martedì 3 agosto 2021

A doppia faccia (Liz et Helen) - Riccardo Freda

se uno non sapesse che è un film italiano sarebbe naturale pensare che sia un film inglese.

un film dove le protagoniste (apparentemente?) sono le donne, ma non comandano loro.

sostituzione di persone, donne morte, ma sono altre, amori di donne (roba scandalosa, per quei tempi), ricerca della verità, ma quale?

non sarà un capolavoro, ma merita.

buona visione - Ismaele



 

 

… Freda realizza un giallo veramente pregevole, che – messi da parte i trucchi e le truculenze delle pellicole horror che lo resero celebre al pubblico di genere – si concentra sulla mente del protagonista e sugli accadimenti che vive sulla propria pelle, continuando a martellare nella mente dello spettatore l’interrogativo “Helen è veramente morta?” ancora prima del canonico “Chi ha provato a uccidere Helen?”. E’ proprio per questo che il film, sebbene piuttosto lento ma non privo di ripetuti colpi di scena, segue uno sviluppo coerente ed intrigante, non annoiando praticamente mai, e non risolvendosi – a differenza di molti titoli del genere di quegli anni, compreso anche il successivo giallo del regista – nella mera rivelazione finale dell’assassino. Freda riesce a prendere spunto dal giallo classico (Hitchcock) e a realizzare un piccolo gioiello della wave nostrana contaminandolo con i cliché che caratterizzavano le prime pellicole gialle nostrane: in primis una grossa eredità in ballo e una situazione incredibile in cui si trova il protagonista, il tutto condito da tresche amorose più o meno chiare (perché no, anche lesbiche) e da piccoli particolari che spesso aleggiano in queste pellicole (un anello, una cicatrice, un accendino che collegano una persona ad un luogo; una musica ricorrente che suona improvvisamente su un giradischi – come in Il dolce corpo di Deborah, di Romolo Guerrieri, 1968)…

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I precedenti gotici di Freda e la lezione hitchcockiana de La donna che visse due volte si incontrano in una sceneggiatura scritta anche da Fulci, che infatti presenta assonanze con il di poco successivo Una sull’altra. Nonostante il budget risicato e i modellini naïf, la regia è quella di un professionista, abile amministratore di psichedelici scenari londinesi, di un Kinski equilibrato e partecipe e delle raffinatezze erotiche del quartetto Incontrera-Lee-Kruger-Nelli. La ricorrente title-track e la concitata “Soho” sono i due brani portanti della colonna sonora vintage di Nora Orlandi.

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Riccardo Freda alle prese con un giallo gotico (l’enorme villa, un paio di temporali) dalle intense sfumature erotiche. Non pienamente a suo agio nel thriller, il regista riesce comunque a cavarsela abbastanza bene, grazie anche a un Kinsky più calibrato del solito, che qua interpreta il vedovo di una ricchissima industriale, che lo ha nominato erede universale.

Attraverso un filmato amatoriale, Kinsky scopre che la donna è in realtà ancora viva. Per questo si spinge in una rischiosa e labirintica indagine tra giovani sbandati e untuosi pornografi; fino a quando la trappola tesagli non scatta, imprigionando però la vera mente dietro alla complessa macchinazione.

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Fantastico dalla A alla Zeta. Piano congegnato magnificamente, ma il delirio viene con la scena delle moto che vanno avanti e indietro tra la gente che balla con in sottofondo la musica di Soho intonata dagli attori. Piccante e provocante al massimo Kristiane Kruger. Eccellenti Kinski che fa la parte del buono e il filmino amatoriale. Poi sì, naturalmente anche il motivo tormentone e i vari altri attori tutti meritevoli. Che il finale sia inaspettato o meno, è un film che non mi annoierebbe neanche dopo 20 volte.

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Métrage assez maladroit, LIZ ET HELEN, convoque le krimi, le giallo et le thriller teinté de fantastique pour une intrigue convenue devant beaucoup à certains classiques comme SUEURS FROIDES. Malheureusement, Freda se montre franchement pataud dans sa mise en scène, pas toujours aidé par des choix de scénario malheureux, le métrage débutant, par exemple, par la fin avant de dérouler toute l’intrigue en une sorte de flashback. Une construction osée mais peu appropriée puisqu’elle lève immédiatement les doutes du spectateur quant à la culpabilité de Klaus Kinski, identifié comme la pauvre victime d’une machination roublarde et pas du tout crédible.

La mise en place de ce mécanisme prend d’ailleurs une part non négligeable de ce LIZ ET HELEN bien laborieux, Klaus Kinski se voyant balloter au grès des événements et contraint de subir des péripéties indignes d’un mauvais roman de gare. Pour maintenir l’intérêt, Riccardo Freda joue la carte de l’érotisme en dénudant ses interprètes féminines mais reste relativement timoré comparé aux standards du giallo des années ‘70.

Le côté horrifique, pour sa part, est minimal et LIZ ET HELEN entretient finalement peu de liens avec le giallo : on ne trouve nulle trace d’un mystérieux assassin vêtu de noir et les morts, peu nombreuses, sont dénuées de suspense. Les révélations du climax sont, pour leur part, téléphonées et font sombrer l’entreprise dans le grotesque et le comique involontaire même si leur côté « pulp » les rend cependant divertissantes.

Production mineure, LIZ ET HELEN se regarde toutefois d’un œil distrait, le rythme assoupi et les nombreuses longueurs étant partiellement compensés par l’interprétation de Klaus Kinski et les quelques séquences timidement érotiques. Le script, confus et maladroit, donne néanmoins envie au spectateur de découvrir la fin et cela suffit à rendre ce film très moyen regardable.

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Avvolto da implacabili atmosfere saffiche, nel 1969 e nella versione integrale, propone un modesto avanguardismo (atmosfere pesanti, quasi new gotiche, ma con momenti psichedelici e qualche nudo gratuito). La storia è invece molto tradizionale, con il valore aggiunto del Klaus utile a far dimenticare alcune cadute di stile (l'iniziale scorribanda sulla neve, gli incidenti e le esplosioni). C'è il pianoforte in sottofondo, c'è la bella canzone a ricordo della bella e ricca moglie, ma c'è pure il filmino erotico con sole donne. Sì, un po' d'avanguardia c'è!

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