lunedì 25 ottobre 2021

L’Arminuta - Giuseppe Bonito

negli anni '70 una ragazzina torna a casa, sapeva cosa lasciava, ma non quello che avrebbe trovato, da figlia unica in una famiglia mediamente agiata a una dei tanti figli in una famiglia sottoproletaria, della campagna abruzzese.

il film è convincente, gli attori bravissimi, la più brava, a sua insaputa, è Adriana, una bambina di meno di 10 anni che è una forza della natura, la figlia femmina più grande della casa, una vice madre, in pratica, che conosce come vanno le cose e cerca di fare del suo meglio.

le due mamme hanno un ruolo difficile, entrambe sono inadeguate, c’è sempre il padre padrone, la mamma vera riesce a diventare una madre  affettuosa, per l’arminuta, l’altra madre è entrata in un buco nero di cui non si intravede l’uscita.

buona visione - Ismaele

 

ps: l’arminuta sembra la sorella piccola di Alba Rohrwacher


 

...Bonito sa costruire la narrazione intersecando con maestria due piani. Chi quegli anni li ha vissuti può infatti ritrovare il clima sociale di un'Italia che dopo il boom economico degli anni '60 viaggia a due velocità. La borghesia piccola e media ha trovato un suo assestamento economico in gran parte con l'urbanizzazione mentre in ambito rurale, in alcune aree del Paese, persiste una pesante arretratezza.
È su questa base che si sviluppa la vicenda dell'arminuta che al contempo si radica in quella realtà ma si estende anche a condizioni e costrizioni che purtroppo sussistono nel presente.
Troppi minori ancora oggi vengono spostati "come pacchi", come dice la protagonista, da una famiglia biologica ad un affido per poi magari passare ad un altro per poi fare ritorno al nucleo originario. Nel film di Bonito succede per decisioni prese all'epoca in sede privata; oggi, talvolta, per sentenze che di tutto tengono conto tranne che della condizione psicologica di coloro che ne sono oggetto.

Bonito sa come far emergere le sensibilità ferite lavorando più sugli sguardi, i gesti e i silenzi che sulle parole. Per ottenere il risultato opera sulla linea femminile. L'arminuta, la sorellina Adriana, la madre biologica e quella che l'ha cresciuta vivono tutte condizioni in cui la deprivazione si manifesta con modi e tempi diversi ma con la stessa capacità di ferire nel profondo senza però riuscire ad annullare un intimo bisogno di comprensione reciproca.

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Il titolo ci suggerisce un movimento che non si può imbrigliare in una rassegnata unidirezionalità. L’arminuta è un’anima evoluta, moderna, con una consapevolezza che da quelle parti non avevano mai visto. Lei vuole tornare “a fare cose belle”, completando un percorso di maturazione che la porta ad abbracciare l’umanità al di là dei silenzi e delle differenze, riconoscendo un valore morale indipendente dalla proprietà con cui ci si siede a tavola o si scelgono le posate. Larmunita cerca il suo mondo, superando entrambi i poli opposti in cui era vissuta fino ad ora, rifiutando sintesi di compromesso, scegliendo i suoi compagni di viaggio. Si lascia alle spalle volti segnati, dolori silenziosi rappresentati con vivida credibilità, cartoline ormai ingiallite di un’Italia delle strade bianche che tutti possiamo riconoscere; che siano custodite in un portafoglio, in un cassetto, o in una vecchia soffitta polverosa.

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c’è l’incredibile performance di Carlotta De Leonardis, che nel personaggio di Adriana versa una vivacità e un’intensità davvero rare per la sua giovanissima età. Lei è l’altro polo, quello della bellezza e della semplicità di un mondo rimasto ancora puro e incontaminato. Una bellezza che si ritrova, come contrappunto ai grigi degli interni, nella bellezza mozzafiato dei campi lunghi sui paesaggi montuosi in cui la vicenda è ambientata. E il finale in effetti ribadisce come quello tra la protagonista e Adriana sia l’unica connessione davvero positiva nel film…

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Insistente nel produrre domande esistenziali ma soprattutto legittime, 'l'arminuta' si trova a dover combattere con una madre ritrovata che non sa darle risposte, e con quella perduta che a sua volta si ripresenta ma sempre in sua assenza e a sua insaputa cercando di ritagliarsi un ruolo a metà tra il finanziatore e il nume tutelare, nel frattempo si scontra con la riottosità dei due fratelli maschi più piccoli che probabilmente un'altra sorella non la vogliono, si incontra con la gentilezza interessata del maggiore, Vincenzo, che a quasi diciott'anni è ottenebrato dagli ormoni e non avendola mai vista prima non riesce a percepire il legame di sangue, e soprattutto si avvicina alla sorella minore Adriana, iniziando con lei per prima a sviluppare un rapporto profondo, schietto e puro.
L'Arminuta è un film intimo e riuscito: a Bonito il merito di averlo diretto in punta di piedi lasciando affiorare man mano l'infelicità di fondo e le personali ricerche di riscatto, oltre che della figlia doppiamente ripudiata, anche delle sue due madri, facendone un ritratto al femminile a tutto tondo, e riuscendo paradossalmente - nella complessiva delicatezza - a centrare i momenti migliori in scene di contatto anche più o meno violento (due su tutte: a cena, Vincenzo picchiato con la cinta dal padre sullo sfondo, quasi fuori fuoco, con camera a mano ferma puntata sulla tavolata; di notte, la scena delle carezze dello stesso Vincenzo alla protagonista).

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