una storia coreana di vendetta e amore.
succede di tutto, eleganza, sorrisi, violenza massima, torture.
Sun-woo e Hee-soo neanche si conoscono, e Sun-woo dovrebbe uccidere Hee-soo, a certe condizioni, erano gli ordini del capo.
ma galeotto fu il loro incontro, gli ordini restarono incompiuti e da lì tutti i guai sono arrivati.
la solita vecchia storia, davvero un bel film, non è un capolavoro, ma si lascia guardare benissimo.
buona (violenta e innamorata) visione - Ismaele
Una notte d'autunno, il discepolo si svegliò
piangendo. Il maestro vedendolo gli domandò: 'Hai avuto un incubo?' 'No.' 'Hai
fatto un sogno triste?' 'No, maestro.' rispose il discepolo 'Ho fatto un sogno
bellissimo.' 'E allora perché stai piangendo?' E il discepolo, asciugandosi le
lacrime disse: 'perché so che il sogno che ho fatto... non potrà avverarsi...
mai.'
Sun-woo è il killer perfetto: un'implacabile
macchina da guerra al servizio del boss mafioso Kang. Quando questi chiede a
Sun-woo di tenere d'occhio Hee-soo, la sua giovane e attraente compagna,
tuttavia, qualcosa non va più per il verso giusto. Sun-woo rifiuta di eseguire
un ordine e ne seguirà un'infinita scia di sangue.
Capostipite del sottogenere revenge movie, interno al noir sudcoreano, A
Bittersweet Life è un inno alla magnificenza estetica del cinema di
Kim Jee-woon. Un'idea di cinema, quella di Kim, per cui nulla di quel che va a
costituire l'oggetto dell'inquadratura appare per caso e l'attenzione è pari
per ogni minimo dettaglio, sia esso un movimento di macchina o un particolare
anatomico. Una fotografia estetizzante nella migliore accezione possibile del
termine, al servizio di un action che sa essere brutale senza mai abbandonare
il proprio gelido aplomb. Quello tipico del killer con un codice d'onore,
incarnato da un Lee Byung-hyun mai così vicino al suo punto di riferimento,
l'Alain Delon melvilliano di Frank Costello faccia d'angelo. E mai così sensuale, pericolosa e
inafferrabile invece la Shin Min-a di Volcano High, in un ruolo che richiama la torrida
Madeleine Stowe di Revenge: esemplare la prima apparizione in
scena di Hee-soo, attraverso le inquadrature di Kim Jee-woon, traslato
dell'occhio di Sun-woo. Un paio di scarpe, lunghi capelli che vengono pettinati
e già il meccanismo della macchina per uccidere si inceppa: il servo si libera
dalle sue catene e dall'esterno osserva incredulo l'ingranaggio, nella sua
grottesca precisione.
Una coppia di caratteri stereotipati per un film che è la stilizzazione
pregevole di una serie di luoghi comuni cinematografici, elevati alla perfezione,
privati di ogni significato e spettacolarizzati. Quello che si respira in A
Bittersweet Life e che si percepisce nei volti e nei corpi di Lee
Byung-hyun e Shin Min-a è uno splendido e inafferrabile vuoto, il luogo in cui
il cinema svela il suo trucco e torna a svolgere la sua funzione primaria.
E'nato prima l'uovo o la gallina? E'Tarantino che guarda a
questo tipo di cinema o è questo cinema che guarda a Tarantino? E la lezione del
gran maestro Melville è servita?Posso rispondere solo a questa ultima domanda, la lezione di Melville trasuda da ogni inquadratura di questo film. E questo
non mi permette di abbandonarmi totalmente a questo film, lo guardo, cerco di
metabolizzarlo e penso a Melville.Inevitabilmente.E l'impressione che mi resta
è quella di cinema derivativo.Sarà ben fatto,sarà un piacere per gli occhi,sarà
tutto quello che volete ma io nel cuore penso sempre a Melville. Pur notando
tante altre cose:la seconda parte con quel ritorno selvaggio alla natura
beluina dell'uomo primitivo con sete inappagata di vendetta mi ha ricordato non
poco Old Boy anche se il dolore che c'è in Old Boy qui sfocia nella maniera,non
c'è dolore,o meglio il dolore è talmente estetizzato che sembra fare meno
male.Qui un gesto di stupido orgoglio,un sussulto d'infatuazione,un sentimento
asimmetrico eprchè non corrisposto provoca lo sgratolarsi del mondo del protagonista,una
sorta di factotum di un boss che lo aveva incaricato di controllare la sua
fidanzata,con l'avvertenza di ucciderla se lei lo tradisce.E lei lo tradisce ma
lui non la uccide in un rigurgito di empatia o anche di amore impossibile
perchè lei lo rifiuta a chiare lettere.Da qui l'inizio della vendetta
bruta,cieca e sanguinosa con lui che si trasforma in una specie di
terminator(ma quante coltellate e pallottole prende prima di essere
praticamente giustiziato?).E la lunga inquadratura di lei che suona il
violoncello(credo) e che sorride verso la camera,simbolo di un sogno che non si
avvererà mai non mi ha emozionato,non mi ha trasmesso il rimpianto di quando
non si riesce a ottenere un obiettivo per cui si è lottato strenuamente.
