quando nel 1969 Luciano Salce (insieme a Ennio De Concini) girarono questo film (che ebbe problemi di censura), ambientato nel vicinissimo 1972 poteva sembrare satirico o fantascientifico, era invece fantarealista.
il partito comunista vinse le elezioni, e quando era pronto un colpo di stato, il partito decise di non accettare la responsabilità di governare, pensando a un imbroglio (d'accordo nella decisione Usa e Urss), a un trucco, a una provocazione.
la realtà supera la fantasia, o la fantasia precede la realtà, chissà.
gran film, da meditare, se esiste la categoria di cinema politico questo è cinema politico.
buona (politica) visione - Ismaele
QUI il film completo
… Colpo di stato non ha un protagonista unico ma sceglie la pluralità
dei punti vista e dei volti, passando – in un modo schizofrenico che ricorda
l’Orson Welles più low budget –
dalla camera da letto di due amanti che seguono distrattamente i risultati
mentre copulano, alle sale del Vaticano, dove i porporati progettano già la
fuga a sud, fino a mostrarci l’esultanza dei comunisti italiani, inconsapevoli
che la vittoria inaspettata pone problemi anche ai loro capi. Salce compone il
mosaico di un’Italia nel caos che tenta di schizzar via dalle mani della
geopolitica internazionale tramite l’uso dello strumento democratico per
eccellenza. Nella realtà, i comunisti non hanno mai prevalso sulla DC durante
la guerra fredda, ma vale comunque la pena di porsi la domanda: «che cosa
sarebbe accaduto se…?». Il regista romano se lo è certamente chiesto e, come
dimostra Colpo di stato, non si faceva
illusioni sulla risposta: chi nasce oppositore muore all’opposizione, e anche
se i comunisti vincessero le elezioni in Italia, si troverebbe comunque il modo
per mantenere lo status quo.
Colpo di Stato [1969]
di Luciano Salce è un film importante, da riscoprire
e rivalutare, un apologo fantapolitico, una pellicola molto quotata all’estero
ma poco considerata in Italia.
Luciano Salce interpreta un modesto
ruolo da attore, nella parte introduttiva, per mettere in rilievo la tematica
portante delle fantomatiche elezioni del 1972 vinte dalle opposizioni, alle
quali poteva far seguito un colpo di Stato restauratore. Soggetto e
sceneggiatura sono di Luciano Salce ed Ennio
De Concini, che firmano un film difficile, debitore della cultura di
sinistra post sessantotto, scomodo al punto che viene messo in circolazione
soltanto nel 1979, dopo aver avuto problemi con la censura.
Colpo di Stato se
la prende un po’ con tutti: democristiani servili con gli Stati Uniti, comunisti
legati a doppio filo con Mosca, gerarchie ecclesiastiche che fanno politica
dalla parte dei padroni, fotografi di moda che immortalano il niente. Ne escono
bene soltanto gli idealisti, i comunisti veri che rifiutano logiche accomodanti
ma vorrebbero rifondare la società dalle fondamenta. Inevitabile che una
pellicola simile avesse problemi con la censura in un periodo storico oscuro
come i primi anni Settanta.
Orchidea De Santis conferisce
un tocco di malizia erotica in alcune sequenze che la vedono amoreggiare con il
fidanzato e mostrare le sue grazie giovanili. La bella attrice romana è
presente in diverse commedie di Salce e qui non è
utilizzata al meglio delle sue potenzialità, anche se ha grande presenza
scenica e la sua femminile sensualità contribuisce a irritare i censori. È
davvero bella in minigonna alla moda e occhiali da studentessa.
Il film contiene brani musicali di Claudio Villa [Granada],
molte canzoni rivoluzionarie e della resistenza interpretate da Anna
Casalino. Originale la funzione del coro sullo stile della tragedia
greca che introduce le sequenze successive e sintetizza gli accadimenti con
brani tipo “Mancan solo poche ore/la parola all’elettore!”.
Sono molte le parti volutamente polemiche: come le suore che
portano i morti al seggio, pur di farli votare, Stati Uniti e Russia che
parteggiano per i politici di riferimento, mentre la Cina si disinteressa.
