domenica 1 agosto 2021

Sangue - la morte non esiste - Libero De Rienzo

una volta non basta, l'ho visto due volte, a distanza di qualche giorno.

la prima volta resti stordito, è troppo, la seconda volta si apprezza in tutta la sua grandezza.

un film (l'unico) di un regista che ha 28 anni, attore bravissimo fino alla morte, con un protagonista (Elio Germano) giovane di 25 anni all'inizio di una brillante carriera e un'attrice bravissima (Emanuela Barilozzi) che meritava una brillante carriera.

tutto si svolge in una giornata, a una velocità folle e ben gestita (e quei poliziotti sembrano usciti dalla mattanza di Genova 2001, in ottima forma), con una fine che non ti aspetti.

un piccolo grande film, da non perdere (meglio vederlo due volte) - Ismaele



QUI il film completo


 

Stella (Emanuela Barilozzi) e Iuri (Elio Germano) sono due fratellastri, Iuri è stato concepito in seguito a una violenza sessuale subita dalla madre di lei. Iuri ha una personalità molto particolare e il film tenta di raccontare il rapporto simbiotico ma contrastato, ambiguo e carnale che c'è tra lui e Stella. Iuri è innamorato e legatissimo a Stella che probabilmente lo ama a sua volta ma fatica ad ammetterlo. Iuri mette il muso perché in fondo è un bambino, un bambino che ha paura, paura della morte soprattutto. E Stella ha paura di lasciarlo solo…

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Gioiellino tutto italiano. Per una volta il cinema italiano è ben rappresentato in campi a noi non congeniali (la commedia schizzata, i deliri lynchiani). Bravi gli attori con menzione speciale per Elio Germano. Tante idee. Alcune raffazzonate ma con grinta. Stupenda la scena finale, quella dell'incubo, in cui Germano trova cimeli fascisti nella sacrestia. Geniali alcune trovate atemporali (fate caso a che razza di banconote prendono i ragazzi dopo aver spacciato).

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i suoi attacchi allo stato e alla Chiesa, alle divise in generale, è un attacco che, condiviso oppure no, deve far pensare, deve trovare un nostro appoggio. Viviamo in un paese che non è ancora entrato nella modernità, ovvero l’emancipazione dalle autorità. A dirvelo è un cristiano convinto, che però ha la fortuna di farsi domande e di crearsi uno spazio contraddittorio verso le alte sfere ecclesiastiche e alla severità dogmale e rituale del Vaticano. Pur essendo molto credente, anche ai segni e a i riti, e pur essendo molto devoto, molto profondo e spirituale da passare in chiesa e pregare in silenzio, capisco il bisogno del credente di poter dire NO. Una negazione che ci è negata dalle autorità ecclesiastiche, il cui primo impegno sembra essere quello di governare i propri sudditi invece che capirli e riconoscerli nella loro individualità e nelle loro storie personali. L’attore-Germano e il regista-De Rienzo riesco a non risultare banali e impacciati nel loro intento grazie ad un film che tra il profilmico e il filmico sfoggia un’alienazione nelle forme e nei luoghi, un’allucinazione costante della grammatica finale. Un film allucinato e allucinante, dove le vite si frammentano nei frammenti del montaggio sincopato, senza soluzioni di continuità.

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Il film si svolge durante l’arco di una giornata – «la giornata più lunga della mia vita» come dirà Stella – e si divide in tre atti. I primi due – “Il racconto di Stella” e “La paura di Iuri” – corrispondono ai punti di vista di Stella e di Iuri, mentre il terzo atto conclude il film con quello che viene definito un “epilogo comico”. La cosa estremamente interessante è che ognuna di queste parti viene affrontata registicamente in modo diverso, utilizzando differenti grammatiche cinematografiche, vale a dire diverse tecniche stilistiche, rendendo il film estremamente peculiare e singolare. L’intero film cerca di sperimentare, all’interno della produzione stessa, con inquadrature innovative e giochi di luce e di composizione del quadro diversi e insoliti, completando in post-produzione con un montaggio sperimentale e con un utilizzo del campo sonoro attento e costruito

