mercoledì 25 agosto 2021

Come sono buoni i bianchi - Marco Ferreri

gli Angeli azzurri sono un'associazione umanitaria che ha mandato dei camion di alimenti (non sappiamo la data di scadenza) nel Sahel, come sono buoni i bianchi.

ma non va tutto bene, ci sono tanti intoppi che vengono risolti pagando.

non ci sono più i buoni selvaggi di una volta, sembra, anche loro fanno parte a pieno titolo del mondo globalizzato, e anche le tradizioni loro stessi le riprendono con una videocamera e lasciano il loro messaggio.

i buoni bianchi civili, secondo i loro standard, chi per lavoro, chi per noia, chi perché non ha niente di meglio da fare affrontano l'impresa umanitaria, portano i doni.

tanti attori famosi in un piccolo grande film. 

viva Marco Ferreri.

buona (umanitaria) visione - Ismaele

 

 

 

QUI il film completo

 

QUI un documentario sulla lavorazione del film

 

 

 

La scelta dei personaggi di Ferreri e del suo fido sceneggiatore Rafael Azcona è fortemente ideologica: tra i componenti della spedizione praticamente nessuno è mosso da vero interesse per le sorti africane, tra madri in crisi esistenziale che identificano nella fuga nel deserto una possibilità di ritrovarsi, isterici capi-spedizione animati da profondo disprezzo verso l’altro, e varie altre cialtronerie. Più di ogni altra cosa, sembra premere a Ferreri la messa in evidenza di un macroscopico errore di valutazione del mondo occidentale. Accecato dal suo imperituro atteggiamento coloniale, all’Occidente sfugge che pure le culture “altre” non sono più ingenue come una volta (se mai lo sono state), e che la continua iniezione di omologazione condotta dall’Occidente sul Terzo Mondo può ritorcersi contro l’Occidente stesso. Così, ogni momento di difficoltà si risolve con uno scambio puramente capitalistico, e per uscire da una delle crisi maggiori non c’è bisogno di tirar fuori casse di pomodori, ma tornano più utili una radio e le pile elettriche. Del resto, fascinose principesse del deserto conoscono più che bene l’emisfero ricco del mondo, tanto da passare in Italia per dedicarsi alle sfilate di moda. Ci avete derubato della nostra cultura, ordunque nello scambio che ci avete insegnato vi dimostriamo che siamo più bravi e scaltri di voi.

Il discorso di Ferreri e Azcona si svolge dunque con chiara intelligibilità e affidato al consueto acume di analisi e rovesciamento grottesco. Il finale mette in scena una sorta di “vendetta naturale”, in cui la fame che l’Occidente vorrebbe sanare trova sì soddisfazione, ma secondo i modi di una cultura ancestrale. I pomodori potete riportarveli a casa, a noi interessa altro. Di più: seguendo una linea fertile del cinema ferreriano, Come sono buoni i bianchi rimette in scena un’intera cultura ricca e crassa che divora se stessa. Affamando un’enorme parte di mondo, l’Occidente non fa altro che creare le premesse per la propria autodistruzione, innescata in modo decisivo dall’esportazione di un unico modello di vita e pensiero…

da qui


 

… Ferreri non tradisce il suo stile e, accompagnato anche in Come sono buoni i bianchi dalla penna di Rafael Azcona, mostra la faccia ipocrita delle spedizioni umanitarie composte da persone che si recano in Africa, ancora pervase da un esotismo quasi ottocentesco, cercando qualcosa che possa cambiar loro la vita: una terra vergine che aiuti a dimenticare, cambiare, ricominciare. Invece Ferreri mostra, calcando la mano, anche i vari volti dell’Africa deturpata dalla corruzione e dalla mentalità europea che ha portato loschi affari, droga e contraddizioni. Il continente africano, però, è allo stesso tempo orgoglioso e rifiuta queste missioni umanitarie cariche di falsa pietas e che spesso sono la facciata candida di loschi affari.

Eccessivo, sarcastico e provocatore, Ferreri descrive l’Africa senza mezzi termini, esagerando per turbare e infastidire. Come sono buoni i bianchi ha un soggetto e una sceneggiatura forti, irriverenti e per questo particolarmente interessanti, anche se non sostenuti sempre dal cast nel quale compaiono, tra gli altri, Michele Placido, Maruschka Detmers, Michel Piccoli e Nicoletta Braschi, non sempre perfettamente a loro agio…

da qui

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