lunedì 8 agosto 2022

La congiura della pietra nera - Chao-Bin Su, John Woo

combattimenti su combattimenti per arrivare a possedere il tronco (pare miracoloso) di un morto di qualche secolo prima.

avventure su avventure, senza un attimo di pausa.

ed è un bel vedere - Ismaele

 

 

 

Nei fatti lo zampino di Woo pare più che evidente nelle coreografie straordinarie che caratterizzano i diversi showdown e nella devozione con cui è omaggiato il cinema di Chang Cheh (quello dei diversi villain, caratterizzati in base alle loro tecniche e alle relative armi utilizzate, è un tipico pattern di opere dell'era Shaw Brothers). Ma soprattutto è nelle riflessioni tutt'altro che banali sulla confusione di identità - Face/Off che torna sotto mentite spoglie - e sulla guerra dei sessi che la poetica di Woo trova spazio, incentrando su una straordinaria Michelle Yeoh (insolito per Woo, tendenzialmente misogino) il ruolo classico dell'eroina, killer redenta e tornata sulla retta via.
La perizia delle scene d'azione è pari solo all'abilità di interpreti che incarnano la storia stessa del cinema wuxia recente: impossibile non menzionare Wang Xueqi, protagonista ancora una volta di un'interpretazione esemplare nei panni del villain, figura invincibile nella lotta quanto tragica e farsesca nel suo percorso di ritorno alla perduta condizione di uomo. L'epos cinese si fa carne ancora una volta, in un intreccio mirabile di Yin e Yang.

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Grandi combattimenti coreografati come fossero danza, voli fantastici e corpi in libertà. La mano di Su Chao-Pin è sicura in fatto di tecnica e si avverte particolarmente nei tanti risvolti ironici: lo svelamento sconvolgente del sesso ‘confuso’ del temibile Re della ruota, l’abilità con gli spaghetti di Lei Bin… Ma è soprattutto grazie al montaggio che Reign of Assassins regala momenti visivamente indimenticabili, come durante il duello finale, quando Pioggia Sottile ricorda e replica le mosse subite nel combattimento ‘fatale’ con Wisdom/Saggezza. Un montaggio alternato serratissimo che è un salto continuo tra il passato e il presente, tra il turning point e lo showdown, l’insegnamento e il superamento del maestro. E’ il montaggio a rendere reali i movimenti impossibili dei fantasmi, a farceli accettare come fenomeni della natura. E’ il montaggio a ridisegnare lo spazio in un palcoscenico infinito in cui gli assassini esibiscono i loro trucchi e sapere. E’ il montaggio, ovviamente, la firma perenne di John Woo, che fa di un fendente di spada l’esatto equivalente di un colpa pistola che piega verso traiettorie segrete e tragiche. Ne siamo sicuri. La sua presenza c’è. E l’avvertiamo più viva che mai nei cambi d’identità, nei maschermaneti falliti alla Face/Off. E in quell’immancabile fiammata melodrammatica, che ricopre il palco con le ceneri dell’amore e della morte.

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Al di là del rimescolamento tra i generi, caratteristica da sempre fondante del cinema di Honk Kong, di cui il regista è stato una delle punte di diamante, a colpire in La congiura della pietra nera è da un lato la consueta abilità di Woo nell’inserire tocchi di lirismo all’interno di una struttura altamente spettacolare, dall’altro il fatto che, calato in un contesto medievale, il film proponga una serie di momenti e tematiche di derivazione decisamente contemporanea, rendendo l’idea di cinema che ne esce qualcosa di trasversale ad ogni logica temporale.
Tra echi di Romeo e Giulietta, rapine in banca lontanamente manniane, citazioni implicite di importanti titoli hollywoodiani recenti ed equilibrati alleggerimenti comico-romantici, La congiura della pietra nera è quindi un film che diverte e si diverte: coi tempi che corrono, è tutt'altro che poco.

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