a suo tempo, se fosse passato nei cinema italiani, il film di Feo Aladag sarebbe stato fra i migliori dell'anno, almeno allo stesso livello de La sposa turca (di Fatih Akin), di qualche anno prima.
la protagonista è Sibel Kekilli (già interprete in La sposa turca) , e appare Florian Lukas (già interprete in Good Bye Lenin!).
il film ha per protagonisti una donna e il suo bambino (Umay e Cem), che cercano di uscire da un medioevo che ancora incatena il mondo.
i costi per uscirne sono immensi, ma la forza di chi ci prova non è da meno.
il film è doloroso, insostenibile a tratti, eppure grandissimo.
lasciate ogni speranza, voi che lo guardate, ma non per sempre.
buona (imperdibile) visione - Ismaele
…Dopo aver rifiutato le tradizioni
moraliste ne La sposa turca, Sibel Kekilli ritorna ad
interpretare un personaggio ribelle che non accetta di essere sminuita dal
maschilismo imperante del fondamentalismo musulmano. Lo sguardo impaurito
contraddice la sua forza di reagire, anche quando la riconciliazione con i
parenti che la rifiutano, sembra impossibile da portare a termine. Come nel
film di Akin, anche qui la stretta culturale della famiglia porta allo
sfinimento chi non accetta quelle convenzioni, fino a costringerlo a punirsi
con atti violenti vicini alla morte. La regista Feo Aladag affronta la
drammaticità del tema con coraggio, andando a fondo della questione; più che
alla forma, pensa al contenuto, e non sbaglia a mettere al centro
dell'attenzione gli occhi di Umay. Lo spettatore osserva la storia dal punto di
vista della donna, entra a contatto con un sistema di valori restrittivo che
bada all'apparenza di un rigore da mostrare agli altri, non a se stessi.
L'immedesimazione con la protagonista avviene a piccoli passi. Dopo le prime
rappresaglie, la sua lotta di indipendenza ci coinvolge emotivamente fino a
lasciarci impotenti di fronte alla crudeltà inaccettabile del delitto d'onore.
La reputazione è salva, l'umanità no.
…Ogni personaggio della storia, tranne Umay e il piccolo Cem, è
blindato nella sua cultura originaria e nulla lo può cambiare. Anche vivere in
un paese completamente diverso e in cui hanno lavorato e cresciuto i figli non
ha minimamente scalfito le loro certezze. E poi questo giudicare la figlia e il
nipotino senza amore, senza l’affetto dei genitori verso una figlia sfortunata
e, infine, il disprezzo dei fratelli verso la sorella. E in tutta questa cieca
e sorda immutabilità dei genitori e dei fratelli c’è Umay e il suo bambino che
non riescono a comprendere, loro che sono diversi, come la propria famiglia
possa giungere a questo. Lei e il suo bambino sono, nella cultura della sua
famiglia anche se vissuta in Germania, delle cose, degli oggetti senza
sentimenti, senza pensieri propri e senza nessuna possibilità di percorrere una
strada diversa da quella loro assegnata dalla cultura della loro etnia.
Eppure basterebbe così poco ad Umay per essere serena, un piccolo
lavoro, suo figlio e la possibilità di vedere i suoi. Il titolo del film in
tedesco è La straniera ed Umay per i suoi è una straniera, un'aliena che deve
essere eliminata.
…Ogni via di uscita è un miraggio passeggero: un
magnifico sogno che irrompe nell’immagine come un lampo di luce,
per rivelarsi, subito dopo, come il passeggero riflesso di un’assurda
illusione. Il romanticismo si affaccia timidamente, di tanto in tanto, nei
momenti in cui il dramma si concede una pausa, e la freddezza del cinismo
cede il passo all’infiammato coraggio della passione. Ma l’intermezzo dura lo
spazio di un secondo, come un guizzo del pensiero che riesca
fortuitamente a sfuggire all’ottuso peso del rigore. La poesia è imprigionata
in un sistema che sa solo emettere giudizi e valutare le convenienze, e si
rifiuta di riconoscere l’imperfezione che produce la debolezza e scatena il
dolore, e la bellezza che chiama con sé la spontaneità e la fantasia. Un
figlio non è un virgulto di gioia, ma solo un articolo da possedere: il piccolo
Cem è ridotto ad un oggetto conteso, al termine di un ricatto, e quindi è trattato
come un essere inanimato, di cui si dimenticano i sentimenti e si
calpestano i desideri. Tutto ciò fa parte di un gioco spietato in cui
sopravvivere significa resistere, e resistere significa essere ciechi.
