sabato 7 agosto 2021

Colpo di stato – Luciano Salce

quando nel 1969 Luciano Salce (insieme a Ennio De Concini) girarono questo film (che ebbe problemi di censura), ambientato nel vicinissimo 1972 poteva sembrare satirico o fantascientifico, era invece fantarealista.

il partito comunista vinse le elezioni, e quando era pronto un colpo di stato, il partito decise di non accettare la responsabilità di governare, pensando a un imbroglio (d'accordo nella decisione Usa e Urss), a un trucco, a una provocazione.

la realtà supera la fantasia, o la fantasia precede la realtà, chissà.

gran film, da meditare, se esiste la categoria di cinema politico questo è cinema politico.

buona (politica) visione - Ismaele




QUI il film completo


 

Colpo di stato non ha un protagonista unico ma sceglie la pluralità dei punti vista e dei volti, passando – in un modo schizofrenico che ricorda l’Orson Welles più low budget – dalla camera da letto di due amanti che seguono distrattamente i risultati mentre copulano, alle sale del Vaticano, dove i porporati progettano già la fuga a sud, fino a mostrarci l’esultanza dei comunisti italiani, inconsapevoli che la vittoria inaspettata pone problemi anche ai loro capi. Salce compone il mosaico di un’Italia nel caos che tenta di schizzar via dalle mani della geopolitica internazionale tramite l’uso dello strumento democratico per eccellenza. Nella realtà, i comunisti non hanno mai prevalso sulla DC durante la guerra fredda, ma vale comunque la pena di porsi la domanda: «che cosa sarebbe accaduto se…?». Il regista romano se lo è certamente chiesto e, come dimostra Colpo di stato, non si faceva illusioni sulla risposta: chi nasce oppositore muore all’opposizione, e anche se i comunisti vincessero le elezioni in Italia, si troverebbe comunque il modo per mantenere lo status quo.

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Colpo di Stato [1969] di Luciano Salce è un film importante, da riscoprire e rivalutare, un apologo fantapolitico, una pellicola molto quotata all’estero ma poco considerata in Italia.

Luciano Salce interpreta un modesto ruolo da attore, nella parte introduttiva, per mettere in rilievo la tematica portante delle fantomatiche elezioni del 1972 vinte dalle opposizioni, alle quali poteva far seguito un colpo di Stato restauratore. Soggetto e sceneggiatura sono di Luciano Salce ed Ennio De Concini, che firmano un film difficile, debitore della cultura di sinistra post sessantotto, scomodo al punto che viene messo in circolazione soltanto nel 1979, dopo aver avuto problemi con la censura.

 

Colpo di Stato se la prende un po’ con tutti: democristiani servili con gli Stati Uniti, comunisti legati a doppio filo con Mosca, gerarchie ecclesiastiche che fanno politica dalla parte dei padroni, fotografi di moda che immortalano il niente. Ne escono bene soltanto gli idealisti, i comunisti veri che rifiutano logiche accomodanti ma vorrebbero rifondare la società dalle fondamenta. Inevitabile che una pellicola simile avesse problemi con la censura in un periodo storico oscuro come i primi anni Settanta.

Orchidea De Santis conferisce un tocco di malizia erotica in alcune sequenze che la vedono amoreggiare con il fidanzato e mostrare le sue grazie giovanili. La bella attrice romana è presente in diverse commedie di Salce e qui non è utilizzata al meglio delle sue potenzialità, anche se ha grande presenza scenica e la sua femminile sensualità contribuisce a irritare i censori. È davvero bella in minigonna alla moda e occhiali da studentessa.

Il film contiene brani musicali di Claudio Villa [Granada], molte canzoni rivoluzionarie e della resistenza interpretate da Anna Casalino. Originale la funzione del coro sullo stile della tragedia greca che introduce le sequenze successive e sintetizza gli accadimenti con brani tipo “Mancan solo poche ore/la parola all’elettore!”.

