venerdì 28 agosto 2020

La Daim – Quentin Dupieux

la malattia del cinema, quella di Gregory,  e quella di Denise, si incontrano, con esiti sempre più estremi.

Gregory è in fuga, la moglie gli ha tagliato l'accesso ai fondi, lui è riuscito a comprare l'oggetto del suo desiderio, una giacca di pelle di daino, con le frange, non un semplice oggetto, per lui è un essere vivente.

il film è folle, come sono le passioni portate all'estremo, che non hanno la parola fine, ma rilanciano all'infinito.

un film da non perdere, Quentin Dupieux è davvero bravo (e folle) - Ismaele


 

 

 

il mostro questa volta ha un volto umano: quello di un ordinario quarantenne, Georges, che pianta famiglia e lavoro da un giorno all’altro, e spende tutti i suoi risparmi per vivere il suo sogno: comprare una giacca scamosciata al 100%. Questo rapporto di possessività e gelosia con la giacca finirà per immergere George in un delirio criminale … Dupieux spinge molto in là il cursore dell’ assurdo e dell’umorismo nero. Le daim è acuto, spaventoso, asfissiante. Ed è anche l’incontro di due follie, quella di Gregory e quella di Denise, incontrata in un bar e accecata dalla sua passione per il cinema.  Il film di Dupieux si trasforma in una commedia horror, con impreviste esplosioni di violenza. Investito di un ruolo inquietante, Dujardin compone un personaggio molto lontano dagli idioti infantili che hanno costruito la sua reputazione. Adele Haenel arricchisce il suo personaggio con annotazioni biografiche e si integra perfettamente con il mondo di Dupieux senza forzarne i tratti. Le daim è un’esperienza affascinante che rafforza il progetto nascosto del regista: radicalizzare il suo cinema e scavare il solco di una follia più dura che dolce.

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Le daim è un film sanamente ombelicale, a tratti esilarante, a tratti brillante e la cui intermittenza non ne lede l’efficacia, anche perché la breve durata (poco più di un’ora e un quarto) non lascia tempo alle sbavature. Ci si ritrova così immersi in riflessioni sagaci e autoironiche del tipo “basta fare un film vero, per fare del vero cinema” o ancora “filmare coincide con il fare un film”. A ben vedere, dunque, l’intero lavoro di Dupieux appare come una figura retorica che gioca al rimbalzo tra significante e significato, e resta sospesa a mezz’aria tra assunto filosofico e nonsense. Il tutto è corredato da uno stile semi-realistico, quasi frontale, accompagnato a tratti da qualche inquadratura insolita, semisoggettive della giacca scamosciata – che tra l’altro, come viene più volte ribadito, è 100% made in Italy – incluse.

Certo, infastidirsi è legittimo, perché Le daim è un film per iniziati, disposti a giurare fedeltà al suo autore abbandonando magari la propria giacca – e le proprie remore – fuori dalla sala. Ma è altrettanto vero, ci tiene a dirci Dupieux, che in fondo quando si fa un film folle e delirante si fa sempre un film sul cinema, dal momento che se ne testano i confini e soprattutto si interpella lo spettatore, chiamandolo in causa, mettendolo davanti allo specchio per rivelare la natura intimamente feticista e innegabilmente folle della sua cinefilia. Perchè in fondo, bisogna ammetterlo, la cinefilia è anche una malattia mentale.

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il fantasma dell'artista fallito è solo una delle possibili letture del film che ne offre tante e probabilmente tutte pertinenti. Sempre al limite della burla che si risolve in fumo, l'opera dell'autore francese è un piacere da guardare e da analizzare. Le sue oscillazioni tra pieno e vuoto, idiozia e intelligenza, senso e nonsense, mettono in scena un piacere infantile a dispetto dell'orrore che sottendono. Per il suo cinema, Le Daim non fa eccezione, serve un certo grado di tolleranza e di humour perché il lavoro di Quentin Dupieux non assomiglia a nessun altro ma i suoi film si somigliano tutti, allacciati alle 'frange' della sua singolarità tentacolare.
Personaggi dalla razionalità dubbiosa o controproduttiva, combinazione di toni e slittamenti umoristici incomprensibili sono i tratti emblematici di un cinema costruito attorno a un filo narrativo perennemente spezzato, riannodato e daccapo snodato secondo un principio di assurdità trionfante…

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