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De Rienzo gioca a fare il santone, vuole provocare e, pur sacrificando la coerenza, dimostra una certa stoffa. Mette tanta carne al fuoco ma ha il merito di rinunciare ai clichè più facili (belloni, genitori, denaro). Si muovono bene gli attori e l'atmosfera psichedelica cattura abbastanza con certi passaggi visivi/musicali che riescono bene. Alla fine non può tornare tutto ma più di quanto si possa sperare. E certi passaggi, certe verità presunte, possono farci anche sorridere ma sono più di un vacuo sperimentare.

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…La coerenza narrativa non è il forte di questa curiosa opera prima sempre in bilico tra noir e grottesco, ma dalla sua ha una vitalità e una vivacità di linguaggio registico che pochi film italiani possono vantare nell'inflazionato panorama odierno. Altra cosa che mi è piaciuta poco è la declamazione demagogica di Iuri appena prima del finale in chiesa: assolutamente irritante. Germano se la cava bene in un ruolo che era a forte rischio di ridicolo involontario, la Barilozzi è discreta e poi ci sono brevi apparizioni che sono solo assolute divagazioni sul tema(parlo di Lionello e dello stesso De Rienzo nel breve ruolo di un guru).Un film di genere non catalogabile ma che pulsa di carne e sangue, che cerca di demolire alla base le certezze(presunte)su cui è fondata la società odierna, un film imperfetto, immaturo ma che fa ben sperare per il futuro...

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La regia, per niente ovvia e scontata, alterna registri e stili, passando da momenti in cui il montaggio serrato e le immagini veloci fanno pensare al video-clip a inquadrature più lente, ravvicinate e approfondite, snodandosi tra colori acidi e sfumature sgranate fino a toccare bianchi assoluti; a condire il tutto una godibile ed encomiabile alternanza di grottesco e drammatico, comico e tragico, ben equilibrati e dosati. Il limite maggiore del film sembra però essere proprio la troppa materia che il regista ci ha inserito, creando un'opera eccessivamente confusa, oltremodo ridondante e sovraccarica sia di contenuti, che quindi spesso appaiono come solo accennati ma non sviscerati a sufficienza, sia di linguaggio cinematografico la cui forse smodata variabilità visiva dona al film ancora più confusione e non pienezza espressiva.

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Imbarazzante apologia di reato e dell'infantilismo, che reato non è, ma ugualmente andrebbe, se non punito, stigmatizzato. Produzione di basso profilo di cui si è inspiegabilmente fatta connivente anche la Rai (è giusto che certi misfatti vengano denunciati), il filmetto vive su un paio di idee stereotipate e gggiovani e pretende di pontificare e insegnare la vita con massime illuminanti del tipo "Cerca il bambino dentro di te", "Per andare d'accordo con gli altri prima devi andare d'accordo con te stesso" o il capolavoro "La morte non esiste, perchè quando muori poi mica te ne accorgi più". Geniale! Speculazioni risibili di pseudofilosofia spicciola da 18enne brufoloso che vive per farsi le canne. Il mondo visto da una prospettiva ottusa e presuntuosa.

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Libero di nome e di fatto parrebbe De Rienzo, forse un po’ schiavo del suo anticonformismo, sincero e programmatico insieme. Che sconvolge i detonatori sbloccando la vita. Nel tentativo di esorcizzare le sue trappole, mangiandosela golosamente senza paura d’ingrassare. E allora Iuri (Elio Germano) e Stella (Emanuela Barilozzi) e Bruno (Luca Lionello), e sentimenti veri in un confuso tourbillon d’emozioni. Musi(che)bruciano e zampillano watt, Giardini di Mirò, Godspeed, Torpedo, per un’ideale rave party in cui smisurarsi e smuovere la calcificazione dell’incipiente vecchiezza che coglie chi muore lentamente senza mai resuscitare, senza il lusso di non possedersi mai.

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