gli Angeli azzurri sono un'associazione umanitaria che ha mandato dei camion di alimenti (non sappiamo la data di scadenza) nel Sahel, come sono buoni i bianchi.
ma non va tutto bene, ci sono tanti intoppi che vengono risolti pagando.
non ci sono più i buoni selvaggi di una volta, sembra, anche loro fanno parte a pieno titolo del mondo globalizzato, e anche le tradizioni loro stessi le riprendono con una videocamera e lasciano il loro messaggio.
i buoni bianchi civili, secondo i loro standard, chi per lavoro, chi per noia, chi perché non ha niente di meglio da fare affrontano l'impresa umanitaria, portano i doni.
tanti attori famosi in un piccolo grande film.
viva Marco Ferreri.
buona (umanitaria) visione - Ismaele
QUI il film completo
QUI un
documentario sulla lavorazione del film
… La scelta dei personaggi di
Ferreri e del suo fido sceneggiatore Rafael Azcona è fortemente ideologica: tra
i componenti della spedizione praticamente nessuno è mosso da vero interesse
per le sorti africane, tra madri in crisi esistenziale che identificano nella
fuga nel deserto una possibilità di ritrovarsi, isterici capi-spedizione
animati da profondo disprezzo verso l’altro, e varie altre cialtronerie. Più di
ogni altra cosa, sembra premere a Ferreri la messa in evidenza di un
macroscopico errore di valutazione del mondo occidentale. Accecato dal suo
imperituro atteggiamento coloniale, all’Occidente sfugge che pure le culture
“altre” non sono più ingenue come una volta (se mai lo sono state), e che la
continua iniezione di omologazione condotta dall’Occidente sul Terzo Mondo può
ritorcersi contro l’Occidente stesso. Così, ogni momento di difficoltà si
risolve con uno scambio puramente capitalistico, e per uscire da una delle
crisi maggiori non c’è bisogno di tirar fuori casse di pomodori, ma tornano più
utili una radio e le pile elettriche. Del resto, fascinose principesse del
deserto conoscono più che bene l’emisfero ricco del mondo, tanto da passare in
Italia per dedicarsi alle sfilate di moda. Ci avete derubato della nostra
cultura, ordunque nello scambio che ci avete insegnato vi dimostriamo che siamo
più bravi e scaltri di voi.
Il discorso di Ferreri e Azcona si svolge dunque con chiara
intelligibilità e affidato al consueto acume di analisi e rovesciamento
grottesco. Il finale mette in scena una sorta di “vendetta naturale”, in cui la
fame che l’Occidente vorrebbe sanare trova sì soddisfazione, ma secondo i modi
di una cultura ancestrale. I pomodori potete riportarveli a casa, a noi
interessa altro. Di più: seguendo una linea fertile del cinema
ferreriano, Come sono buoni i bianchi rimette
in scena un’intera cultura ricca e crassa che divora se stessa. Affamando
un’enorme parte di mondo, l’Occidente non fa altro che creare le premesse per
la propria autodistruzione, innescata in modo decisivo dall’esportazione di un
unico modello di vita e pensiero…
… Ferreri
non tradisce il suo stile e, accompagnato anche in Come sono buoni i
bianchi dalla penna di Rafael Azcona, mostra la faccia ipocrita delle spedizioni
umanitarie composte da persone che si recano in Africa, ancora pervase da un
esotismo quasi ottocentesco, cercando qualcosa che possa cambiar loro la vita:
una terra vergine che aiuti a dimenticare, cambiare, ricominciare. Invece
Ferreri mostra, calcando la mano, anche i vari volti dell’Africa deturpata
dalla corruzione e dalla mentalità europea che ha portato loschi affari, droga
e contraddizioni. Il continente africano, però, è allo stesso tempo orgoglioso
e rifiuta queste missioni umanitarie cariche di falsa pietas e che spesso sono
la facciata candida di loschi affari.
Eccessivo,
sarcastico e provocatore, Ferreri descrive l’Africa senza mezzi termini,
esagerando per turbare e infastidire. Come sono buoni i bianchi ha
un soggetto e una sceneggiatura forti, irriverenti e per questo particolarmente
interessanti, anche se non sostenuti sempre dal cast nel quale compaiono, tra
gli altri, Michele Placido, Maruschka Detmers, Michel Piccoli e Nicoletta
Braschi, non sempre perfettamente a loro agio…
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