Significa, in altre parole, negare la vita stessa, che è fatta di
movimento e di diversità. Il movimento del titolo inglese, When We Leave, che ci fa andare via, lasciandoci
qualcosa alle spalle. E la diversità del titolo originale Die Fremde (La straniera), che ci vede esuli
in mezzo a gente estranea, costringendoci ad affermare la nostra identità, a
dispetto di quelli che si ostinano a non volersi mettere in discussione e
cercare di cambiare.
…Ogni via di uscita è un miraggio passeggero: un
magnifico sogno che irrompe nell’immagine come un lampo di luce,
per rivelarsi, subito dopo, come il passeggero riflesso di un’assurda
illusione. Il romanticismo si affaccia timidamente, di tanto in tanto, nei momenti
in cui il dramma si concede una pausa, e la freddezza del cinismo cede il
passo all’infiammato coraggio della passione. Ma l’intermezzo dura lo spazio di
un secondo, come un guizzo del pensiero che riesca fortuitamente a
sfuggire all’ottuso peso del rigore. La poesia è imprigionata in un sistema che
sa solo emettere giudizi e valutare le convenienze, e si rifiuta di riconoscere
l’imperfezione che produce la debolezza e scatena il dolore, e la bellezza che
chiama con sé la spontaneità e la fantasia. Un figlio non è un virgulto
di gioia, ma solo un articolo da possedere: il piccolo Cem è ridotto ad un
oggetto conteso, al termine di un ricatto, e quindi è trattato come un essere
inanimato, di cui si dimenticano i sentimenti e si calpestano i desideri.
Tutto ciò fa parte di un gioco spietato in cui sopravvivere significa
resistere, e resistere significa essere ciechi. Significa, in altre
parole, negare la vita stessa, che è fatta di movimento e di diversità.
Il movimento del titolo inglese, When We Leave, che
ci fa andare via, lasciandoci qualcosa alle spalle. E la diversità del titolo
originale Die Fremde (La straniera),
che ci vede esuli in mezzo a gente estranea, costringendoci ad affermare
la nostra identità, a dispetto di quelli che si ostinano a non volersi mettere
in discussione e cercare di cambiare.
Umay
é uma alemã de origem turca que após casar, vive em Instambul com o marido e o
filho. Extremamente infeliz com o seu casamento, decide partir com o filho para
Berlim, onde se encontram os seus pais e irmãos, a fim de trabalhar e levar uma
vida independente. Esta situação não é bem aceite no seio de uma família
demasiado rígida nos seus princípios conservadores característicos da religião
muçulmana. Umay terá então de sair de casa para viver sozinha, sendo
completamente negligenciada pela família. No entanto, a sua luta e persistência
irão continuar para que volte a ser aceite. Um filme poderoso e corajoso que
denuncia os excessos resultantes do fanatismo de uma religião severa.
… Mención especial merece la preciosa
fotografía a cargo de Judith Kaufmann que embellece (al igual que ocurre con la
partitura de Stepháne Moucha) de manera poética el vía crucis de esta mártir.
Aunque la película tenga para un servidor un final un tanto efectista que no
hace sino presagiar un desenlace fatal, sí es cierto que la realizadora sabe
manejar a la perfección los recursos técnicos. La extraña es
un filme muy duro, pero al final nos deja una puerta abierta, quizá a la
controversia, pero también y sobre todo, a la reflexión sobre cómo liberarnos
de nuestras ataduras, o si de verdad debemos hacerlo.
…In an
interview, the director Feo Aladag comments:
"Even
if the story takes a tragic course, it was important for me to make clear to
the audience how close the characters in the story come to a possible
reconciliation and how hard it is for them at the end to overcome these
problems in spite of themselves. That makes the absurdity of the dynamic of honor
crimes more tangible. There are no winners in crimes of honor and honor
killings. Even if it might appear from the outside that the family's honor has
been restored, most families fall apart as a result."
It is
also shocking to realize that according to UN Reports, there are more than
5,000 cases of honor crimes committed against women each year.
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