combattimenti su combattimenti per arrivare a possedere il tronco (pare miracoloso) di un morto di qualche secolo prima.
avventure su avventure, senza un attimo di pausa.
ed è un bel vedere - Ismaele
… Nei fatti lo zampino di Woo pare più che
evidente nelle coreografie straordinarie che caratterizzano i diversi showdown
e nella devozione con cui è omaggiato il cinema di Chang Cheh (quello dei diversi villain,
caratterizzati in base alle loro tecniche e alle relative armi utilizzate, è un
tipico pattern di opere dell'era Shaw Brothers). Ma soprattutto è nelle riflessioni
tutt'altro che banali sulla confusione di identità - Face/Off che
torna sotto mentite spoglie - e sulla guerra dei sessi che la poetica di Woo
trova spazio, incentrando su una straordinaria Michelle Yeoh (insolito per Woo,
tendenzialmente misogino) il ruolo classico dell'eroina, killer redenta e
tornata sulla retta via.
La perizia delle scene d'azione è pari solo all'abilità di interpreti che
incarnano la storia stessa del cinema wuxia recente: impossibile non menzionare
Wang Xueqi, protagonista ancora una volta di un'interpretazione esemplare nei
panni del villain, figura invincibile nella lotta quanto tragica e farsesca nel
suo percorso di ritorno alla perduta condizione di uomo. L'epos cinese si fa
carne ancora una volta, in un intreccio mirabile di Yin e Yang.
…Grandi
combattimenti coreografati come fossero danza, voli fantastici e corpi in
libertà. La mano di Su Chao-Pin è sicura in fatto di tecnica e si avverte
particolarmente nei tanti risvolti ironici: lo svelamento sconvolgente del
sesso ‘confuso’ del temibile Re della ruota, l’abilità con gli spaghetti di Lei
Bin… Ma è soprattutto grazie al montaggio che Reign of
Assassins regala momenti visivamente indimenticabili, come
durante il duello finale, quando Pioggia Sottile ricorda e replica le mosse
subite nel combattimento ‘fatale’ con Wisdom/Saggezza. Un montaggio alternato
serratissimo che è un salto continuo tra il passato e il presente, tra il
turning point e lo showdown, l’insegnamento e il superamento del maestro. E’ il
montaggio a rendere reali i movimenti impossibili dei fantasmi, a farceli
accettare come fenomeni della natura. E’ il montaggio a ridisegnare lo spazio
in un palcoscenico infinito in cui gli assassini esibiscono i loro trucchi e
sapere. E’ il montaggio, ovviamente, la firma perenne di John Woo, che fa di un
fendente di spada l’esatto equivalente di un colpa pistola che piega verso
traiettorie segrete e tragiche. Ne siamo sicuri. La sua presenza c’è. E
l’avvertiamo più viva che mai nei cambi d’identità, nei maschermaneti falliti
alla Face/Off. E in quell’immancabile fiammata
melodrammatica, che ricopre il palco con le ceneri dell’amore e della morte.
…Al di là
del rimescolamento tra i generi, caratteristica da sempre fondante del cinema
di Honk Kong, di cui il regista è stato una delle punte di diamante, a colpire
in La congiura della pietra nera è da un lato la
consueta abilità di Woo nell’inserire tocchi di
lirismo all’interno di una struttura altamente spettacolare, dall’altro il
fatto che, calato in un contesto medievale, il film proponga una serie di
momenti e tematiche di derivazione decisamente contemporanea, rendendo l’idea
di cinema che ne esce qualcosa di trasversale ad ogni logica temporale.
Tra echi di Romeo e Giulietta, rapine in banca lontanamente manniane, citazioni
implicite di importanti titoli hollywoodiani recenti ed equilibrati alleggerimenti
comico-romantici, La congiura della pietra nera è
quindi un film che diverte e si diverte: coi tempi che corrono, è tutt'altro
che poco.
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