domenica 15 agosto 2021

Bangla - Phaim Bhuiyan

a volte (ri)capitano i miracoli, un ragazzo scrive, dirige e interpreta un film che a molti ha ricordato Io sono un autarchico (di Nanni Moretti),  a me, mutatis mutandis, mi è tornato in mente East is East (di Damien O'Donnell).

Bangla è un film fresco, sincero, ironico e autoironico, girato a Roma, a Torpignattara, per la precisione (qui un bel documentario).

è (anche) una storia d'amore (Phaim e Asia sono perfetti) e di amicizia, un gioiellino da non perdere.

buona visione - Ismaele


 

 

 

QUI il film completo, su Raiplay


 

Un italiano di seconda generazione, originario del Bangladesh, figlio di una casalinga e di un venditore ambulante di biancheria intima, con il sogno (realizzato!) di fare il regista. Quando, incuriosita, ho letto la sua storia ho pensato, forse banalmente, che il talento è forte come l’acqua e trova sempre la strada per uscire. In questo caso non era facile, e per capirlo fino in fondo leggete questa intervista.

«Mi chiamo Phaim, ho 22 anni, anche se mi vedete un po’ negro in realtà sono italiano, tipo un po’ cappuccino. Sono 50% bangla, 50% italiano, 100% Torpigna». Inizia così, fulminante, il racconto della vita di Phaim. Torpigna, per chi non conosce il territorio, è un quartiere simbolo delle periferie romane, Torpignattara: negli ultimi anni destinatario di interventi di riqualificazione (la cosa più bella sono i murales sulle vecchie case scorticate, che danno vita e arte a visioni che prima erano solo squallide), nonché scelto come sfondo di romanzi e fiction…

da qui


 

Phaim Bhuiyan si mostra un regista spigliato ed emancipato come il suo personaggio nella fase più matura. Usa uno stile accattivante fatto di continui passaggi onirici, di momenti di interruzione del flusso narrativo e della convenzione cinematografica, quando parla rivolgendosi in camera. C’è quel brillante incipit, che inizia in soggettiva, dove Phaim inizia un sogno erotico da cliché di un film porno, dove pure non manca di sottolineare la precarietà dei fattorini che consegnano piatti a domicilio. C’è tutta la presentazione, come fossero squadre di calcio, delle varie etnie sociali di Torpignattara. C’è poi quella scena al bar dove tiene insieme le due situazioni, Phaim occupato a parlare con le ragazze, mentre Asia si avvicina pericolosamente a un vecchio affascinante amico, restituendo lo stesso spaesamento del protagonista. Uno stile che fa venire in mente, ovviamente Woody Allen, ma anche quello che è stato un film innovativo nel cinema italiano come Tutti giù per terra di Davide Ferrario, un film che pure era il ritratto di una generazione. Phaim Bhuiyan evita comunque gli eccessi di quel film, le sue trovate sono sempre organiche e contenute.
Bangla si chiude ancora con una soggettiva, dopo quella onirica dell’inizio, che non combacia però con quella del protagonista. Ce ne andiamo, lo lasciamo in quel momento di intimità e ci congediamo chiudendo quella porta che è stata incautamente lasciata aperta. Che succederà? Una storia d’amore si può sospendere se uno dei due partner deve andare a Londra. Succedeva allo stesso Woody Allen alla fine di Manhattan: ci sono precedenti illustri…

da qui

 

… Il più grande pregio di Bangla sta nella prospettiva con cui il regista decide di raccontare non una storia di integrazione, quella è già un dato di fatto, bensì le difficoltà personali a fare convivere le varie colture che lo circondano ; niente discorsi politici-sociali , niente sguardo afflitto sul problema dell'immigrazione e dell'integrazione, ma una lucida , onesta e, in certi momenti , sfrontata analisi attraverso l'esperienza personale , al punto che viene da chiederci se il problema dell'integrazione sia più un qualcosa che affligge noi piuttosto che gli immigrati.

Phaim inoltre fotografa benissimo la realtà di Torpignattara, del Pigneto e del Quadraro con grande gentilezza e ironia, riuscendo a rendere in maniera nitida la realtà della vita del quartiere ( e chi scrive in quel quartiere ci è nato e ci  ha vissuto per 30 anni...) indugiando non solo sugli ormai famosi murales , esempi di street art tra i più belli di Roma, ma anche sugli scorci più caratteristici di un quartiere popolare che sta assurgendo a importante polo multiculturale della città.

Pur improntando il suo lavoro su atmosfere da commedia e da cinema comunque non particolarmente impegnato, Phaim dimostra di avere buone doti sia di narratore che di attore, senza eccedere mai, sapendo alternare i momenti più divertenti ad altri più riflessivi; in alcuni frangenti emerge anche una certa genialità registica (splendido l'intermezzo del pranzo a casa di Asia con tutta la famiglia allargata della ragazza, ironico sguardo su certo progressismo salottiero) che fa di Bangla un lavoro maturo per un così giovane regista e una pellicola che risulta una bella sorpresa intelligente nel panorama cinematografico italiano.

da qui 

 

inizia così:

 

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