martedì 19 ottobre 2021

Lingua Franca - Isabel Sandoval

un film dei nostri tempi, la badante filippina (senza documenti in regola) di una vecchietta (d'origine russa) malata di Alzhaimer, a New York.

è la badante perfetta per quella vecchietta, in casa c'è anche un nipote, che lavora in un mattatoio (un lavoro in fondo alla scala sociale, per immigrati e sfigati).

l'inizio del film è lento, poi tutte le caselle vanno a posto e ti affezioni a quei tre, gran brave persone.

un film sulla cure, sull'amore e anche un film politico, nessuno vive fuori dal mondo.

buona (sorprendente) visione - Ismaele

 

 

QUI un’intervista con Isabel Sandoval

 

 

En definitiva, Lingua Franca se constituye como filme ineludible para reflexionar con libertad sobre la vida y adversidades de alguien, que fácilmente podríamos encontrar al otro lado de la pantalla e incluso en nuestra butaca consecutiva. Una historia convulsa, pero que a través de la destreza narrativa y técnica de la directora, nos permite observar sin ostentaciones lo cotidiano desde la mayor humanidad y honestidad posibles.

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Parte lentamente la narrazione di “Lingua Franca” di Isabel Sandoval, con la quotidianità di una vecchia signora russa da sempre a New York e la sua badante filippina Olivia (Isabel Sandoval) che nasconde dei segreti.

Non poteva che essere una donna a dirigere una storia così delicata con la stessa tecnica di un pittore impressionista. La personalità di Olivia appare lentamente e quasi in sintonia con quella di Olga, la signora che accudisce. Il problema è che siamo nel paese di Donald Trump che ha dichiarato guerra agli immigrati irregolari, e ai piccoli turbamenti provocati da Alex, il nipote di Olga, si aggiunge il terrore di qualsiasi clandestino che rischia ogni giorno di essere rimandato a casa.

Il tema delicato dell’identità sessuale di Olivia è raccontato con molto tatto, e porta una ventata di aria fresca nella cultura filippina che evidentemente si sta evolvendo. Il deux ex machina della storia è Alex (Eamon Farren), un perdente anche lui come la donna che incontra sulla sua strada...

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Vivant aux USA depuis longtemps et détenant une carte verte, la réalisatrice Isabel Sandoval a trouvé l’inspiration dans ses propres craintes, devenues rationnelles, celles de ne plus pouvoir rentrer aux USA, si elle venait à quitter sa terre d’accueil pour un voyage professionnel à l’étranger. Femme, trans, étrangère. C’est beaucoup pour une Amérique en manque de repères qui crie pour un sursaut et le droit à l’égalité et à la différence.

Doublé d’une romance avec un jeune homme blanc, anciennement alcoolique, lui-même sur la touche et dans le nécessaire besoin de rédemption, l’intrigue centrale ressort enrichie par le personnage interprété par le comédien lynchien et torturé Eamon Farren, que l’on avait déjà remarqué dans le reboot de Twin Peaks. Cet homme cabossé apporte une sensibilité supplémentaire et permet, dans cette Amérique sombre, d’espérer un peu de lumière. Mais se démarquant des fins convenues, Brooklyn Secret nous tient jusqu’au bout et marque sa vraie différence par ses qualités artistiques, visuelles, sensorielles, le film opérant au plus beau du cinéma indépendant. Sandoval ne manque ni de courage, ni de vision dans ce parcours inspirant d’une Amérique des exécutants de l’ombre qui, en 1h25, manifeste plus de dignité et d’humanité que le mandat d’une seule figure de l’exécutif en quatre ans. Chapeau.

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