mercoledì 6 ottobre 2021

La zona - Rodrigo Plà

Se pensate che questo sia il migliore dei mondi possibili state lontano da questo film, potrebbe farvi male.

In un territorio i ricchi si chiudono in una cittadella fortificata, protetta da muri e guardie, come se nel modo esistessero cose del genere, che fantasia il regista e la sceneggiatrice Laura Santullo, nel 2007.

In realtà il mondo è così, e chi sta solo da una delle due parti non sa bene cosa c’è dall’altra parte, ma se ha occhi e orecchie aperte lo capisce bene.

Un po’ thriller, e molto politico.

Il film l’ho visto a suo tempo al cinema, Nanni Moretti aveva comprato i diritti e nel 2007 è apparso in qualche piccolo cinema.

Uno dei film più importanti e inquietanti, senza bisogno di nessun effetto speciale, degli ultimi vent’anni, secondo me.

Cercatelo e cercatelo ancora, per un periodo è stato su Raiplay, adesso non più, ma cercando bene si trova, il dvd esiste ancora.

Buona (imperdibile) visione - Ismaele

 

 

 

Qui siamo in un’abnorme città del Messico, dove viene eretta, ai confini con una favela, un’isola «d’oro» per ricchi borghesi, controllata da video camere, muri recintati e guardie armate. La sicurezza vacilla quando in una notte di tregenda un’affissione pubblicitaria crolla sul muro cli cinta, sberciandolo e permettendo a tre ragazzini di entrare dentro il villaggio. Due vengono seccati (dopo aver ucciso alloro volta una vecchietta) e un altro si rifugia. Inizia la caccia al ladro violenta e sanguinaria, operata dai condomini come atto di giustizia privata per evitare di perdere i «diritti» speciali del loro piccolo mondo.
Ora, chi ha buona frequentazione della letteratura di fantascienza sociale, avrà sicuramente riconosciuto l’immaginario di James Ballard.

Dario Zonta, 'L'Unità', 4 aprile 2008


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Grande trama, avvincente, ma questo è solo un aspetto. La bellezza del film, oltre a una sceneggiatura perfetta in cui ogni piccolo elemento - una scarpa, una telecamerina, un numero di telefono in un braccio - da insignificante diventa decisivo, e ad una recitazione più che all'altezza, sta nell'atmosfera, nel messaggio, nel significato.

Chi sono le vittime? Chi sono i colpevoli? E' "giusto" avere il diritto di vivere in una casta scelta?
A mio parere La Zona ci dà l'impressione di essere quasi una miniatura di un regima dittatoriale, dove ogni diverso non viene accettato, dove ci sono regole ferree, ruoli e organizzazione perfetta, e dove ogni errore o crimine di guerra va occultato agli occhi del resto del mondo. I residenti non solo buttano nella spazzatura i corpi dei 2 delinquenti uccisi per evitare le indagini della polizia ufficiale, ma anche quelli dell'anziana e della guardia, due loro "amici" e simili, per poter affermare che non è successo assolutamente NIENTE.
Intanto però cercano il rifugiato per una giustizia sommaria...Solo Alejandro sembra capire che quel ragazzo non ha fatto niente, che è entrato quasi per sbaglio, che è, semplicemente, nè più nè meno che come lui, un ragazzino che, però, a differenza sua, non possiede niente. Proprio per questo scarnificando fino all'osso le due sceneggiature La Zona mi sembra paragonabile al Bambino col pigiama a righe. L'amicizia di due coetanei in un luogo, La Zona o il Lager, dove questa non è permessa. Ragazzi o bambini uguali in tutto e per tutto, divisi contronatura dalle leggi dell' Uomo. Grande opera, grande film, lezione di cinema, lezione di vita.

da qui 


Uno spicchio di paradiso in mezzo all'inferno di smog a Città del Messico.Vialetti ben curati,scuole private,prati con erba tagliata di fresco,case arredate lussuosamente, strade libere dal traffico ben al di fuori del caos cittadino,del traffico,delle case fatiscenti che sembrano crollare sulle strade.Due mondi completamente agli antipodi che distano pochissimo:la distanza di un muro o delle reti metalliche che avvolgono la Zona.Così la chiamano,un nome che è quasi una propaggine di quella teorizzata in Stalker di Tarkovskij.Nella Zona tutti i sogni sono possibili perchè c'è vita agiata,c'è un sistema di controllo capillare che impedisce intrusioni dall'esterno,c'è una sorta di ordine precostituito autonomo che può permettersi di bypassare la legge…

da qui

 

La Zona è il paradigma della parte ricca dell'"azienda mondo", quella che ha anestetizzato le sue ossessioni per la sicurezza barattando la perdita dei valori solidaristici con un po’ di effimera tranquillità, quella che ha sbattuto la porta in faccia alle miserie del mondo per rintanarsi nelle sue alcove dorate e non si rende affatto conto che, alle condizioni date dall'attuale modello economico, la sua pacificazione sociale non è più sostenibile. La Zona è la spia rossa di un processo di fascistizzazione della società sempre in atto. Un pugno nello stomaco per chi si volta sempre dall'altra parte. Un grande film.

da qui

 

Per la serie “meglio dirlo subito”: questo film è un vero e proprio pugno nello stomaco. Dimentichiamoci qualsiasi attitudine consolatoria o rassicurante, non ci troveremo di fronte a una semplice commedia rosa: e lo capiamo da subito. Siamo in Messico, ma se fossimo in Brasile saremmo dalle parti della Ciudad De Dios, per citare il noto film di Mereilles (non dissimile per denuncia sociale, civile, morale). Una città dannata che però tra macerie, miseria, criminalità e corruzione è riuscita a ritagliarsi un piccolo angolo plastificato di paradiso: “La Zona”, per l'appunto, un quartiere residenziale per famiglie agiate, dove ci si reclude dal resto del mondo, lo si controlla di continuo tramite telecamere e circuiti di sorveglianza, e si vive autosufficientemente lontani da qualsiasi pericolo e bruttura. Neanche la polizia, se non priva di un mandato speciale, può entrare…

da qui

 

La zona è un film sbagliato (non il film di Plà ma il quartiere perbenista e infestante) che purtroppo reagisce all’azione “destrutturante” del taglio, al dolore provocato dal tentativo di montare un altro film. La mente cerca invano di capacitarsi, di resistere all’azione corrosiva del materiale ridondante che si accumula nelle immagini, che penetra negli interstizi squassando le comode consapevolezze, abilitando il germe infestante dello sguardo allungato sul multiverso. Non un universo quindi, ma un agglomerato casuale di universi. Il cinema può solo assemblare, coagulare, mostrare la sua stessa incapacità di formare la differenza, evidenziare l’innocenza di un’immagine ripresa da una telecamera di sorveglianza, una innocenza che però trova la sua eterna dannazione nella rielaborazione ecfrastica del Condominio. L’odio per la differenza porta a idealizzare un’armonia anomala di forme precostituite che il filmico non può sostenere (certo cinema purtroppo sì), porta ad avere paura e la paura è la strada maestra che trascina nel gorgo atrofizzante della superficie

da qui




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