Quando arriva l’improbabile vittoria elettorale della sinistra, i comunisti non
se la sentono di governare e restano all’opposizione. Stati Uniti e Unione
Sovietica concordano che è meglio così, per non far crollare fragili equilibri
e per evitare un bagno di sangue.
Colpo di Stato è un film strano, incompreso, atipico per il
regista, anche se carico di intelligente ironia, caustico, sarcastico.
L’ipotesi della pellicola è fantapolitica, ma sostenuta da
un’analisi politica reale, perché racconta ciò che sarebbe potuto accadere. I
democristiani meditano un colpo di Stato, i generali pensano di intervenire,
altri dicono che sarebbe meglio scappare. Il sogno comunista resta nelle parole
e nei pensieri irrealizzabili di un compagno. Di fatto niente deve cambiare…
Gordiano Lupi
Regia: Luciano Salce
Con: Raffaele Triggia, Alberto
Plebani, Amedeo Merli, Orchidea De Santis
Anno: 1969
Sceneggiatura: Ennio
De Concini, Luciano Salce
Radicale e orgoglioso, Luciano Salce ha sempre fatto
film politici, sia quando la politica c’entrava poco (Fantozzi, La
voglia matta), sia
quando era posta esplicitamente al centro della narrazione (Il sindacalista, Colpo di stato).
Egli appartiene alla generazione che ha vissuto l’armistizio (immortalato nel
suo capolavoro, Il federale) e ha diretto molti
tra i più grandi interpreti del periodo: Ugo Tognazzi, Nino Manfredi, Monica
Vitti, Lando Buzzanca e la lista potrebbe proseguire. Antifascista ma non
sessantottino, Salce si pone in posizione critica tanto nei confronti
del governo, che s’identifica ancora con la Democrazia Cristiana, quanto
dei capelloni e dei movimenti rivoluzionari, troppo violenti o troppo “hippy”.
Insieme a un altro mostro sacro come Monicelli, Salce dà forma alla commedia
all’italiana e le imprime un’impronta ideologica, più o meno definita, che
rimarrà tale per tutti gli anni ‘60 e ‘70. Non si toglie però spazio alla parte
umoristica, ispirata inevitabilmente alla commedia dell’arte ma ricca di quella
vena grottesca che rendeva unico lo stile italiano. In bilico tra la farsa e il
severo commento sociale, il cinema di Luciano Salce è eclettico come l’autore
stesso, un vero e proprio intrattenitore capace di recitare, scrivere, suonare e cantare. Spesso interprete minore nei suoi
film, Salce si è impegnato a mostrare gli eterni vizi degli italiani, qualche
volta con rigidità, altre in maniera complice; a volte con la finezza de Il federale, altre col registro grossolano da farsa
della commedia scollacciata, fino all’autoironia cinefila di un classico cult
come Vieni avanti, cretino!. Al centro tra le diverse
spinte stanno i suoi film più ricordati, quelli nati dalla fortunata
collaborazione con Paolo Villaggio. Fantozzi è maschera e simbolo
nazionalpopolare ma è anche tragico. I suoi film sono pieni di sequenze di
comicità slapstick ma ritraggono anche un’Italia che abbandona il lavoro in fabbrica
in favore degli uffici, del settore terziario, della contabilità (la Mega
Ditta). Se il boom economico è stato immortalato da innumerevoli pellicole,
pochissimi film sono riusciti, invece, a cogliere questa seconda trasformazione
come fece la (troppo lunga) saga del ragionier Ugo Fantozzi, ed è tutto merito
della coppia Salce-Villaggio che continuerà a produrre negli anni
immediatamente successivi con Il… Belpaese e Professor Kranz tedesco di Germania. Salce ha
continuato a recitare e dirigere fin quasi al momento della morte, avvenuta nel
1989 in seguito a un attacco cardiaco. Lascia un’eredità di commedie amare
ricordatissime (proprio in questi giorni Fantozzi è
riproposto nei cinema di tutta Italia) e di “filmetti” da riscoprire, che
sorprendono ancora oggi per l’arguzia e il contenuto politico…
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