giovedì 19 agosto 2021

Senza nessuna pietà - Michele Alhaique

ricorda un po' la storia raccontata nell'eccezionale Mona Lisa, di Neil Jordan, con un grandissimo Bob Hoskins.

certo, i due film sono di altezze diverse, Michele Alhaique non è Neil Jordan.

Favino (Mimmo), che non è Bob Hoskins, ha un ruolo non facile, il gigante delinquente e un po' tonto, ma con dei principi inderogabili, e Tania è una puttana un po' bambina, che Mimmo sente di dover proteggere.

non sarà un gran film, ma i due protagonisti valgono il prezzo del biglietto, promesso.

buona visione - Ismaele

 

 

 

QUI il film completo

 

 

Croce e delizia di convegni così come di chiacchiere salottiere sulla produzione nostrana, il cinema di genere, da intendersi come “di tutti i generi esclusa la commedia”, è da lungo tempo evocato, come in una seduta spiritica, quale grande e glorioso estinto in grado di guidarci fuori dal guado. Ma non basta aggrapparsi al proverbiale “se ci sei batti un colpo” e accontentarsi del fatto che ogni tanto faccia capolino qualche thriller, action o horror italico, affinché il cinema di genere resusciti. Anche perché le sceneggiature non si fanno con il pendolino, né si può sperare che, in assenza di un’industria strutturata, spetti al singolo regista o al suo protagonista, fare da medium-sensitivo e intercettare il gusto del pubblico. Insomma la questione è assai più complessa di quanto non appaia e di tutte le sue declinazioni – specie della citata problematica della scrittura – soffre Senza nessuna pietà di Michele Alhaique…

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Come film di genere, Senza nessuna pietà è un po' troppo programmatico e se dovessimo scorgerne i limiti li potremmo rintracciare in una regia troppo insistita nell'imporre la tensione emotiva. È questa una scelta consapevole, sia chiaro, che invece di permettere allo spettatore di vivere sulla pelle i miasmi dei personaggi, ne favorisce paradossalmente un certo allontanamento per eccesso di sensazioni. È un peccato perché il lavoro con, su e degli attori è importante e la loro prova a volte notevole, come rilevante è la rappresentazione di questa Roma svuotata, piccola pozza sulla cui superficie galleggiano alcune resistenze antropologiche. L'apporto del coro degli attori (e dobbiamo citare, oltre a Favino, Davoli e Giannini, anche Claudio Gioè - qui detto il Roscio -, Renato Marchetti, e Greta Scarano, la "lolita" di Latina, chiamata a una prova non facile) e l'ambientazione sono i punti di forza di questo esordio, così come il lavoro fatto sul sound design (piuttosto coraggioso per essere un film italiano) e sulle musiche, una doppia ricerca sonora elaborata dalle diverse sensibilità dei suoi due autori: quelle armoniche di Luca Novelli e quelle elettroniche di Pierre-Alexandre "Yuksek" Busson. Insomma, un complesso di elementi potenzialmente virtuoso nelle mani di un attore che per diventare bravo regista dovrebbe liberarsi dallo spettro dell'autorialità e apprezzare la sottrazione come valore assoluto per una buona narrazione di genere. Non a caso, i più belli tra i noir della storia del cinema sono bagliori precisi e secchi nel buio della notte profonda.

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…In effetti i luoghi comuni del genere non mancano, anzi abbondano, ma stranamente non ce ne si lamenta mai molto in casi di equivalenti americani, quasi come a quelle produzioni si giustificasse la presenza di stereotipi narrativi per una supposta paternità artistica del genere (che tra l'altro, almeno per la componente noir, è ingiustificata dato che il primo esempio in tal senso è il capolavoro Lang-iano M). Questo discorso non serve nè ad esaltare questo film, che ha effettivamente i difetti citati, nè a sparare sui film di genere americani, che ci hanno reagalato grandi capolavori: vuol sol oessere un modo per mettere in chiaro il mio apprezzamento, pur senza entusiasmi particolari, per questo tipo di operazione nel nostro paese: i film di genere trovano sempre un pubblico, e l'importante è che siano fatti discretamente, che vi si veda insomma un certo impegno registico ed attoriale…

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