se uno non sapesse che è un film italiano sarebbe naturale pensare che sia un film inglese.
un film dove le protagoniste (apparentemente?) sono le donne, ma non comandano loro.
sostituzione di persone, donne morte, ma sono altre, amori di donne (roba scandalosa, per quei tempi), ricerca della verità, ma quale?
non sarà un capolavoro, ma merita.
buona visione - Ismaele
… Freda realizza un giallo veramente pregevole, che – messi da parte i trucchi e le truculenze delle pellicole horror che lo resero celebre al pubblico di genere – si concentra sulla mente del protagonista e sugli accadimenti che vive sulla propria pelle, continuando a martellare nella mente dello spettatore l’interrogativo “Helen è veramente morta?” ancora prima del canonico “Chi ha provato a uccidere Helen?”. E’ proprio per questo che il film, sebbene piuttosto lento ma non privo di ripetuti colpi di scena, segue uno sviluppo coerente ed intrigante, non annoiando praticamente mai, e non risolvendosi – a differenza di molti titoli del genere di quegli anni, compreso anche il successivo giallo del regista – nella mera rivelazione finale dell’assassino. Freda riesce a prendere spunto dal giallo classico (Hitchcock) e a realizzare un piccolo gioiello della wave nostrana contaminandolo con i cliché che caratterizzavano le prime pellicole gialle nostrane: in primis una grossa eredità in ballo e una situazione incredibile in cui si trova il protagonista, il tutto condito da tresche amorose più o meno chiare (perché no, anche lesbiche) e da piccoli particolari che spesso aleggiano in queste pellicole (un anello, una cicatrice, un accendino che collegano una persona ad un luogo; una musica ricorrente che suona improvvisamente su un giradischi – come in Il dolce corpo di Deborah, di Romolo Guerrieri, 1968)…
I precedenti gotici di Freda e la lezione hitchcockiana de La donna che visse due volte si incontrano in una sceneggiatura scritta anche da
Fulci, che infatti presenta assonanze con il di poco successivo Una sull’altra.
Nonostante il budget risicato e i modellini naïf, la regia è quella di un
professionista, abile amministratore di psichedelici scenari londinesi, di un
Kinski equilibrato e partecipe e delle raffinatezze erotiche del quartetto
Incontrera-Lee-Kruger-Nelli. La ricorrente title-track e la concitata “Soho”
sono i due brani portanti della colonna sonora vintage di Nora Orlandi.
Riccardo
Freda alle prese con un giallo
gotico (l’enorme villa, un paio di temporali) dalle
intense sfumature erotiche. Non pienamente a suo agio nel thriller, il regista
riesce comunque a cavarsela abbastanza bene, grazie anche a un Kinsky più
calibrato del solito, che qua interpreta il vedovo di una ricchissima
industriale, che lo ha nominato erede universale.
Attraverso
un filmato amatoriale, Kinsky scopre che la donna è
in realtà ancora viva. Per questo si spinge in una rischiosa e labirintica
indagine tra giovani sbandati e untuosi pornografi; fino a quando la trappola
tesagli non scatta, imprigionando però la vera mente dietro alla complessa
macchinazione.
Fantastico dalla A alla Zeta. Piano congegnato magnificamente,
ma il delirio viene con la scena delle moto che vanno avanti e indietro tra la
gente che balla con in sottofondo la musica di Soho intonata dagli attori.
Piccante e provocante al massimo Kristiane Kruger. Eccellenti Kinski che fa la
parte del buono e il filmino amatoriale. Poi sì, naturalmente anche il motivo
tormentone e i vari altri attori tutti meritevoli. Che il finale sia
inaspettato o meno, è un film che non mi annoierebbe neanche dopo 20 volte.
… Métrage assez maladroit, LIZ ET HELEN,
convoque le krimi, le giallo et le thriller teinté de fantastique pour une
intrigue convenue devant beaucoup à certains classiques comme SUEURS FROIDES.
Malheureusement, Freda se montre franchement pataud dans sa mise en scène, pas
toujours aidé par des choix de scénario malheureux, le métrage débutant, par
exemple, par la fin avant de dérouler toute l’intrigue en une sorte de
flashback. Une construction osée mais peu appropriée puisqu’elle lève
immédiatement les doutes du spectateur quant à la culpabilité de Klaus Kinski,
identifié comme la pauvre victime d’une machination roublarde et pas du tout
crédible.
La mise en place
de ce mécanisme prend d’ailleurs une part non négligeable de ce LIZ ET HELEN
bien laborieux, Klaus Kinski se voyant balloter au grès des événements et
contraint de subir des péripéties indignes d’un mauvais roman de gare. Pour
maintenir l’intérêt, Riccardo Freda joue la carte de l’érotisme en dénudant ses
interprètes féminines mais reste relativement timoré comparé aux standards du
giallo des années ‘70.
Le côté
horrifique, pour sa part, est minimal et LIZ ET HELEN entretient finalement peu
de liens avec le giallo : on ne trouve nulle trace d’un mystérieux assassin
vêtu de noir et les morts, peu nombreuses, sont dénuées de suspense. Les
révélations du climax sont, pour leur part, téléphonées et font sombrer
l’entreprise dans le grotesque et le comique involontaire même si leur côté «
pulp » les rend cependant divertissantes.
Production
mineure, LIZ ET HELEN se regarde toutefois d’un œil distrait, le rythme assoupi
et les nombreuses longueurs étant partiellement compensés par l’interprétation
de Klaus Kinski et les quelques séquences timidement érotiques. Le script,
confus et maladroit, donne néanmoins envie au spectateur de découvrir la fin et
cela suffit à rendre ce film très moyen regardable.
Avvolto da implacabili atmosfere saffiche, nel 1969 e nella
versione integrale, propone un modesto avanguardismo (atmosfere pesanti, quasi
new gotiche, ma con momenti psichedelici e qualche nudo gratuito). La storia è
invece molto tradizionale, con il valore aggiunto del Klaus utile a far
dimenticare alcune cadute di stile (l'iniziale scorribanda sulla neve, gli
incidenti e le esplosioni). C'è il pianoforte in sottofondo, c'è la bella
canzone a ricordo della bella e ricca moglie, ma c'è pure il filmino erotico
con sole donne. Sì, un po' d'avanguardia c'è!
Nessun commento:
Posta un commento