negli anni '70 una ragazzina torna a casa, sapeva cosa lasciava, ma non quello che avrebbe trovato, da figlia unica in una famiglia mediamente agiata a una dei tanti figli in una famiglia sottoproletaria, della campagna abruzzese.
il film è convincente, gli attori bravissimi, la più brava, a sua insaputa, è Adriana, una bambina di meno di 10 anni che è una forza della natura, la figlia femmina più grande della casa, una vice madre, in pratica, che conosce come vanno le cose e cerca di fare del suo meglio.
le due mamme hanno un ruolo difficile, entrambe sono inadeguate, c’è sempre il padre padrone, la mamma vera riesce a diventare una madre affettuosa, per l’arminuta, l’altra madre è entrata in un buco nero di cui non si intravede l’uscita.
buona visione - Ismaele
ps: l’arminuta sembra la sorella piccola di Alba Rohrwacher
...Bonito sa costruire la narrazione
intersecando con maestria due piani. Chi quegli anni li ha vissuti può infatti
ritrovare il clima sociale di un'Italia che dopo il boom economico degli anni
'60 viaggia a due velocità. La borghesia piccola e media ha trovato un suo
assestamento economico in gran parte con l'urbanizzazione mentre in ambito
rurale, in alcune aree del Paese, persiste una pesante arretratezza.
È su questa base che si sviluppa la vicenda dell'arminuta che al contempo si
radica in quella realtà ma si estende anche a condizioni e costrizioni che
purtroppo sussistono nel presente.
Troppi minori ancora oggi vengono spostati "come pacchi", come dice
la protagonista, da una famiglia biologica ad un affido per poi magari passare
ad un altro per poi fare ritorno al nucleo originario. Nel film di Bonito
succede per decisioni prese all'epoca in sede privata; oggi, talvolta, per
sentenze che di tutto tengono conto tranne che della condizione psicologica di
coloro che ne sono oggetto.
Bonito sa come far emergere le sensibilità ferite
lavorando più sugli sguardi, i gesti e i silenzi che sulle parole. Per ottenere
il risultato opera sulla linea femminile. L'arminuta, la
sorellina Adriana, la madre biologica e quella che l'ha cresciuta vivono tutte
condizioni in cui la deprivazione si manifesta con modi e tempi diversi ma con
la stessa capacità di ferire nel profondo senza però riuscire ad annullare un
intimo bisogno di comprensione reciproca.
…Il titolo ci suggerisce un movimento che non si può
imbrigliare in una rassegnata unidirezionalità. L’arminuta è un’anima evoluta,
moderna, con una consapevolezza che da quelle parti non avevano mai visto. Lei
vuole tornare “a fare cose belle”, completando un percorso di maturazione che
la porta ad abbracciare l’umanità al di là dei silenzi e delle differenze, riconoscendo un
valore morale indipendente dalla proprietà con cui ci si siede a tavola o
si scelgono le posate. L’armunita cerca il
suo mondo, superando entrambi i poli opposti in cui era vissuta fino ad ora,
rifiutando sintesi di compromesso, scegliendo i suoi compagni di viaggio. Si
lascia alle spalle volti segnati, dolori silenziosi rappresentati con vivida
credibilità, cartoline ormai ingiallite di un’Italia delle strade bianche che
tutti possiamo riconoscere; che siano custodite in un portafoglio, in un cassetto,
o in una vecchia soffitta polverosa.
…c’è l’incredibile performance di Carlotta
De Leonardis, che nel personaggio di Adriana versa una vivacità e
un’intensità davvero rare per la sua giovanissima età. Lei è l’altro polo,
quello della bellezza e della semplicità di un mondo rimasto ancora puro e
incontaminato. Una bellezza che si ritrova, come contrappunto ai grigi degli
interni, nella bellezza mozzafiato dei campi lunghi sui paesaggi montuosi in
cui la vicenda è ambientata. E il finale in effetti ribadisce come quello tra
la protagonista e Adriana sia l’unica connessione davvero positiva nel film…
…Insistente nel produrre domande esistenziali ma
soprattutto legittime, 'l'arminuta' si trova a dover combattere con una madre
ritrovata che non sa darle risposte, e con quella perduta che a sua volta si
ripresenta ma sempre in sua assenza e a sua insaputa cercando di ritagliarsi un
ruolo a metà tra il finanziatore e il nume tutelare, nel frattempo si scontra
con la riottosità dei due fratelli maschi più piccoli che probabilmente
un'altra sorella non la vogliono, si incontra con la gentilezza interessata del
maggiore, Vincenzo, che a quasi diciott'anni è ottenebrato dagli ormoni e non
avendola mai vista prima non riesce a percepire il legame di sangue, e
soprattutto si avvicina alla sorella minore Adriana, iniziando con lei per
prima a sviluppare un rapporto profondo, schietto e puro.
L'Arminuta è un film intimo e riuscito: a Bonito il merito di averlo diretto
in punta di piedi lasciando affiorare man mano l'infelicità di fondo e le
personali ricerche di riscatto, oltre che della figlia doppiamente ripudiata,
anche delle sue due madri, facendone un ritratto al femminile a tutto tondo, e
riuscendo paradossalmente - nella complessiva delicatezza - a centrare i
momenti migliori in scene di contatto anche più o meno violento (due su tutte:
a cena, Vincenzo picchiato con la cinta dal padre sullo sfondo, quasi fuori
fuoco, con camera a mano ferma puntata sulla tavolata; di notte, la scena delle
carezze dello stesso Vincenzo alla protagonista).
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