ci sono dei momenti di intervallo fra due situazioni, momenti in cui il tempo rallenta prima arrivare a destinazione.
in quei momenti possono succedere cose mai viste, il potente chiede aiuto al debole, il debole mostra umilmente la sua forza, e il potente rende palese la sua debolezza.
ed entrambi, ciascuno nel proprio ruolo (ruoli che in certi momenti evaporano), si parlano, con rispetto, e hanno un pensiero, una com-passione per il giovane Fantaccini, che forse non ha mai avuto un padre, inteso come maestro, come guida, e forse Gargiulo e Lagioia per qualche istante lo diventano.
un film sulla prigione, sulla sua inutilità, probabilmente, in un interregno in cui tutti sono soli e, paradossalmente, insieme, un'umanità che con-vive.
il cibo è lo strumento che prima causa attriti e poi permette un incontro, e Oreste il lattaio e il padre di Lagioia sarebbero stati contenti,
non ci sono effetti speciali, se non vogliamo considerare un effetto speciale la corrente elettrica che va via, e poi ritorna.
forse l'unico effetto speciale, per i nostri tempi, è che degli uomini che sembrano nemici si guardano negli occhi e si parlano e scoprono che hanno tanto in comune, anche senza dirselo, questa è proprio una cosa speciale.
non fatevelo sfuggire, se vi volete bene.
buona (galeotta) visione - Ismaele
Ariaferma
è un’utopia. È il sogno di un mondo in cui attraverso la collaborazione e la
conoscenza reciproca si può mandare all’aria tutto l’impianto di sospetti, e di
sbilanciamenti sociali su cui si fonda il sistema. E dunque Leonardo Di
Costanzo si muove con sempre maggiore ardore verso una dimensione corale, che
sfocia nella straordinaria sequenza della cena collettiva, quando a seguito di
un blackout e per poter gestire meglio la situazione guardie e detenuti
mangiano allo stesso desco, passandosi l’acqua, il pane, il sale. Scherzando.
Chiacchierando. Un momento magico (manca
la luce, si è fuori dalla norma) in cui anche
il più odiato dei detenuti – odiato dagli altri detenuti, sia chiaro –,
quell’Arzano che sta anche soffrendo di Alzheimer, può essere parte del
gruppo, compagno di mangiate e di bevute, e di vita. I ruoli saltano, la rappresentazione del potere
anche, e restano solo gli esseri umani, con le rispettive fragilità e
idiosincrasie. Leonardo Di Costanzo firma un’opera morale e lucida, ispirata e
dolcissima, rafforzata dalle eccellenti interpretazioni di Toni Servillo, Fabrizio
Ferracane, Salvatore Striano, Roberto De Francesco, ma sui quali giganteggia
uno straordinario Silvio Orlando. Un’elegia anarchica, sognata eppur credibile,
che forse avrebbe meritato di poter concorrere per il Leone d’Oro.
…se i
codici e le regole ordinarie collassano è il contatto umano l’unica strada
percorribile per evitare i pericoli dello stato d’eccezione: Gargiulo concede a
Lagioia la possibilità di cucinare per i detenuti piantonando in prima persona
tutta l’operazione. Faccia a faccia: questi due personaggi archetipici
incarnano polarità inconciliabili che continuano a rivendicare orgogliosamente
identità e ruoli sociali ma si trovano costretti dalla storia (e dalla Storia)
a incontrarsi per un fine più alto. La sopravvivenza della comunità che rischia
l’oblio impone nuove responsabilità.
Lo spazio simbolico
della cucina diventa il portale immaginario che sfocia in un’ultima cena tra
detenuti e agenti seduti finalmente allo stesso tavolo. Un qualcosa “di mai
visto”, dice Lagioia, che è conseguenza di un ulteriore stato di eccezione: la
mancanza di energia elettrica. In quel buio Gargiulo e Lagioia riescono
finalmente a finire un pasto completo condividendo anche la stessa
preoccupazione: salvare la vita al giovane Fantaccini. Al di là di tutto.
Il contatto umano è ormai delegato al puro sguardo. Tanto che la scoperta
improvvisa di una memoria condivisa oltre quelle mura smuove definitivamente l’ariaferma di Mortana aprendo simbolicamente la
porta verso il nostro mondo che preme dal
fuori campo. Esattamente come dai campi-controcampi in primo piano che
distanziano detenuti e agenti si scivola pian piano verso inquadrature totali
che ospitano nuovi necessari incontri. La mediazione estetica che si fa
costantemente riflessione etica: un film bello e importante questo Ariaferma.
…Ci sono film talmente nitidi nella loro potenza
espressiva che è quasi difficile scriverne, parlarne, metterne a fuoco il senso
a parole. Ariaferma di Di Costanzo, fra l’altro, è un film
che fa magnificamente economia di parole. Arriva al nostro sguardo, la pelle,
il cuore soprattutto attraverso i volti, le immagini di un luogo, gli sguardi
dei protagonisti in campo. Davanti e dietro le sbarre. E poco cambia. Di fatto
guardie e carcerati sono tutti nella medesima gabbia.
«È dura sta’ in cacere, eh?» dice Don Carmine
all’agente Gaetano. «Io non sto in carcere» risponde il poliziotto. «Ah no? Mi
pareva di sì» ribatte serafico Carmine. Gaetano è una guardia che ha la
sensibilità e l’intelligenza di capire che l’unico modo perché la tensione non
esploda in violenza è cercare di capire i carcerati. Protegge Fantaccini quasi
come un padre. Gli sguardi fra guardia e carcerato si riconoscono e si
specchiano. Gaetano esiste, Carmine e Fantaccini anche…In una notte di
blackout, la guardia si siederà a tavola con i carcerati. Mangerà con loro in
un’ultima cena. Al ritorno della luce il sogno dell’autogestione, forse, salta.
Il ritorno alla quotidianità è brusco e immediato («rientrate nelle celle!»
«richiudiamo le celle!»). In attesa di domani.
https://welovecinema.it/2021/10/18/ariaferma-la-regia-di-leonardo-di-costanzo/
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