 

Sono molte le parti volutamente polemiche: come le suore che portano i morti al seggio, pur di farli votare, Stati Uniti e Russia che parteggiano per i politici di riferimento, mentre la Cina si disinteressa. Quando arriva l’improbabile vittoria elettorale della sinistra, i comunisti non se la sentono di governare e restano all’opposizione. Stati Uniti e Unione Sovietica concordano che è meglio così, per non far crollare fragili equilibri e per evitare un bagno di sangue.

Colpo di Stato è un film strano, incompreso, atipico per il regista, anche se carico di intelligente ironia, caustico, sarcastico.

L’ipotesi della pellicola è fantapolitica, ma sostenuta da un’analisi politica reale, perché racconta ciò che sarebbe potuto accadere. I democristiani meditano un colpo di Stato, i generali pensano di intervenire, altri dicono che sarebbe meglio scappare. Il sogno comunista resta nelle parole e nei pensieri irrealizzabili di un compagno. Di fatto niente deve cambiare…

Gordiano Lupi

Regia: Luciano Salce

Con: Raffaele Triggia, Alberto Plebani, Amedeo Merli, Orchidea De Santis

Anno: 1969

Sceneggiatura: Ennio De Concini, Luciano Salce

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Radicale e orgoglioso, Luciano Salce ha sempre fatto film politici, sia quando la politica c’entrava poco (FantozziLa voglia matta), sia quando era posta esplicitamente al centro della narrazione (Il sindacalistaColpo di stato). Egli appartiene alla generazione che ha vissuto l’armistizio (immortalato nel suo capolavoro, Il federale) e ha diretto molti tra i più grandi interpreti del periodo: Ugo Tognazzi, Nino Manfredi, Monica Vitti, Lando Buzzanca e la lista potrebbe proseguire. Antifascista ma non sessantottino, Salce si pone in posizione critica tanto nei confronti del governo, che s’identifica ancora con la Democrazia Cristiana, quanto dei capelloni e dei movimenti rivoluzionari, troppo violenti o troppo “hippy”. Insieme a un altro mostro sacro come Monicelli, Salce dà forma alla commedia all’italiana e le imprime un’impronta ideologica, più o meno definita, che rimarrà tale per tutti gli anni ‘60 e ‘70. Non si toglie però spazio alla parte umoristica, ispirata inevitabilmente alla commedia dell’arte ma ricca di quella vena grottesca che rendeva unico lo stile italiano. In bilico tra la farsa e il severo commento sociale, il cinema di Luciano Salce è eclettico come l’autore stesso, un vero e proprio intrattenitore capace di recitare, scrivere, suonare e cantare. Spesso interprete minore nei suoi film, Salce si è impegnato a mostrare gli eterni vizi degli italiani, qualche volta con rigidità, altre in maniera complice; a volte con la finezza de Il federale, altre col registro grossolano da farsa della commedia scollacciata, fino all’autoironia cinefila di un classico cult come Vieni avanti, cretino!. Al centro tra le diverse spinte stanno i suoi film più ricordati, quelli nati dalla fortunata collaborazione con Paolo Villaggio. Fantozzi è maschera e simbolo nazionalpopolare ma è anche tragico. I suoi film sono pieni di sequenze di comicità slapstick ma ritraggono anche un’Italia che abbandona il lavoro in fabbrica in favore degli uffici, del settore terziario, della contabilità (la Mega Ditta). Se il boom economico è stato immortalato da innumerevoli pellicole, pochissimi film sono riusciti, invece, a cogliere questa seconda trasformazione come fece la (troppo lunga) saga del ragionier Ugo Fantozzi, ed è tutto merito della coppia Salce-Villaggio che continuerà a produrre negli anni immediatamente successivi con Il… Belpaese e Professor Kranz tedesco di Germania. Salce ha continuato a recitare e dirigere fin quasi al momento della morte, avvenuta nel 1989 in seguito a un attacco cardiaco. Lascia un’eredità di commedie amare ricordatissime (proprio in questi giorni Fantozzi è riproposto nei cinema di tutta Italia) e di “filmetti” da riscoprire, che sorprendono ancora oggi per l’arguzia e il contenuto politico…

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