ennesimo western che ha una sua ragione d'essere, Tommy Lee Jones è bravo a mettere insieme tante stelle in piccole parti, e lui e Hilary Swank sono bravissimi.
una storia con poche sparatorie, ma con dosi di infelicità e violenza immancabili, e una vendette implacabile, contro brutta gente affarista e capitalista.
una storia diversa, di donne pazze e che impazziscono non si parla mai, o quasi, nei film western, qui sono le protagoniste.
buona (triste) visione - Ismaele
QUI il film
completo, su Raiplay
… In The Homesman Hilary Swank è una
donna anomala, per gli standard del west e del western: proveniente dalla
civile New York, vive sola negli aspri Territori del Nebraska,
ha 31 anni ed è già una zitella; perfino il suo vicino non vuole sposarla,
preferendo partire per l'est in cerca di moglie.
Eppure Mary Bee Cuddy è forte e determinata, ma
anche gentile e premurosa: sarà lei, a sostituire i maschi riluttanti alla
guida della difficile missione di portare via, presso una chiesa in Iowa, altre
tre donne meno fortunate di lei; tre donne che hanno perso il senno dopo aver
perso i propri figli, o di fronte alla violenza della terra come a quella degli
uomini.
E proprio a un uomo - incontrato per caso, un cinico lupo solitario senza
(vero) nome, interpretato dallo stesso regista - Mary chiederà aiuto e supporto
in questa impresa.
Il viaggio di The Homesman, allora, è quello del
femminile che invita il maschile a partire con lei, a condividere e avere
esperienza del male che ha generato, a comprendere un mondo e un modo che non
ha mai incontrato realmente prima. E proprio perché il femminile, nel film di
Jones, riconosce la necessità e le caratteristiche del maschile, quest'ultimo
ne sarà inevitabilmente contagiato. Il viaggio di The Homesman allora
(semplicemente, eppure con conseguenze enormemente complesse) è quello di un
uomo che riesce a imparare da una donna.
Nel costruire il rapporto tra i suoi due protagonisti, nel raccontare una
mutazione che non è solo figlia della comprensione e dell'empatia, ma che deve
passare per un trauma e con lo specchio di ciò che era per farsi
completa, Tommy Lee Jones è così lineare ed
essenziale da arrivare diritto al cuore del racconto e degli spettatori. E allo
stesso modo, quasi spietato, lo è nel raccontare il dolore e la follia delle
tre donne che viaggiano verso est, le loro cause, l'origine di ferite tremende
che non potranno mai cicatrizzarsi…
…Le ambiguità, le cose non dette,
le figure marginali ma sempre presenti delle tre pazze. Sembra quasi che
"The Homesman" lavori di sottrazione non solo sul piano visivo e
formale ma anche nella capacità di dipanare completamente il suo potenziale. Il
minimalismo della messa in scena e il suo essere per lunghi tratti un "on
the road" nel West, lascia sopite le contraddizioni dei vari personaggi,
che rimangono come incompleti. La fase centrale della pellicola è quella che
soffre maggiormente della reiterazione di situazioni che si ripetono senza
particolare forza: scene tendenzialmente monotone e solo qua e là qualche
sequenza da ricordare (lo scontro di Briggs con il cowboy che cerca di portare
via una delle pazze). Emerge anche una sorta di razzismo nei confronti degli
indiani, menzionati solo quando rubano loro un cavallo o additati di rubare gli
indumenti dei morti (cosa che in realtà fa anche il nostro Briggs nei confronti
di un indiano). Queste potenziali situazioni "di contorno" vengono
appena accennate perchè lo sguardo rimane sul viaggio verso l'Iowa, che però
finisce per essere un freno che tiene bloccate delle potenzialità che rimangono
inespresse. Diciamo che "The Homesman" è uno di quei film che non
piaceranno a coloro che cercano ritmo e varietà.
L'opera di Tommy Lee Jones regista
torna sul tema del viaggio come scoperta di se e si riallaccia al precedente
"Le tre sepolture" di cui ricalca lo schema, senza riuscire a
raggiungere quella carica drammatica ed emotiva. "The Homesman" è un
condensato di varianti, tra humor nerissimo alla
fratelli Coen, tempi mutuati da Hawks, western classico e moderna
ricerca visiva. Non ci sono eroi e non c'è salvezza. E' il West. Tommy
Lee Jones lo racconta con un cinema stratificato, chiuso in se stesso,
antispettacolare.
… L’unica cosa sicura è che Tommy Lee
Jones, nonostante l’apparenza scanzonata del suo ghigno, consegna un film di
una cupezza assoluta. Uno dei più cupi degli ultimi anni. Dove non c’è più
neanche spazio per una tomba, una sepoltura, una “pietra
angolare”. Figuriamoci una casa, una baracca, un
albergo. E il sorriso disincantato del suo George Briggs assomiglia a una
confessione di estraneità irriducibile al mondo e al cinema “civilizzati”,
intelligenti, dominati dai farisei senza cuore che pregano per la salvezza
delle nostre anime. Ma non è detto che si debba cedere alla disperazione.
Bastano un paio di scarpe nuove e una frontiera da immaginare. Sparare e
ballare, nonostante tutto. Maledetto west.
…The Homesman rimane notevole finché la
macchina da presa viene puntata sulla Swank. Poi si limita a intrattenere buttandosi
a capofitto nei grandi temi del genere: onore e vendetta. Magnifica una
sequenza di venti minuti in cui il protagonista entra in un albergo per
affittare un paio di camere e sfamare le tre donne che sta scortando. L'accesso
all'hotel gli viene negato. E lui scatena letteralmente l'inferno.
