a volte (ri)capitano i miracoli, un ragazzo scrive, dirige e interpreta un film che a molti ha ricordato Io sono un autarchico (di Nanni Moretti), a me, mutatis mutandis, mi è tornato in mente East is East (di Damien O'Donnell).
Bangla è un film fresco, sincero, ironico e autoironico, girato a Roma, a Torpignattara, per la precisione (qui un bel documentario).
è (anche) una storia d'amore (Phaim e Asia sono perfetti) e di amicizia, un gioiellino da non perdere.
buona visione - Ismaele
QUI il film completo, su Raiplay
Un italiano
di seconda generazione, originario del Bangladesh, figlio di una casalinga e di
un venditore ambulante di biancheria intima, con il sogno (realizzato!) di fare
il regista. Quando, incuriosita, ho letto la sua storia ho pensato, forse
banalmente, che il talento è forte come l’acqua e trova sempre la strada per
uscire. In questo caso non era facile, e per capirlo fino in fondo leggete questa intervista.
«Mi chiamo Phaim, ho 22 anni, anche se mi vedete un po’ negro in realtà
sono italiano, tipo un po’ cappuccino. Sono 50% bangla, 50% italiano, 100%
Torpigna». Inizia così, fulminante, il racconto della vita di Phaim. Torpigna,
per chi non conosce il territorio, è un quartiere simbolo delle periferie
romane, Torpignattara: negli ultimi anni destinatario di interventi di
riqualificazione (la cosa più bella sono i murales sulle vecchie case
scorticate, che danno vita e arte a visioni che prima erano solo squallide),
nonché scelto come sfondo di romanzi e fiction…
…Phaim Bhuiyan si mostra un regista spigliato ed
emancipato come il suo personaggio nella fase più matura. Usa uno stile
accattivante fatto di continui passaggi onirici, di momenti di interruzione del
flusso narrativo e della convenzione cinematografica, quando parla rivolgendosi
in camera. C’è quel brillante incipit, che inizia in soggettiva, dove Phaim
inizia un sogno erotico da cliché di un film porno, dove pure non manca di
sottolineare la precarietà dei fattorini che consegnano piatti a domicilio. C’è
tutta la presentazione, come fossero squadre di calcio, delle varie etnie
sociali di Torpignattara. C’è poi quella scena al bar dove tiene insieme le due
situazioni, Phaim occupato a parlare con le ragazze, mentre Asia si avvicina
pericolosamente a un vecchio affascinante amico, restituendo lo stesso
spaesamento del protagonista. Uno stile che fa venire in mente, ovviamente
Woody Allen, ma anche quello che è stato un film innovativo nel cinema italiano
come Tutti giù per terra di Davide Ferrario, un film che pure era il ritratto di
una generazione. Phaim Bhuiyan evita comunque gli eccessi di quel film, le sue
trovate sono sempre organiche e contenute.
Bangla si chiude ancora con una soggettiva, dopo
quella onirica dell’inizio, che non combacia però con quella del protagonista.
Ce ne andiamo, lo lasciamo in quel momento di intimità e ci congediamo
chiudendo quella porta che è stata incautamente lasciata aperta. Che succederà?
Una storia d’amore si può sospendere se uno dei due partner deve andare a
Londra. Succedeva allo stesso Woody Allen alla fine di Manhattan: ci sono precedenti illustri…
…
Il più
grande pregio di Bangla sta nella prospettiva con cui il regista decide di
raccontare non una storia di integrazione, quella è già un dato di fatto, bensì
le difficoltà personali a fare convivere le varie colture che lo circondano ;
niente discorsi politici-sociali , niente sguardo afflitto sul problema
dell'immigrazione e dell'integrazione, ma una lucida , onesta e, in certi
momenti , sfrontata analisi attraverso l'esperienza personale , al punto che
viene da chiederci se il problema dell'integrazione sia più un qualcosa che
affligge noi piuttosto che gli immigrati.
Phaim
inoltre fotografa benissimo la realtà di Torpignattara, del Pigneto e del
Quadraro con grande gentilezza e ironia, riuscendo a rendere in maniera nitida
la realtà della vita del quartiere ( e chi scrive in quel quartiere ci è nato e
ci ha vissuto per 30 anni...) indugiando non solo sugli ormai famosi
murales , esempi di street art tra i più belli di Roma, ma anche sugli scorci
più caratteristici di un quartiere popolare che sta assurgendo a importante
polo multiculturale della città.
Pur
improntando il suo lavoro su atmosfere da commedia e da cinema comunque non
particolarmente impegnato, Phaim dimostra di avere buone doti sia di narratore
che di attore, senza eccedere mai, sapendo alternare i momenti più divertenti
ad altri più riflessivi; in alcuni frangenti emerge anche una certa genialità
registica (splendido l'intermezzo del pranzo a casa di Asia con tutta la
famiglia allargata della ragazza, ironico sguardo su certo progressismo
salottiero) che fa di Bangla un lavoro maturo per un così giovane regista e una
pellicola che risulta una bella sorpresa intelligente nel panorama
cinematografico italiano.
inizia
così:
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