è potenzialmente mortale? (“Forse la prossima volta” sussurra la coppia
di Crash dopo la collisione finale) Sembrerà
strano che Cronenberg decida di aggiungere un tassello così importante in cui
il corpo è al centro del discorso in un periodo storico in cui il corpo è
quasi assente, evaporato in una tecnologia fatta di
schermi e interazioni virtuali che lo estromettono: ma a ben vedere in Crimes of the Future e nei suoi corpi in cui
anche la sessualità è stata superata (dalla chirurgia, dalla generazione
spontanea, dalla pulsione monadologica), l’organico è proprio il tramite
anestetizzato attraverso cui poter far tentativi ed errori, quindi evolvere. È
dunque proprio il corpo del contemporaneo. In un film che mostra operazioni,
tagli, lacerazioni, organi tatuati, organi mai visti prima e in cui la società
è però sempre articolata in “creatori/controllori/rivoltosi” (proprio come
in eXistenZ del resto), il regista porta in
scena un “miracolo” perché – questo il suo pensiero, che in ogni caso
attraversa la sua intera filmografia – siamo animali sorprendenti, tragici,
purulenti, ma incredibilmente generativi. Otto anni di silenzio per tornare al
cinema con un film che elabora in maniera ancora una volta differente e creatrice i temi, le ossessioni, la teoresi di un
regista/intellettuale che da oltre mezzo secolo continua ad affascinare il
pubblico con una costruzione filosofica lucida, analitica, costruzionista e non
riduzionista, arrivando qui a immaginare la nuova nascita confermando allo
stesso tempo l’eterna irriducibile morte. Un film fondamentale per chi ama il
cinema del genio di Toronto.
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