Punto vincente del film è il cast pieno di
attori eccellenti: onore dunque al direttore di casting che ha messo
insieme Meryl Streep, James Spader, il grande John Lithgow, Tim
Blake Nelson e William Fitchner. Il grande problema sta invece nella
confezione visiva: se è vero che la bellezza dei paesaggi deve essere
tenuta in conto quando si ha a che fare con il Western, è anche vero che la
fotografia di Rodrigo Prieto è troppo pulita. Una cartolina
perfetta. Talmente lucida che si percepisce la presenza della troupe dall'altra
parte di ogni singola inquadratura.
…L'attore Tommy Lee Jones torna
dietro la macchina da presa (la sua prima volta era stata con Le tre sepolture, del 2005) per dirigere un film
ambientato in un'atmosfera western (siamo nel Nebraska del 1855) coniugata al
femminile, in cui al centro della storia c'è una pioniera, una donna forte e
determinata, non disposta a scendere a compromessi con il predominio maschile e
che per questo sarà condannata a una difficile vita in solitaria. Nella
polverosa ambientazione western, Lee Jones muove
la sua storia giocando con i suoi protagonisti e infliggendo all'uomo (per
contrappasso) il frutto del male inflitto di principio alla donna. Seguendo
questo acuto schema sarà infatti proprio la figura del ‘miscredente' (inteso
qui come persona priva di qualsivoglia valore) a portare avanti - suo malgrado
- un gesto di aiuto in grado di mettere a rischio perfino la vita. Il fuoco del
film è tutto sulla figura di una donna vittima di una società maschile che la
vorrebbe umile e servile (e allora sì che andrebbe facilmente in sposa) mentre
la presenza di un carattere forte e di un cervello pensante la estrometteranno
facilmente dallo schema societario. A rafforzare questo quadro sociale
tutto a scapito del sesso femminile vi sono poi anche le tre donne impazzite,
divenute bambole o streghe da esiliare, che non hanno sopportato la perdita del
bestiame (Theoline), la perdita dei figli (Arabella) o le continue violenze
inflitte dal marito (Gro). Lo stoicismo di Mary Bee diverrà
dunque parte integrante della voglia di difendersi salvaguardando la dignità
della donna, troppo facilmente abbandonata e messa da parte. D'altro
canto anche la brutalità e il menefreghismo dell'uomo saranno (in parte)
riabilitati dall'incontro con la donna, che nel suo estremo sacrificio compirà
il suo ultimo atto di altruismo, dando alle tre donne la possibilità di trovare
la propria strada e all'uomo di essere quell'Homesman che
altrimenti non sarebbe mai stato. Sembra un film d'epoca eppure non lo è,
perché racconta l'incipit di una battaglia al femminile lunga migliaia e
migliaia di anni/miglia e che va avanti ancora oggi (pur se con termini e
tempistiche assai diversi).
…Jones
gira la prima ora di film divinamente, con inquadrature da pelle d’oca e una
cura per ogni dettaglio in scena quasi maniacale, per poi perdersi sul finale
per dare più spazio alla storia rispetto all’aspetto tecnico.
Storia che per due ore procede lenta e inesorabile verso il suo finale,
trasportando lo spettatore in un viaggio nel pericoloso west con una compagnia
non proprio “nella norma”, ma a cui inesorabilmente ci si affeziona e si diventa
amici. Lo spettatore cresce insieme ai due protagonisti, cresce con loro e ne
comprende i problemi e le ansie. Mary Bee è una donna all’apparenza forte, ma
che porta dentro di se un disagio immenso, nascosto per anni agli occhi del
mondo, ma che questo viaggio in compagnia del vecchio burbero porterà alla
luce. George Briggs, all’apparenza un uomo privo di valori, non può più evitare
di nascondere il lato più tenero e amorevole di se stesso e lo fa emergere
nella maniera più controversa e vendicativa di sempre.
Jones, dunque, gira un film che, anche se a tratti può risultare imperfetto,
racchiude la semplice storia di due persone comuni che si trovano a dover
vivere un’avventura insieme che li trasformerà, a volte tragicamente, in
persone nuove.
Un film che vi farà commuovere anche grazie alla bellissima colonna sonora
di Marco Edward Beltrami.
Per concludere, “The Homesman” è un
gioiellino da guardare un’infinità di volte, con gli occhi sempre lucidi, e
cuore aperto verso le immense praterie del west.
Un western stanco, inesorabilmente lento, ma non di quella
lentezza magniloquente e ieratica alla Sergio Leone. Lento per consunzione
interna, insufficienza di energie creatrici. Che poi oggi il western è genere
impraticabile, ormai zombizzato, replica mortuaria del proprio glorioso
passato. Al massino, come han fatto i furbi Coen con Il grinta, puoi tentare la strada del citazionismo e
del cinema virgolettato e occhieggiante. Tommy Lee Jones invece al western
sembra crederci ancora, purtroppo. Forse si era illuso che questa fosse una
storia anomala, una storia che usa i codici e le convenzioni del genere per
parlar d’altro, ad esempio di uomini versus donne con la solita guerra dei
sessi, per esempio di follia. Ma non è bastato. Una dura e tosta farmer di una
qualche parte del West neo colonizzato, senza marito e però ansiosa di
trovarlo tanto da offrirsi in moglie a un vicino non proprio sveglissimo, si
incarica per conto della comunità di riportare all’Est tre donne variamente
colpite dalla follia, variamente impazzite, compresa una madre che ha ucciso il
proprio figlio…
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