il calvario di Hope, e anche dei suoi genitori, o le preoccupazioni dei compagni di Hope non si possono raccontare.
una bambina che si affaccia alla vita viene rovinata da uno stupratore di merda e la sua vita diventa un'altra.
la bambina, i genitori, tutti sono bravissimi e questo film non potrà lasciare indifferente nessuno (fra i vivi, intendo).
un piccolo gioiellino da non perdere, promesso.
buona (sofferta) visione - Ismaele
In un giorno piovoso, la piccola Hope, 9 anni, di ritorno
da scuola, viene trascinata via da un uomo sconosciuto e ubriaco, dal quale
subisce violenza, precipitando in una tragedia atroce, intollerabile. Hope è
sottoposta a un gravoso intervento chirurgico, e finisce per riportare ferite
che non potranno mai rimarginarsi. La famiglia di Hope, distrutta, sfregiata
sia fisicamente che emotivamente, piomba nella disperazione. In seguito al
trauma, Hope rifiuta perfino la presenza di suo padre, Dong-hoon, il quale, non
potendo più stare vicino alla figlia, si nasconde dietro il costume del
personaggio dei cartoni animati preferito da Hope, e diventa così il suo angelo
custode. Grazie all'amore di coloro che la circondano e del suo angelo custode,
Hope gradualmente riacquista luce. Vedendo come Hope ritrovi a poco a poco
stabilità e gioia, anche la famiglia della bambina comincia a cambiare e a
cercare la speranza nel fondo del dolore.
L'abisso
del degrado umano, ma anche la possibilità di una speranza che si accende come
una flebile luce. Questo l'insegnamento di un bellissimo e importante film
coreano che strazia il cuore per realismo e capacità del regista di creare
un'empatia tra lo spettatore e i suoi personaggi. Sequenze che restano nella
memoria, come la corsa smarrita della bimba con un ombrello giallo.
Sceneggiatura acuta ma sobria e grande interpretazione degli interpreti, a
partire dalla piccola Hope. Capolavoro.
…“Hope” è un lungometraggio che sceglie l’unica strada
possibile, quella della sobrietà: un prodotto capace di oscillare in maniera
equilibrata tra disperazione e cauto ottimismo, esplorando il disagio di una
famiglia come tante costretta suo malgrado a dover ripartire da zero, da una
figlia devastata che inizia ad aver paura di tutti gli uomini, persino del
padre. L’interpretazione di questa ragazzina è incredibile, ma ogni pedina
principale del cast merita un elogio. Non trova invece molto spazio la figura
del balordo pedofilo, personaggio che ha un’importanza relativa per l’economia
dell’opera (ecco perché possiamo parlare di cinema drammatico nell’accezione
più pura del termine, senza dover scomodare le dinamiche da thriller viste in
molte pellicole coreane incentrate su maniaci e serial killer vari).
Ci troviamo davanti a un film estremo nel suo
involucro ma commovente nella sua anima, un approccio che per fortuna aggira
ogni tipo di sentimentalismo da quattro soldi lasciando spazio a una realtà dei
fatti che bisogna accettare fino all’ultimo boccone. “Hope” va affrontato con
una certa consapevolezza e con la giusta preparazione, poiché si tratta di un
lavoro di due ore all’interno del quale le tante emozioni contrastanti possono
davvero far male. Anche se, come diceva un vecchio saggio, la speranza è più
della vita.
La
brutalità (di uno stupro) e la disperazione (di tutte le radiali conseguenze)
quale concime di una riscossa tutta delicatezza. Senza sguazzare nel
compiacimento per il dolore seminato (che comunque raggela e atterrisce) ma
scansando fermamente anche le lusinghe della mellifluità, Lee Joon-Ik dimostra
con questo contraltare di Silenced che
a un male estremo rispondono i rimedi uguali e contrari di un amore estremo che
tutto risana, anche la cataratta di un’ottusa giurisdizione. Impossibile non
uscirne scossi e spogliati, anche solo dalla grazia attoriale di cui si fa
carico la protagonista.
Film basato su una straziante storia vera, "Hope" di Lee
Joon-ik ci rappresenta una storia terribile. Una bambina di otto anni venne
brutalmente percossa e violentata da un mezzo barbone alcolizzato. I danni
fisici e mentali ai genitori e alla bambina furono tali da devastare una
famiglia, ma il colpevole ebbe una pena di soli 12 anni (che sta ancora
scontando).
Il film ha un inizio conciliante (specie per me che non avevo idea di cosa
parlasse), in cui i problemi della vita sono davvero le cose più stupide e in
cui si vede come delle volte ci si dimentichi di cosa sia importante e si dia
tutto per scontato.
Quello che succede dopo una mezz'oretta manda in shock lo spettatore, lo agita.
Personalmente ci ho messo un pò a fare pace con lo stupore che mi pervadeva le
viscere.
Lee è bravissimo a non cadere nel facile drammatico a cui siamo abituati, pur
restituendo la tragedia della vicenda.
La crescita della figura del padre insieme al ristabilire la quotidianità della
piccola sono il cuore del film, un film in cui appunto regna la parola
"hope", speranza. C'è una famiglia riunita, ci sono delle persone che
ti vogliono bene, la seconda parte del film è pervasa dalla speranza.
La critica al sistema giudiziario ( ma inizialmente anche a chi conduce le
indagini) è fortissima.
Ottimo il sonoro e la fotografia che ben si sposano con una sceneggiatura molto
intima e trattata con i guanti.
Bravissimi gli attori, di un'umanità incredibile e capaci di restituire ogni
emozione in gioco.
Si può andare avanti.
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