Se pensate che questo sia il migliore dei mondi possibili state lontano da questo film, potrebbe farvi male.
In un
territorio i ricchi si chiudono in una cittadella fortificata, protetta da muri
e guardie, come se nel modo esistessero cose del genere, che fantasia il
regista e la sceneggiatrice Laura Santullo, nel 2007.
In realtà il
mondo è così, e chi sta solo da una delle due parti non sa bene cosa c’è dall’altra
parte, ma se ha occhi e orecchie aperte lo capisce bene.
Un po’
thriller, e molto politico.
Il film l’ho
visto a suo tempo al cinema, Nanni Moretti aveva comprato i diritti e nel 2007 è
apparso in qualche piccolo cinema.
Uno dei film
più importanti e inquietanti, senza bisogno di nessun effetto speciale, degli
ultimi vent’anni, secondo me.
Cercatelo e
cercatelo ancora, per un periodo è stato su Raiplay, adesso non più, ma
cercando bene si trova, il dvd esiste ancora.
Buona
(imperdibile) visione - Ismaele
Qui siamo in
un’abnorme città del Messico, dove viene eretta, ai confini con una favela,
un’isola «d’oro» per ricchi borghesi, controllata da video camere, muri
recintati e guardie armate. La sicurezza vacilla quando in una notte di
tregenda un’affissione pubblicitaria crolla sul muro cli cinta, sberciandolo e
permettendo a tre ragazzini di entrare dentro il villaggio. Due vengono seccati
(dopo aver ucciso alloro volta una vecchietta) e un altro si rifugia. Inizia la
caccia al ladro violenta e sanguinaria, operata dai condomini come atto di
giustizia privata per evitare di perdere i «diritti» speciali del loro piccolo
mondo.
Ora, chi ha buona frequentazione della letteratura di fantascienza sociale,
avrà sicuramente riconosciuto l’immaginario di James Ballard.
Dario Zonta, 'L'Unità', 4 aprile 2008
Grande trama, avvincente, ma questo è solo un aspetto. La bellezza del film, oltre a una sceneggiatura perfetta in cui ogni piccolo elemento - una scarpa, una telecamerina, un numero di telefono in un braccio - da insignificante diventa decisivo, e ad una recitazione più che all'altezza, sta nell'atmosfera, nel messaggio, nel significato.
Chi sono le vittime? Chi sono i colpevoli? E' "giusto" avere il
diritto di vivere in una casta scelta?
A mio parere La Zona ci dà l'impressione di essere quasi una miniatura di un
regima dittatoriale, dove ogni diverso non viene accettato, dove ci sono regole
ferree, ruoli e organizzazione perfetta, e dove ogni errore o crimine di guerra
va occultato agli occhi del resto del mondo. I residenti non solo buttano nella
spazzatura i corpi dei 2 delinquenti uccisi per evitare le indagini della
polizia ufficiale, ma anche quelli dell'anziana e della guardia, due loro
"amici" e simili, per poter affermare che non è successo
assolutamente NIENTE.
Intanto però cercano il rifugiato per una giustizia sommaria...Solo Alejandro
sembra capire che quel ragazzo non ha fatto niente, che è entrato quasi per
sbaglio, che è, semplicemente, nè più nè meno che come lui, un ragazzino che,
però, a differenza sua, non possiede niente. Proprio per questo scarnificando
fino all'osso le due sceneggiature La Zona mi sembra paragonabile al Bambino
col pigiama a righe. L'amicizia di due coetanei in un luogo, La Zona o il
Lager, dove questa non è permessa. Ragazzi o bambini uguali in tutto e per
tutto, divisi contronatura dalle leggi dell' Uomo. Grande opera, grande film,
lezione di cinema, lezione di vita.
Uno spicchio di paradiso in mezzo all'inferno di smog a Città
del Messico.Vialetti ben curati,scuole private,prati con erba tagliata di
fresco,case arredate lussuosamente, strade libere dal traffico ben al di fuori
del caos cittadino,del traffico,delle case fatiscenti che sembrano crollare
sulle strade.Due mondi
completamente agli antipodi che distano pochissimo:la distanza di un muro o
delle reti metalliche che avvolgono la Zona.Così la chiamano,un nome che è quasi una
propaggine di quella teorizzata in Stalker di Tarkovskij.Nella Zona tutti
i sogni sono possibili perchè c'è vita agiata,c'è un sistema di controllo capillare
che impedisce intrusioni dall'esterno,c'è una sorta di ordine precostituito
autonomo che può permettersi di bypassare la legge…
…La Zona è il paradigma della parte ricca
dell'"azienda mondo", quella che ha anestetizzato le sue ossessioni
per la sicurezza barattando la perdita dei valori solidaristici con un po’ di
effimera tranquillità, quella che ha sbattuto la porta in faccia alle miserie
del mondo per rintanarsi nelle sue alcove dorate e non si rende affatto conto
che, alle condizioni date dall'attuale modello economico, la sua pacificazione
sociale non è più sostenibile. La Zona è la spia rossa di un processo di
fascistizzazione della società sempre in atto. Un pugno nello stomaco per chi
si volta sempre dall'altra parte. Un grande film.
Per
la serie “meglio dirlo subito”: questo film è un vero e proprio pugno nello
stomaco. Dimentichiamoci qualsiasi attitudine consolatoria o rassicurante, non
ci troveremo di fronte a una semplice commedia rosa: e lo capiamo da subito.
Siamo in Messico, ma se fossimo in Brasile saremmo dalle parti della Ciudad De
Dios, per citare il noto film di Mereilles (non dissimile per denuncia sociale,
civile, morale). Una città dannata che però tra macerie, miseria, criminalità e
corruzione è riuscita a ritagliarsi un piccolo angolo plastificato di paradiso:
“La Zona”, per l'appunto, un quartiere residenziale per famiglie agiate, dove
ci si reclude dal resto del mondo, lo si controlla di continuo tramite
telecamere e circuiti di sorveglianza, e si vive autosufficientemente lontani
da qualsiasi pericolo e bruttura. Neanche la polizia, se non priva di un
mandato speciale, può entrare…
…La zona è un film sbagliato (non il film di Plà ma
il quartiere perbenista e infestante) che purtroppo reagisce all’azione
“destrutturante” del taglio, al dolore provocato dal tentativo di montare un
altro film. La mente cerca invano di capacitarsi, di resistere all’azione
corrosiva del materiale ridondante che si accumula nelle immagini, che penetra
negli interstizi squassando le comode consapevolezze, abilitando il germe
infestante dello sguardo allungato sul multiverso. Non un universo quindi, ma
un agglomerato casuale di universi. Il cinema può solo assemblare, coagulare,
mostrare la sua stessa incapacità di formare la differenza, evidenziare
l’innocenza di un’immagine ripresa da una telecamera di sorveglianza, una
innocenza che però trova la sua eterna dannazione nella rielaborazione
ecfrastica del Condominio. L’odio per la differenza porta a idealizzare
un’armonia anomala di forme precostituite che il filmico non può sostenere
(certo cinema purtroppo sì), porta ad avere paura e la paura è la strada
maestra che trascina nel gorgo atrofizzante della superficie…
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