si sa dall'inizio che qualcuno dovrà essere ucciso durante il suo discorso, e tutto il film è una lotta contro il tempo per evitare l'omicidio.
il dittatore di un paese africano va all'Onu per avere prestigio e appoggio alla sua politica (Zimbabwe?), ma i complotti sono all'ordine del giorno.
Sidney Pollack dirige con mestiere, non sarà il miglior film di quell'anno, ma si vede bene, anche grazie ai due protagonisti - Ismaele
La solida regia di Sydney Pollack sostiene un
thriller che, pur nei limiti di una narrazione non sempre equilibrata, prova a
coniugare le ragioni del pubblico (azione e svago) con quelle dell'impegno (un
messaggio all'insegna della fratellanza e dell'arricchimento tra culture
diverse). Non è un caso che per la prima volta l'O.N.U. abbia concesso la
propria sede a una fiction, vista la promozione all'efficienza e all'importanza
internazionale delle Nazioni Unite portata avanti dal regista americano con
discrezione e piglio quasi documentaristico. La spettacolarità dell'impianto
trova nello scavo psicologico dei personaggi un riuscito contrappunto. Certo,
l'agente federale fresco di trauma non è il massimo dell'originalità, ma
perlomeno consente a Sean Penn di evitare gli eccessi da rockstar che lo hanno
reso celebre e di giocare di sottrazione. Cosa che riesce benissimo anche a
Nicole Kidman, ancora una volta perfetta nella misura con cui rafforza la
sofferenza del suo personaggio. Il confronto tra i due, il dolore comune che li
rende simili nella diversità, la tenerezza di un rapporto che non scade mai in
un facile sentimentalismo, ammantano di verità il racconto, almeno fino a
quando le ragioni dell'intreccio vagano nell'incertezza…
…Poi sullo schermo
vedi Pollack in persona che dà ordini al suo agente e pensi che la
presenza scenica è un po’ come il coraggio per Don Abbondio: se non ce l’hai
non te la puoi dare, e lui invece ce l’ha, ce l’ha a un punto tale da farti
pensare di essere lì non per recitare come tutti gli altri attori del film, ma
per dare loro le direttive necessarie al miglior esito della performance, per
fare il regista non solo dietro ma anche davanti alla macchina da presa, come
del resto aveva fatto in Tootsie, dove, come agente teatrale,
cercava di comandare a bacchetta Michael/Hoffman senza riuscirci nell’uno come
nell’altro caso. Qualunque cosa si possa pensare di questo o quello dei suoi
film, Pollack è un autore e un professionista. E The
Interpreter un thriller firmato…
… What I admire most about the film is
the way it enters the terms of this world -- of international politics,
security procedures, shifting motives -- and observes the details of all-night
stakeouts, shop talk, and interlocking motives and strategies. More than one
person wants Zuwanie dead, and more than one person wants an assassination
attempt, which is not precisely the same thing…
…La verità è la chiave di lettura di tutta
la pellicola, una
verità che scotta, fa male, fa agire impulsivamente, ma che alla fine risolve
circostanze rimaste sospese. Nelle ultime battute si intuisce che Keller,
seppur addolorato per la morte improvvisa della propria compagna, prova un
sentimento per Silvia che, probabilmente, raggiungerà in Africa, una volta che
entrambi avranno definitivamente elaborato il lutto per le rispettive perdite
come suggerisce lo stesso Tobin con la frase “che riposino in pace”.
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