un film documentario costituito da interviste di Pietro Marcello, Francesco Munzi e Alice Rohrwacher a ragazze e ragazzi di tutta Italia nell'ultimo anno.
hanno raccontato le loro ansie e paure, i loro sogni e desideri.
il quadro che ne esce è complesso e diversificato, sono spaventati, rassegnati, spesso con voglia di fuggire (forse di nascondersi), eppure vivi, sovente individualisti, raramente con un pensiero collettivo.
appaiono anche alcuni stralci d'inchieste sui ragazzi e bambini degli anni '60, sembrano sia passato un secolo, regnava la miseria, ma si sperava nel futuro.
sono stati intervistati anche delle ragazze e dei ragazzi che frequentano la scuola Diaz, a Genova, nati dopo il 2001, i fatti successi in quella scuola sembravano non riguardarli troppo, a scuola non se n'é mai parlato, alcuni sapevano qualcosa per conto loro, e giustamente ne erano atterriti, anche se con distacco.
quei terribili fatti di Genova 2001 non possono non essere nello sfondo, la paura e l'individualismo passa anche per quello che è successo lì.
sarebbe bello che in tutte le scuole vedessero Futura, seguito dalla visione di Diaz – Non pulire questo sangue, di Daniele Vicari (QUI), seguito da un dibattito vero, in ogni classe.
Futura è al cinema solo per tre giorni, poi si potrà noleggiare o comprare o vedere su Raiplay, chissà.
intanto, per quando sarà, buona visione - Ismaele
ps: se aggiungiamo che la classe dirigente che ha promosso torturatori e aguzzini non è mai cambiata, e che chi governa sono sempre ministri e dirigenti della paura e del terrore, del bla bla bla e dei diritti acquisiti (un esempio fra tutti il diritto acquisito del delinquente Formigoni a un vitalizio, e non solo lui, soldi rubati ai giovani), si capisce bene che il futuro è in mano a chi ha fatto enormi danni, e i giovani che vivranno il futuro troveranno solo le macerie create da un sistema politico ed economico che li esclude e li escluderà (tranne i cooptati che racconteranno bugie su bugie, finché dura).
…In tutte le interviste sorprendono la lucidità, la chiarezza con cui i
ragazzi vedono le difficoltà e la mancanza di prospettive, la disillusione,
perfino la rassegnazione. Si nota l’assenza della politica, nel senso di spinta
al cambiamento attraverso la partecipazione alla vita collettiva.
I registi sono a Genova per l’anniversario del G8, un anno e mezzo dopo aver cominciato il viaggio in Italia, e incontrano gli studenti che oggi frequentano la scuola Diaz. Colpisce il silenzio dei ragazzi quando gli chiedono che ne pensano di quello che è successo lì nel 2001, quando non erano ancora nati. “Non vi hanno mai raccontato niente?”, “Sinceramente no”, risponde uno di loro.
Se nelle redazioni dei giornali e delle case editrici, nelle sedi dei partiti (almeno quelli più o meno di sinistra), nelle stanze dei sindacati, ai piani alti delle grandi aziende, nei centri studi, a palazzo Chigi e nei ministeri più importanti, insomma se in tutti quei posti dove si cerca di capire che paese è, e sarà, l’Italia, quest’anno decidessero di guardare un solo film, sarebbe bello se fosse questo.
…I ragazzi, per i tre registi, sono
"divenenti", vite al confine dell'età adulta sul punto di
trasformarsi, come "creature sovrannaturali". La loro percezione è
che non ci sia futuro in Italia, dove non riescono a "lasciare un
segno" e si sentono continuamente "giudicati". "Qua la
felicità non ce la vedo", concludono, immaginando di trasferirsi in un El
Dorado straniero.
Il sentimento dominante è la paura del domani, soprattutto in termini
lavorativi: anche perché molti vorrebbero fare il calciatore o la performer,
puntando a sogni poco realistici. Molti percepiscono che l'istruzione non è più
una garanzia di stabilità economica e hanno già le idee molto chiare sul
precariato e lo sfruttamento che probabilmente li aspetta. Ma si preoccupano
anche dei loro genitori, che vedono "fare i salti mortali". A tanti
manca la capacità di contestualizzare e attingere alla Storia - anche quella
recente, come la mattanza del G8. E tuttavia questi ragazzi spaventati sono
capaci di grande saggezza: ad esempio uno descrive l'istruzione come un mezzo
per "non avere paura dell'ignoto" e afferma che "i maestri fanno
dell'errore il loro primo valore e della condivisione il secondo".
C'è chi descrive un "futuro immateriale", chi denuncia "il
dominio dei social network", chi teme di essere rimpiazzato da una
macchina sul posto di lavoro. Vogliono "provare a fare di più per gli
immigrati che aiutarli solo a sopravvivere", definiscono il razzismo e la
violenza sulle donne "roba da vecchi" - anche se poi i maschi
continuano a dominare le conversazioni, a meno che il gruppo intervistato non
sia tutto femminile. E ad un certo punto delle riprese arriva l'irruzione della
pandemia, lo sguardo in macchina degli intervistati si colora di una paura
nuova, e Futura diventa "il diario di uno stato d'animo
contagiato".
L'affresco è più interessante che cinematograficamente riuscito, più ricco di
suggestioni che di approfondimento. Anche la pluralità di sguardi dietro la
cinepresa contribuisce alla disomogeneità del risultato, che non riesce a
prendere una direzione chiara. Ma in questo è anche lo specchio dei ragazzi che
racconta, e resta un documento prezioso da cui partire per scavare più a fondo
e dare nuovo spazio e ascolto ai "divenenti".
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