…Questo film per esempio ha alcuni momenti incredibilmente forti da
un punto di vista "emozionale".
Nel finale per esempio, dopo un bagno di sangue tremendo ecco che
Woon interrope il tutto per dar spazio ad un momento incredibilmente toccante e
seppur giustamente cortissimo ha abbastanza forza da riuscire addirittura a far
commuovere lo spettatore che fino ad un minuto prima era impegnato a seguire
l'azione violenta e sfrenata di questi gangster.
Questa è anche la bellezza e la particolarità di un film Orientale,
riesce sempre a sorprenderti e a farti provare diversi tipi di emozioni, un film
d'azione orientale non punta solo ed esclusivamente all'adrenalina ma punta
anche alla poesia, a farci scoprire la sensibilità di personaggi
"cattivi" ma che hanno pur sempre un anima e alcuni addirittura un
cuore.
"Bittersweet Life" è un film assolutamente da non perdere,
lo consiglio vivamente a tutti, un film praticamente perfetto che contribuisce
ulteriormente a farci capire come il cinema Orientale è capace di sfornare
prodotti di altissima qualità tecnica e artistica. Da non perdere.
Ci sono ben più che patina
"fotografica" e ambientazioni arredate con gusto in questo film che
definire "gangster movie" è molto riduttivo. L'opera del regista
coreano ha il pregio esclusivo (e ormai molto difficile da rintracciare in
produzioni odierne) di toccare con sensibilità sfuggente e poetica le
sofferenze amorose al pari delle furibonde e sanguinosissime lotte che mai si
susseguono senza un perché. I piccoli gesti che compie la ragazza in grado di
stravolgere (e distruggere, pur dandovi senso)la vita dell'adimensionale e
freddo protagonista si stampano come scintille di fuoco nella mente di chi
guarda: ravviarsi i capelli dietro l'orecchio, alzare timidamente gli
occhi...Tutto lo struggimento e il melodramma interiore che colgono Sunwoo
vengono suggeriti tra le righe, con trascinante, lacerante indifferenza. Ma
sanno toccare le corde più sensibili in chi riesce a cogliere queste sfumature.
Un plauso alla sequenza del violoncello, che viene mostrata di sfuggita, quasi
distrattamente, nella prima parte del film, e nel tragico finale ritorna,
ampliata e ripresa da un punto di vista differente, capovolgendo completamente
l'ottica della vicenda. Nell'opera, poi, trovano posto anche momenti di
umorismo nero (vedi gli sgangherati e allucinati mafiosi maniaci delle armi) e
non manca una riflessione, abbozzata ma efficace, sul rapporto servo-padrone e
sull'indifferenza della società moderna. Come già detto, ogni scontro ha ragion
d'essere, e buona parte del film si comporta egregiamente sul fronte dialoghi e
montaggio. Da rivalutare.
La storia è di quelle viste e sentite mille volte così come i suoi
sviluppi, anche se sa catturare l'interesse dello spettatore sin dalle prime battute,
mantenendolo su buoni livelli per tutta la sua durata grazie anche ad un ritmo
notevole e a delle scene d'azione ottimamente girate pur con qualche
esagerazione nella parte finale. Ma qui a fare la differenza è una confezione
di grande raffinatezza ed eleganza che eleva la pellicola al di sopra della
media di genere. Belli alcuni elementi come il "mistero" su alcune
motivazioni che spingono i personaggi ad agire.
Sicuramente un buon film che poteva essere
migliore, a tratti ripetitivo, ma la storia è avvincente e affascinante come le
atmosfere che nonostante la violenza hanno un non sò che di poetico.
Riconosco che si tratta di un grande film
gangster. Woon mi aveva già incantato ammaliato e scosso con il più violento
"I saw the devil", che devo rivedermi al più presto. Questo
Bittersweet life è tecnicamente curatissimo, e nella sostanza incolla allo
schermo con scene d'azione mirabolanti e violente al limite
dell'ironico-fumettistico. Bellissima la parabola che inizia il film sul vento
che sposta i rami degli alberi, e meravigliosa quella che lo chiude
sull'allievo che dopo aver fatto un bellissimo sogno, si sveglia piangendo. In
mezzo un gangster movie personale, originale (per quanto sia possibile) e
tesissimo con scene d'antologia che rimarranno scolpite per sempre
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